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Migliorini, un italiano in un junior college

Autore: Isabella Agostinelli
Data: 20 Nov, 2016

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Della Ncaa conosciamo alla perfezione le squadre, i nomi dei giocatori, dei coach e anche aneddoti di vario tipo. Poco si sa invece sulla vita quotidiana di questi atleti/studenti che sognano un futuro nella NBA. Per questo abbiamo deciso di dare una sbirciatina dentro un college assieme a una guida d’eccezione che risponde al nome di Filippo Migliorini, guardia classe 1995 in forza al Marshalltown College.

Cresciuto cestisticamente nel Verona Basket, due anni fa Filippo ha deciso di raggiungere Gabriele Grazzini a Phoenix, dove l’ex assistant coach tra gli altri dei Mantova Sting ha collaborato con il Future Stars International Camp, il campus ideato per giovani talenti da Peter Ezugwu, a lungo nel nostro paese come giocatore. Nel mese passato in Arizona, Filippo si fa notare, tanto che gli viene suggerito di provare una Prep School in America. Il passo successivo è l’iscrizione a un recruiting website dove Filippo carica alcuni video:

 

Nel giro di pochi mesi,  lo contattano varie squadre tra cui la Soe Academy prep school di Charlotte dove trascorre tutta la stagione 2015-2016. I miglioramenti non tardano ad arrivare e da lì a poco arrivano molte offerte da squadre di Division I e Division II.  Ma i sogni del giovane italiano si infrangono contro una dura realtà tutta americana: una tuition fee a quattro zeri (circa 40.000 dollari) che rimane sempre troppo alta nonostante gli venga offerta anche una borsa di studio. Di fronte a questo problema, Filippo opta allora per un Junior College (dove si accontentano di circa 10.00 dollari). Tra i numerosi college che si sono fatti avanti, tra cui due illustri texani, quello a colpirlo maggiormente e a convincerlo è il Marshalltown College in Iowa: una scuola di alto profilo sia dal punto di vista sportivo che accademico.

Marshalltown Community College

Marshalltown Community College

Non rimarrà a lungo qui perchè Filippo non ha firmato la letter of intent che lo avrebbe obbligato a restare per due anni in Iowa. Il suo obiettivo, infatti, è raggiungere i palcoscenici importanti della Ncaa ma intanto lo abbiamo contattato per farci raccontare la vita di un atleta/studente nei college americani.

Ecco il suo personalissimo racconto sui vari aspetti della vita a stelle e strisce.

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La giornata tipo: basket, studio e burro d’arachidi

“La sveglia suona implacabile alle 6.30; mi sveglio e vado in palestra pesi normalmente da solo o con qualche compagno. Poi corro a lezione dove seguo i vari corsi relativi al mio major – Athletic Training –  fino a mezzogiorno circa. Gli allenamenti li ho il pomeriggio a partire dalle 15.30/16.00: due ore belle intense che richiedono un’alimentazione adeguata. Per questo, la colazione la faccio a base di uova, bacon e french toast o frittata… il tutto condito con l’immancabile burro d’arachidi: sì, mi sto americanizzando! Dopo la scuola, pranzo spesso a casa: le mie specialità? Pasta aglio, olio e peperoncino, oppure l’immancabile carbonara. Altrimenti vado in mensa che, più che di un’università, sembra quella di un hotel a 5 stelle: c’è davvero di tutto ma a noi richiedono di mangiare sano! Fosse facile con tutto quel fritto e quelle alette di pollo davvero invitanti!”.

