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Arizona sorprende UCLA, FSU vince ancora

Autore: Stefano Russillo
Data: 22 Gen, 2017

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E’ la squadra del momento, con il freshman del momento e il rientro del momento. Arizona vince la sua 12/a partita consecutiva passando sul campo di UCLA, grazie all’ennesima grande prestazione di Lauri Markkanen e al ritorno in campo di Allonzo Trier. Nel big match dell’ACC, Louisville paga l’assenza di Quentin Snider e così vince FSU grazie a un altro freshman in grande ascesa, Jonathan Isaac. Indiana batte Michigan State in uno scontro tra grandi un po’ decadute, mentre Kentucky non ha rivali nella SEC e rimane l’unica imbattuta della conference grazie alla vittoria contro South Carolina.

Ecco come sono andati i big match della notte.

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Nell’incontro di giornata più atteso, Arizona non ferma la sua corsa nemmeno al Pauley Pavilion di Los Angeles e riesce a battere UCLA per 96-85. Un match intensissimo, giocato a ritmi molto alti – addirittura vertiginosi nella metà iniziale del primo tempo – e dove sono stati gli attacchi a farla da padrone. O almeno, così sembrerebbe a prima vista, perché se è vero che entrambe le squadre ci hanno deliziato in mille modi diversi nelle rispettive metà campo offensive, è vero pure che la vera differenza si è riscontrata presso le due difese: discreta quella di Arizona, mediocre quella di UCLA.

I Bruins sono stati e continueranno a essere una delle migliori attrazioni di questa stagione ma le loro lacune difensive, anche in termini di puro e semplice “effort”, rischiano di minarne seriamente le ambizioni – per non parlare delle rotazioni non proprio infinite. Perdere incassando 96 punti sul proprio parquet (1.315 punti per possesso) è un qualcosa che non può non ridimensionare in parte il credito accumulato dai losangelini in questa prima parte di stagione.

I Wildcats, che per poco non chiudevano il match con sette uomini in doppia cifra, appaiono solidi e completi come mai prima in stagione. Ora, col ritorno di Allonzo Trier, hanno tutto per essere considerati una Top 5 nella nazione.

Lauri Markkanen sempre più in alto

Come vi abbiamo raccontato, il finlandese è arrivato a questa sfida dopo due settimane eccellenti in cui ha viaggiato a 25 punti e 7.3 rimbalzi di media in tre partite. L’ostacolo rappresentato da T.J. Leaf – versatile e atletico abbastanza da poterlo impegnare seriamente in entrambe le metà campo – sapeva di esame di maturità. E l’esame, possiamo dirlo, è stato passato pienamente. Il lungo dei Bruins è riuscito in qualche frangente a fare leva sui punti deboli di Markkanen, per esempio andando a stopparlo per due volte consecutive (la seconda, a dire il vero, fallosamente ma abbiamo i nostri dubbi) o bruciandolo con un jumper da quasi sei metri, insomma sfruttando la poca verticalità dell’avversario.

L’argine opposto da Leaf, però, si è fermato a questo e poco altro, risultando insufficiente: il numero 10 di Arizona ha chiuso il match con 18 punti (6/10 dal campo, 3/3 ai liberi) e 7 rimbalzi in 32 minuti, dando un’ennesima dimostrazione di grandezza offensiva. Sublime la capacità di controllo del corpo in avvicinamento al ferro, assolutamente letale la mira dalla lunga distanza: 3/4 dall’arco ieri e adesso siamo a quota 16/22 (72.7%) nelle ultime quattro partite. Markkanen non è un bulldozer che butta giù quel che gli si para davanti, né un fulmine che sfreccia verso il canestro ma una ballerina di danza classica intrappolata nel corpo di un pallido cristone di 2 metri e 13. Guardare lo spin move al minuto 1:33 del video per credere.

