Quando Emma Zuccon è arrivata al campus di Albany con due valigie e il cuore pieno di emozioni, ha capito subito di essere entrata in un mondo completamente nuovo. Intorno a lei, studenti con carrelli stracolmi di oggetti: TV, frigo-bar, materassi e perfino mobili. Il primo impatto con gli Stati Uniti è stato a dir poco surreale. Ma dietro l’ironia del suo racconto si cela la determinazione di una ragazza che ha lavorato duramente per realizzare il sogno che aveva da bambina: giocare a basket in un college americano.
Dopo essere stata una delle migliori azzurre agli Europei U20 (6 rimbalzi di media e un’efficienza complessiva di +10), Emma – che fa parte di una generazione nutritissima di italiane in NCAA – ci racconta la sua nuova vita negli USA: tra allenamenti durissimi, nuove sfide e una crescente consapevolezza dei propri mezzi.
CLICK HERE FOR ENGLISH VERSION
Com’è stato l’impatto con gli USA?
Anche se ci ero già stata, l’esperienza del college è iniziata in maniera davvero surreale. Sono arrivata con due valigie, mentre gli altri studenti scaricavano carrelli pieni di provviste, TV e perfino mobili. Mi sono precipitata da Walmart e lì ho visto di tutto: ventilatori tra le verdure, cancelleria accanto alla frutta. Fa parte dell’esperienza americana! (ride)
Cosa ci racconti degli alloggi? Sei insieme alle tue compagne di squadra?
Sono in una “suite” , come la chiamano loro: un appartamento che condivido con altre studentesse atlete. Ma non solo della squadra di basket. Ci sono giocatrici di volley, di softball e di altri sport; un contesto unico, stimolante che mi entusiasma molto.
E gli impianti sportivi?
Per la prima volta in vita mia ho le chiavi del palazzetto, nel senso che noi atleti abbiamo una tessera con la quale possiamo entrare ed uscire dagli impianti quando vogliamo senza aspettare il custode. Un sogno! In spogliatoio poi abbiamo la sala video con le poltrone da cinema, la sala relax, la cucina e un frigorifero pieno di qualsiasi cosa. É proprio un altro mondo.
Hai già iniziato gli allenamenti?
Sì, anche se fino a quando non inizio le lezioni non posso fare partite. Ho fatto molto tiro, molti pesi e… ho corso molto. Qui corrono sempre: drill di gioco? Corri. Una punizione? Corri. Un premio? Sì, esatto … si corre.
Quale sarà il tuo ruolo in squadra in questo primo anno?
A coach Colleen Mullen piace molto la difesa e ha impostato il nostro gioco a partire dai rimbalzi. Il mio ruolo sarà quello di creare seconde possibilità per le mie compagne. Ma in questo primo anno, la mia allenatrice mi ha chiesto di ritagliarmi il mio spazio, di sfruttare al massimo ogni minuto che sarò in campo. Come avranno raccontato anche le altre ragazze, nel college basket c’è una forte gerarchia legata all’anzianità e quindi da freshman dovrò essere pronta a cogliere tutte le occasioni che mi verranno concesse per conquistare sempre più spazio nelle rotazioni.
A proposito di rimbalzi. Candy Edokpaigbe ti ha soprannominata “la rimbalzista”. Qual è il tuo segreto?
Ve l’ha suggerita lei questa domanda, vero? (ride) Prendere un rimbalzo alla fine è sapersi mettere nel posto giusto al momento giusto perché è questione di un millesimo di secondo: è una cosa intuitiva ma, come ogni altro fondamentale, cerco di allenarlo comunque perché dietro c’è anche tanta tecnica. Poi è questione di determinazione. Il rimbalzo devi volerlo prendere ed è per questo che lo vivo come una sfida contro la mia diretta avversaria: se voglio conquistarlo ci devo mettere più energia e foga rispetto a lei.
In USA sotto canestro dovrai affrontare giocatrici di grande fisicità. Come ti stai preparando?
