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CBT parte 1, i migliori volti nuovi

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 27 Ago, 2018

Per un appassionato di college basket, una delle cose più interessanti dei tour estivi delle università americane è togliersi la curiosità di dare un’occhiata ai volti nuovi delle varie squadre con largo anticipo rispetto all’inizio della stagione. Le squadre transitate in Italia ad agosto hanno offerto molti spunti in questo senso: qui vi presentiamo i migliori esordienti che abbiamo osservato durante le tappe romane del College Basketball Tour, con la sola eccezione dei giocatori di Maryland e di St. Francis PA.

Providence

Sono tanti i cambiamenti avvenuti presso i roster della Big East e non è così scontato fare previsioni sulle gerarchie che andranno a delinearsi. Villanova, nonostante tutto, sembra essere sempre la squadra da rincorrere: ma chi può essere la sua prima inseguitrice? In molti, per esempio, pensano a Marquette. Ci sta, certo, però sarebbe incauto snobbare una squadra come Providence. I Friars hanno perso alcuni senior, ma hanno Alpha Diallo in rampa di lancio e una pattuglia di freshmen molto intrigante. L’esperienza non è dalla loro parte – come visto nella sconfitta per 70-66 contro Roseto – ma forse il talento basterà a sopperire. I nuovi arrivati hanno i mezzi per garantire i soliti alti livelli di efficienza difensiva di Providence e potrebbero anche portare un pizzico in più di varietà offensiva rispetto a quanto visto l’anno scorso.

C’è un po’ l’imbarazzo della scelta, ma David Duke, alla fine, è quello che cattura l’occhio più facilmente. È una combo guard che abbiamo visto molto più spesso nelle vesti di ball handler principale che off the ball, ha buonissima visione di gioco ed è abile nell’individuare gli spazi da attaccare in area dall’uno-contro-uno. Ottimo per sostenere ritmi elevati, ha un atletismo travolgente ma non ha mostrato granché in quanto a tiro (è sostanzialmente da costruire, si dice). Un posto nello starting five non glielo toglie nessuno.

Quel che colpisce di più della guardia/ala A.J. Reeves, alla prima occhiata, è sicuramente il “telaio”, che sembra quasi creato a tavolino per costruirci su un giocatore di basket di livello. Porta in dote una certa capacità creativa e tiro dalla distanza, fattore non da poco per una squadra che l’anno scorso aveva zero perimetralità.

Poi c’è il lungo Jimmy Nichols, atletico quanto basta per suggerire ottime sensazioni per quanto riguarda protezione del ferro e difesa sulla palla: altrettanto non possiamo dire, però, di altre situazioni difensive (troppo distratto sui blocchi portatigli lontano dal pallone). Il ruolo di 4 titolare potrebbero finire per giocarselo lui e Kris Monroe, giocatore fisicamente non dissimile ma con un range di tiro che dovrebbere renderlo più pericoloso nella metà campo offensiva.

Oklahoma State

Anche quest’anno, la Big 12 sarà una conference di altissimo livello e stracolma di squadre da Torneo Ncaa. Sulla carta, Oklahoma State non sembra essere fra queste. Sulla carta, appunto, perché l’anno scorso, con Mike Boynton all’esordio in panchina, un po’ tutti pensavano a una stagione colma di sconfitte. Andò a finire con un’annata da 21 successi, due vittorie su due contro Kansas in regular season e la partecipazione al NIT (ma non sarebbe stato uno scandalo se ci fossero andati loro al Torneo Ncaa al posto dei cugini Sooners).

C’è tanta gioventù nella squadra di quest’anno e il volto nuovo che ha fatto la miglior figura in Italia è stato senz’altro Isaac Likekele. Un giocatore della Sperimentale azzurra, chiacchierando con noi, ci ha detto di essere rimasto molto deluso dalla sfida con Oklahoma State: ne aveva ben donde, visto che a Vicenza i Cowboys hanno preso 27 punti dalla giovane Italia. A Roma, contro i Paesi Bassi “B”, sono però apparsi trasformati, han giocato col coltello fra i denti in difesa e Likekele è stato l’elemento che si è distinto maggiormente. Guardia versatile, ottimo atleta e difensore sulla palla, ha un linguaggio del corpo che esprime costantemente intensità e concentrazione massime. In attacco, sa fare davvero male con le sue scorribande in area e può fare la differenza in molti modi, da subito.