 

Kobi Simmons in palla come non mai

Nell’ottima prova corale di Arizona, gli acuti di Kobi Simmons hanno rappresentato alcune delle vette massime della partita. Coach Sean Miller aveva parlato di come il suo freshman avesse perso fiducia durante le prestazioni opache offerte a inizio gennaio contro Utah e Colorado. Certi segnali di ripresa s’erano visti già contro Arizona State ma, proprio all’appuntamento più importante, Kobi è apparso come rinato e ha disputato la sua miglior partita mostrando grande aggressività e un controllo pressoché assoluto, risultando infine come miglior marcatore dei Wildcats: 20 punti (6/14 dal campo, 6/6 ai liberi), 6 rimbalzi, 5 assist, 2 recuperi e un solo pallone perso in 33 minuti di gioco. Buone alcune sue soluzioni a difesa schierata, ma il meglio è arrivato quando lo si è visto lanciato in contropiede: bellissimi, ad esempio, i due assist serviti a Trier.

 

Lonzo Ball, la quiete dopo la tempesta

Ha incantato ancora una volta nella metà campo offensiva e francamente, a questo punto, ciò è tutt’altro che una notizia. Un tiro tanto insolito quanto efficace dalla lunga distanza (4/8 da tre), zingarate pressoché immarcabili a spezzare l’area avversaria e il solito paio di passaggi immaginifici a condire il tutto: Ball ha chiuso l’incontro come miglior marcatore (24 punti con 10/15 dal campo e 0/1 ai liberi), tirando giù 6 rimbalzi e distribuendo ben 8 assist in 37 minuti. Assolutamente devastante per tre quarti di partita, è però sparito di scena a un certo punto della ripresa. Fra l’assist dato a Isaac Hamilton per il -2 a 11’31” dal termine e quello per la tripla di Alford per il -6 a 2’33” dalla fine abbiamo ben nove minuti di nulla proprio nel cuore della partita. A tutto gas per troppo tempo, la benzina prima o poi finisce anche per i predestinati.

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La numero 10 Florida State e la numero 12 Louisville hanno dato vita, come era nelle previsioni, a una gara combattuta, vinta dai padroni di casa per 73-68 contro i Cardinals. I Seminoles sono partiti a razzo (14-0) prendendo un vantaggio che è stato pian piano recuperato dal college allenato da Rick Pitino, che però non è mai riuscito a mettere la testa avanti, pur arrivando a giocarsela fino agli ultimi possessi. Per una volta, la differenza per Florida State l’hanno fatta i titolari, nonostante il solito utilizzo forsennato dei giocatori della panchina da parte di coach Leonard Hamilton, che hanno realizzato l’85% dei punti.

Snider, ci manchi

Se non torna la PG titolare, Quentin Snider, per Louisville la ACC diventa una conference molto dura. Pitino ha iniziato a far portare palla a Donovan Mitchell che in posizione di play ha mostrato tutte le sue lacune, e che in ogni caso in fase offensiva ha pescato la sua peggiore partita stagionale (6 punti). I Cardinals hanno così dovuto far affidamento in posizione di PG su Tony Hicks, in campo per 32 minuti contro gli 8 di media. Il risultato è stato il season-high di Hicks (16 punti) ma molti possessi gestiti male, compresa la penetrazione nel finale con la quale la guardia di Louisville ha sprecato la palla che poteva tenere aperta la partita.

Una stella che brilla sempre di più

Le prestazioni del freshman Jonathan Isaac sono un crescendo costante e adesso davvero l’idea che possa diventare una fra le prime tre scelte al draft non è così peregrina. L’all around della Florida si sta mostrando sempre più completo, e nelle ultime gare sta mostrando un’efficacia nel tiro da fuori che lo rende davvero un prospetto interessante. Per la seconda volta consecutiva (dopo Notre Dame) è stato l’mvp della gara con 16 punti, 10 rimbalzi, 2 assist e 2 stoppate. Per dare un’idea, l’ultimo Seminoles a registrare tre doppie-doppie consecutive era stato Corey Lewis nel 1994-1995.

Battaglia sotto i tabelloni

Lo scontro tra i lunghi di entrambe le formazioni è stato furioso e non a caso il match è stato caratterizzato da molti tiri liberi (peraltro tirati malino da entrambe le squadre). Anas Mahmoud che tanto aveva cambiato le sorti di Louisville negli ultimi match è stato ininfluente a causa dei falli, ed è stato compito di Jaylen Johnson e Mangok Mathiang presidiare i tabelloni e tenere a bada Michael Ojo, Christ Koumadje e Jarquez Smith, risultando alla fine i migliori dei Cardinals e di sicuro i più continui.