Con il lavoro in palestra. So che devo migliorare alcuni aspetti a livello di massa muscolare e devo dire che qui non scherzano affatto quando si parla di lavoro duro. Hai presente quando vedi nei film gli atleti che vanno nelle sale pesi e si mettono le cinture con le catene in mezzo alle gambe per fare le trazioni? Io non pensavo esistesse veramente questa cosa, e invece mi sono ritrovata a farla. Fortuna che dietro di me c’era la preparatrice atletica che mi dava una mano ad andare su e giù altrimenti penso che sarei rimasta lì. Ti giuro che dopo i primi giorni avevo male muscoli e parte del corpo che non sapevo neanche esistessero.
Ti preoccupa un po’ questa differenza a livello fisico?
In realtà non più di tanto. Dove non arrivo con il fisico so di poter compensare con la rapidità di piedi e la velocità. E comunque anche all’Europeo c’erano dei fisici non indifferenti!
Emma Zuccon
Sei stata una delle fautrici del bronzo agli europei U20 migliorando le tue statistiche partita dopo partita. Cosa ti lasciato questa esperienza?
Tante consapevolezze umane e tecniche che mi saranno di aiuto in questo anno oltreoceano e per la mia carriera. E la gioia di aver vinto una medaglia insieme ad un gruppo fantastico.
Il basket femminile sta vivendo un periodo davvero positivo anche in termini di entusiasmo: hai avvertito questo maggiore affetto?
Altro che! Quando sono tornata casa c’era un piccolo comitato ad accogliermi con tanto di fiori e la bandiera italiana. Non era mai successo prima. La mia vicina di casa addirittura ha chiesto a mia madre dove poteva vedere le partite. L’aspetto più bello è che questo interesse verso lo sport femminile si sta allargando a tutti gli sport e sempre più persone si stanno rendendo conto che non abbiamo niente meno dei maschi.
Cosa ti ha spinto a decidere di lasciare l’Italia per gli USA?
Ho viaggiato tanto con i miei genitori e gli Stati Uniti mi avevano già colpito. Inoltre, giocando sempre con ragazze più grandi, ascoltavo sempre affascinata le loro storie sul basket americano e sul college. Da qui è nato il mio desiderio di mettermi a lavorare sin da subito per ottenere questo risultato. Quando mi hanno detto che avevo ottenuto la borsa di studio mi sono messa a piangere, perché non stavo realizzando solo il mio sogno ma stavo rendendo orgogliosa quella bambina di otto anni che era lì e sentiva parlare quelle ragazze; era un modo per dirle “ce l’hai fatta”.
Come mai hai scelto University at Albany?
La possibilità di poter studiare in uno dei migliori programmi di East Asian Studies e allo stesso tempo giocare in una squadra con un progetto davvero interessante. Quando poi ho parlato con coach e staff, mi sono riconosciuta nei loro valori che sono gli stessi con cui sono cresciuta. Delle tre proposte che ho ricevuto, quella di UAlbany era decisamente quella più in linea con le mie esigenze e i miei desideri.
Quanto è stato importante l’aiuto di Antonia Peresson?
Antonia è stata super! Tramite la sua agenzia G&G International mi ha aiutato fin dall’inizio ad avvicinarmi e a capire come funziona questo mondo. Lei è stata una delle prime italiane a fare questa esperienza al college e quindi mi ha aiutata a compiere le scelte migliori sia a livello cestistico che universitario. Se sono qui ad Albany è anche merito suo e la voglio ringraziare pubblicamente.
Prima di te ad Albany ha giocato Lucia Decortes. Ci hai parlato?
In realtà Lucia l’ho incontrata lì nel campus. Un giorno ero a casa della nostra allenatrice e lei era lì. Si è trovata così bene ad Albany che ha deciso di rimanere e anche lei mi ha dato tanti consigli su tanti aspetti della vita di una studentessa atleta qui in America.
Quali consigli daresti tu ad una giovane ragazza che sogna di fare il tuo stesso percorso?
Ti dirò le stesse parole che mi ha detto Lucia e che io stessa ho detto anche a mia sorella: non aver paura! É vero: dopo un primo periodo di grande eccitazione inizi a pensare che sei lontano da casa e che ci possono essere mille cose che possono andare storto, ma se inizi ad affrontare una cosa alla volta tutto risulta più semplice. Non aver paura di vivere al massimo questa esperienza e soprattutto non aver paura di buttarti. Se ti va male, avrai comunque imparato. Ma se va bene … sarà una figata pazzesca!