Un altro freshman interessante è il centro Kentrevious Jones. Pur avendo perso molto peso dal suo arrivo a Stillwater, Jones non ha ancora un corpo da high-major (ben 131 chili spalmati su 208 cm d’altezza) ma le doti tecniche sono comunque ben visibili, fra movimenti in post basso e anche un bel tocco dalla media distanza. Il suo impatto probabilmente si sentirà di più sul lungo periodo.

North Texas

«Abbiamo profondità: credo che sia in questo che risieda la nostra forza quest’anno. L’anno scorso avevamo pochi ragazzi che si caricavano l’attacco sulle spalle. Quest’anno può essere una persona diversa ogni sera». Ecco come coach Grant McCasland ci ha riassunto la sua North Texas, reduce da una stagione chiusa in crescendo, con la vittoria del CBI, e che quest’anno promette di essere una delle formazioni di punta di una C-USA piena di qualità nella metà alta della conference, forse capace di mandare finalmente due squadre al Torneo Ncaa.

Tre giocatori fermi l’anno scorso (per infortuni o perché non eleggibili) e due nuovi arrivati: i Mean Green non sono di certo a corto di opzioni e di uomini da ruotare.

Stoppato per tutta la stagione passata da un infortunio alla seconda partita, Umoja Gibson attende il suo esordio “vero” in DI e può essere un valore aggiunto incredibile in un reparto guardie che già conta sul talento del duo Woolridge-Smart. Piccolo ma esplosivo, la combo guard texana si segnala prima di tutto per un catch and shoot mortifero, essendo capace di trovare il proprio equilibrio istantaneamente e di scoccare il tiro con un rilascio rapidissimo. Occhio a quando si apposta negli angoli: è una sentenza, non aspetta altro che di essere servito. Agile e pericoloso in 1-vs-1, abbiamo notato alcune cose rivedibili in quanto a scelte e concentrazione (diciamo pure che ci può stare, ad agosto).

Abdul Mohamed è il classico giocatore cui non si darebbe una lira a vederlo per la prima volta, mentre si riscalda. Il canadese, però, può metterci poco a far cambiare idea. Ala piccola leggerissima (201 cm per 86 kg, una misurazione di peso che onestamente, dal vivo, ci è sembrata pure generosa), il transfer da junior college ha le spalle strette, ma in campo si danna l’anima in tutti i modi. Un po’ come il suo compagno Gibson, può segnare a ripetizione da lontano quando servito coi piedi per terra, è molto attivo a rimbalzo, ha un gran bel tempismo per la stoppata e, pur non essendo propriamente un fulmine, può mettere in difficoltà il marcatore grazie a un buon primo passo.

Sempre in tema di transfer, il sophomore Jahmiah Simmons è un’ala dal fisico atipico (alto solo 193 cm, in compenso ha braccia lunghissime) cui piace attaccare il canestro in modo aggressivo dal palleggio. Occhio anche alla matricola Larry Wise, una guardia dal fisico tosto e che pare piuttosto capace di soluzioni offensive variegato e tatticamente duttile.

Lipscomb

In tema di volti nuovi, i campioni in carica della A-Sun non offrono grandi spunti, avendo un roster composto in grandissima parte da giocatori confermati – il che, infatti, li proietta come super favoriti per la vittoria finale nella conference. L’unico freshman utilizzato per larghi tratti dell’amichevole con la Stella Azzurra è stato Jaxson Strates. Anche in questo caso, parliamo di un’ala dal fisico ancora leggerissimo (201 cm, 84 kg), ma con un’ampia apertura di braccia che sicuramente gli tornerà utile. La sua è stata una partita di sacrificio, chiamato a ruotare in difesa praticamente contro ogni giocatore della Stella, dai play ai centri, con risultati alterni. Era la sua primissima uscita coi Bison e, in attacco, è stato scarsamente coinvolto. Bisognerà aspettare un po’ di tempo per scoprire qualcosa di più su di lui.