migliorini

Lo staff: una famiglia pronta a guidarti passo dopo passo

“Lo staff della Marshalltown é composto dall’head coach Brynjar Brynjarsson, tre assistant coach ( Michael Appel, Ryan Flack, Vesteinn Sveinsson) e due trainers che si occupano dei bendaggi e dei massaggi. L’allenamento lo fa sempre coach Brynjar ma due volte a settimana un assistant segue personalmente noi tiratori per un paio d’ore. Al momento, ci stiamo concentrando più sulla parte fisica che sugli schemi, ma l’allenatore è di origine islandese e quindi ha una mentalità più europea: quando si avvicinerà l’inizio della stagione a novembre, sono sicuro che lavoreremo di  più sulla difesa e sugli schemi. Quello che mi ha più colpito è la relazione che si instaura con lo staff. Proprio come si vede nei film e come si legge nei magazine, qui negli States il coach é quasi un padre che più che arrabbiarsi con i suoi “ragazzi” li guida e consiglia. Certo, non mancano le lavate di capo, ma c’è una relazione molto buona con tutti. Inoltre, nel mio caso coach Brynjar è anche il mio professore di “personal wellness” e quindi mi aiuta anche dal punto di vista accademico: per esempio, una volta mi si è avvicinato e mi ha detto “tra due giorni c’è una prova e devi studiare questa cosa qui”. Non male sentirsi seguiti in questa maniera! Anche perché qui in America, se non mantieni una certa media di voti non puoi giocare e nel peggiore dei casi, neppure allenarti”.

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Il tempo libero: ping pong, musica e amici da tutto il mondo

“Come tutti gli studenti, sono in un dorm all’interno del campus, ma qui la cosa bella è che sono fatti come dei piccoli appartamenti con la cucina, un salottino e le camere per due persone. Il mio tempo libero lo passo per lo più con gli stranieri: non che non siano simpatici gli americani, ma passano la maggior parte del loro tempo rinchiusi in camera loro ascoltando musica rap o giocando alla Nba sulla playstation. Non è proprio facile relazionarsi con loro fuori dal campo di gioco! Nel nostro appartamento fortunatamente abbiamo una saletta in comune nella quale passo molto tempo con gli spagnoli e altri europei a giocare a ping pong”.

Lo studio: il vero abisso con il sistema italiano

“Ed è proprio nello studio che la differenza con l’Italia è più marcata. Qui negli States noi atleti godiamo di uno status un po’ speciale: il sistema universitario è tale che ci permette di conciliare sport e scuola; quando per un allenamento speciale o per una partita saltiamo le lezioni, i docenti ce le preparano esclusivamente per noi. In questo modo veniamo tutelati a differenza dell’Italia dove invece veniamo spesso lasciati allo stato brado. Alle superiori, ricordo, mi facevano tantissime storie se mancavo una settimana per un torneo. Qui se sei via per motivi atletici, i prof sono contenti perché tieni alta la bandiera del loro college.

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Gli allenamenti: esercizi di tiro e quelle corse che ti spaccano le gambe

“Sfatiamo subito un mito: negli States si difende eccome! Toglietevi quindi dalla testa l’idea di venire qui e fare 50 punti a partita o ad allenamento. Quello che invece è vero è il lavoro fisico: in poco più di tre mesi ho visto il mio corpo trasformarsi giorno dopo giorno. Sono diventato molto più atletico e ho messo su molta massa muscolare. Anche perché qui non scherzano con gli allenamenti: le due ore finiscono sempre con una serie di corse che a me personalmente mi distruggono, ma che sono fondamentali per reggere i ritmi altissimi di gioco. Lo confesso: non amo la corsa! Sono una guardia e quindi gli esercizi che prediligo sono quelli che, partendo da una simulazione di azione, mi permettono di sfruttare i blocchi e arrivare al tiro da tre.

 

Mi alleno spesso con Souf  Mensah, un playmaker francese molto forte che  un po’ un leader della squadra. Oltre a me e a Souf ci sono molti stranieri nel team:  due norvegesi,  uno spagnolo e un turco. Il Marshalltown College ci tiene molto a questo aspetto internazionale. Inoltre la nostra è una bella squadra e il fatto che durante gli allenamenti spesso arrivino scout di università come Arkansas o Texas ne è una prova. Qui ho tutti i presupposti per crescere al meglio e quindi poter ambire a buone squadre di Division I o II e con una buona borsa di studio”.

Un obiettivo che Filippo ha ben chiaro e che l’anno prossimo cercherà di realizzare.

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