Gli altri

In assenza del solito contributo di Xavier Rathan-Mayes (partita opaca per lui), a dare man forte a Isaac ci han pensato il solito concreto e continuo Dwayne Bacon (16 punti ma con 2/8 dall’arco) e uno scatenato Terance Mann (6/10 dal campo ma un pessimo 3/9 ai liberi). Per Louisville bocciato senza appello (da coach Pitino) VJ King, tenuto in campo soli 5 minuti, rimandato Ray Spalding, sempre più atletico che efficace, e promosso per il rotto della cuffia Deng Adel, che ha il merito di portare sempre almeno qualcosa di buono (12 punti ma con 4/13 dal campo).

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A Bloomington è andata di scena la sfida tra due nobili recenti decadute: Indiana e Michigan State, squadre che non hanno tenuto finora fede alle aspettative, ritrovandosi così fuori dalla top 25. La sfida tra i due programmi dal sangue blu è stata vinta dagli Hoosiers (82-75), vittoria importante (quarta nelle ultime cinque gare) arrivata dopo la tegola dell’infortunio di O.G Anunoby e che rimette, ancora una volta, in discussione la difficile stagione degli Spartans, alla terza sconfitta consecutiva fuori casa.

La solita altalenante Indiana

La squadra di Tom Crean ha disputato la solita partita nevrotica, a immagine e somiglianza del proprio coach: primi 25 minuti perfetti con un attacco efficiente che ha demolito la difesa di MSU a suon di triple e tagli a canestro e una difesa attenta e capace di mandare in tilt gli avversari, costringendoli a varie palle perse (8 all’intervallo). Risultato? Hoosiers a +20 a 15 minuti dalla fine. Poi il solito preoccupante blackout con gli Spartans arrivati addirittura a -4 a 5 minuti dalla sirena. Per fortuna di Indiana c’è chi a pensato a tenere lontano l’assalto finale di Michigan State…

Blackmon l’underrated

James Blackmon Jr è, probabilmente, il top scorer più sottovalutato del college basket, un attaccante micidiale al quale non si dà mai il giusto riconoscimento. Contro MSU ha pareggiato il suo career high da 33 punti (con 6 triple a referto) confermandosi sempre di più leader di Indiana. Non a caso il parziale di 10-0 con cui gli Spartans hanno riaperto la partita è arrivato con lui a riposare in panchina. Rimesso in campo da coach Crean, ha tenuto lontano MSU dal completare la rimonta vuoi con una tripla, vuoi con un palleggio incrociato seguito da una penetrazione, vuoi con un viaggio in lunetta. Noi ci limitiamo a definirlo underrated, i telecronisti di ESPN lo hanno definito un All-American.

 

Bridges l’overrated

“Overrated, overrated!” era questo il coro che i tifosi Hoosiers hanno riservato a Miles Bridges a ogni suo viaggio in lunetta. Non fatevi ingannare dalla doppia-doppia da 13pts+10reb, Bridges ha faticato per tutta la partita contro la difesa di Indiana che ha saputo tenerlo lontano dal centro dell’azione, costringendolo sempre a soluzioni forzate e a chiudere con 4/17 dal campo. A vedere i numeri della partita del freshman bisognerebbe convenire con gli spettatori dell’Assembly Hall.

Izzo dov’è la difesa?

La difesa, da sempre il marchio di fabbrica di coach Tom Izzo, è stato il vero tallone d’achille per MSU con Indiana che ha tirato con il 49.2% dal campo e con 11/24 da oltre l’arco. Gli Spartans concedevano, fin qui, nelle partite della Big Ten 0.91 punti per possesso agli avversari, saliti a 1.27 nella sfida di Bloomington. Continua a essere un problema l’atteggiamento difensivo nei primi 20 minuti di gioco con Michigan State che ha concesso, nelle ultime 4 partite, il 51.7% dal campo e il 46.3% da tre agli avversari all’intervallo.