Cleveland State

Al primo anno con Dennis Felton da head coach, i Vikings si sono ritrovati a un passo da un’insperata qualificazione alla Big Dance, sconfitti all’atto finale del torneo della Horizon League dopo una regular season tribolata (6-12 nella conference). Ora si ricomincia daccapo, con un roster che presenta ben cinque freshmen e due transfer. Li abbiamo osservati durante un test tutt’altro che probante, contro una versione estremamente rimaneggiata della Stella Azzurra (eloquentissimo l’83-19 finale, oltretutto maturato nell’arco di 30 minuti, perché giocarne altri 10 non avrebbe giovato davvero a nessuno). Ciononostante, e con tutte le precauzioni del caso, possiamo dire che i volti nuovi di Cleveland State hanno fatto un’ottima impressione, se non altro perché la visione di Felton appare molto chiara e i giocatori da lui reclutati sembrano incastrarsi l’un l’altro molto bene, tanto per le caratteristiche in comune, tanto per quelle che li differenziano. «Ci piacciono i giocatori abili, molto mobili, che possono giocare in velocità. – ha detto il coach – Non ci importa della loro taglia perché giochiamo un tipo di basket senza posizioni».

Per potenziale suggerito, Dibaji Walker è il giocatore che attira di più l’attenzione, pur non essendo ad oggi la matricola della squadra più pronta. Alto poco più di 2 metri, il figlio d’arte di Samaki ha approcciato la gara con un’aggressività agonistica allucinante per uno scrimmage agostano, mostrato velocità, capacità spettacolari di esplodere al ferro e di colpire da oltre l’arco. Fisico molto leggero, pur avendo il potenziale per difendere su più ruoli, farà presumibilmente fatica nella propria metà campo, ora come ora.

Cleveland State al termine del match con la Stella Azzurra (foto: CSU Vikings)

Eccezion fatta per un Al Eichelberger (transfer da DePaul) piuttosto sottotono e svogliato, tutti gli altri neoarrivati hanno avuto modo di mostrare un po’ di numeri. Ne citiamo in particolare due che dovrebbero trovar posto nello starting five: Rashad Williams, una combo che gioca prevalentemente off the ball, vista la coabitazione con Tyree Appleby (candidato leading scorer) e che tende a stazionare molto intorno all’arco, vista la buona mira; Seth Millner, un giocatore di quasi 2 metri con fisico tosto, ottima elevazione e capacità di colpire in attacco da mattonelle diverse.

Sebbene ci siano squadre come Northern Kentucky, Wright State e UIC che, sulla carta, sembrano stare due gradini sopra rispetto a tutte le altre formazioni della Horizon, Cleveland State può guardare al futuro con un certo ottimismo e anche sperare di tornare a guastare la festa a squadre più accreditate.

Fordham

C’è poco da girarci intorno: la stagione 2017-18 dei Rams è stata una disfatta, piena di problemi vari (infortuni in primis) che hanno fatto sprofondare la squadra del Bronx in fondo alla classifica dell’Atlantic 10 (record 4-14). Ora si dovrà ripartire con un nuovo ciclo fatto di ben sei freshmen e alcuni rientranti da lunghi infortuni.

Purtroppo non abbiamo potuto vedere all’opera il lungo Onyi Eysi (bloccato da problemi col visto, ha raggiunto la squadra dopo la tappa di Roma), il quale promette di avere un ruolo di primo piano. In compenso, c’era la matricola migliore della squadra: Nick Honor, uno dal talento più che sufficiente da poter viaggiare in doppia cifra di media già da quest’anno. «Ci aspettiamo molto da Nick. – ci ha detto coach Jeff Neubauer – Quando lo avevamo reclutato, pensavamo che fosse buono. Durante il suo anno da senior, le nostre aspettative sono aumentate. Ad ogni modo, abbiamo capito veramente cosa può diventare sin da quando è entrato a far parte del nostro programma, due mesi fa». Point guard di 178 cm d’altezza ma con una parte alta del corpo molto robusta, si applica molto nel mettere pressione sul pallone, ma il piatto forte della casa sta nelle sue abilità di scorer, nella capacità di creare soluzioni personali dal palleggio con grande disinvoltura, anche da ben oltre l’arco. La strada da intraprendere per salire di livello si annuncia lunga per Fordham, ma almeno è chiaro da chi si potrà e dovrà ripartire.

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