Tom Izzo e Miles Bridges

Gli altri

Fondamentali per gli Hoosiers i 17 punti di Robert Johnson, nella serata-no di Thomas Bryant (11+6 ma con 4/11 al tiro), e il contributo di Zach McRoberts che con vari intangibles (da un rimbalzo offensivo a un assist, passando per una palla rubata) hanno messo la loro firma sul successo finale di Indiana. In casa Spartans si salvano soltanto Eron Harris (21 punti) e Nick Ward (15+6). Serata da dimenticare per il freshman Joshua Langford, impalpabile con 5 punti con altrettante conclusioni, e per Matt McQuaid rimasto in campo soltanto 5 minuti con ben 3 palle perse. Infine da notare come la squadra giri molto di più con in cabina di regia la matricola Cassius Winston rispetto al junior Lourawls Nairn Jr.

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C’è poco da fare, non c’è storia nella SEC perchè Kentucky è semplicemente di un altro livello rispetto a tutte le altre. South Carolina è riuscita a stare sotto il margine di 20 punti che UK rifila di media alle sue avversarie, ma il big match tra le due imbattute della conference ha avuto pochi momenti di incertezza e l’85-69 finale rende solo in parte l’idea del divario che c’è tra le due squadre. Si è fatto male nel primo tempo De’Aaron Fox, uscito dolorante a una caviglia e mai più rientrato, ma John Calipari è sembrato abbastanza tranquillo nel dopopartita sulle condizioni del suo freshman.

Due stili opposti

Due squadre con punti di forza diametralmente opposti hanno dato vita comunque a una partita interessante, se non altro per confrontare l’approccio di due allenatori come Calipari e Frank Martin che si stimano e si apprezzano, ma che non giocherebbero mai uno con lo stile dell’altro. Queste le cifre della difesa di South Carolina prima della palla a due: 59.4 punti concessi (quinta nella nazione), lasciando agli avversari il 36% complessivo dal campo (seconda) e il 26% da 3 (prima). Kentucky ha segnato 85 punti (comunque sotto la sua media di 93, terzo attacco della nazione), tirando con il 58% complessivo e il 40% da 3. Potete intuire quanto le difese a uomo e a zona 2-3 e 1-3-1 alternate da Martin abbiano impensierito i Wildcats.

Freshman vs senior

Se Calipari ha perso Fox dopo 8’, i Gamecocks hanno giocato tutta la partita senza l’infortunato PJ Dozier e così l’attacco di coach Martin ha avuto solo un nome e un cognome: Sindarius Thornwell. Suoi 20 dei 38 punti di South Carolina nel primo tempo, 34 su 69 alla fine per il suo nuovo career high. Calipari ha deciso di marcarlo con due giocatori (Isaiah Briscoe e Dominique Wilkins) più piccoli di lui ma più esperti dei suoi atletici freshman, contro i quali Thornwell ha lucrato molti giri in lunetta ma non è bastato. Più efficace Malik Monk che ha segnato 7 punti in fila quando i Gamecocks si sono avvicinati a -5 nel primo tempo, chiudendo con 27 realizzati con la consueta classe ed eleganza

 

Arriva anche il quarto

Difficile farsi notare in una squadra che ha tre freshman come Fox, Monk e Adebayo, ma il rendimento di Wenyen Gabriel sta salendo così come la sua sicurezza nel prendersi iniziative in attacco. Ottime anche le sue letture in difesa, come lo sfondamento subito nella prima azione del secondo tempo che ha di fatto tolto dalla partita Chris Silva, unico lungo degno di questo nome dei Gamecocks. Sa andare a rimbalzo (16 quelli presi contro Auburn) e in attacco sa fare un po’ di tutto. Qui i suoi primi due canestri della partita

Gli altri

South Carolina è stata Thornwell, punto. Hassani Gravett ha combinato qualcosa di buono nel primo tempo, TeMarcus Blanton ha trovato due triple, lui che da 3 non tira praticamente mai, ma nel complesso è stato uno stucchevole one man show. Molto più vario il gioco di Kentucky, con il solo Briscoe autore di una pessima partita da 0 punti e 7 perse, e buono l’apporto dalla panchina sia di Hakwins che soprattutto di Derek Willis, autore di 12 punti compresa la schiacciata della serata.

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