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I futuri campioni snobbati al Draft

Autore: Stefano Russillo
Data: 3 Lug, 2017

Undrafted non è per forza sinonimo di “caro prospetto non giocherai mai e poi mai in Nba” e i recenti casi dei vari Yogi Ferrell, Wayne Selden Jr, Ron Baker, T.J McConnell o i casi storici di giocatori-chiave come Ben Wallace, Bruce Bowen o Avery Johnson ne sono una prova evidente. Dopo aver analizzato scelta per scelta tutte le 60 chiamate del Draft (qui il primo giro e qui il secondo giro) diamo un’occhiata ai giocatori che hanno atteso invano di sentire il proprio nome la notte del 23 giugno.

I grandi delusi

Johnathan Motley è il grande sconfitto del Draft, tutti i mocks lo davano tra metà primo giro o massimo inizio secondo, dopo una stagione da assoluto protagonista con la sua Baylor in doppia-doppia di media (17.3pts+9.9reb) nella quale ha trascinato i Bears fino alle Sweet16 del Torneo Ncaa. Power forward atletica, spesso immarcabile nei pressi del ferro che sa giocare in post e con un jumper credibile dalla media, oltre ad avere un gran potenziale difensivo. Ha forse pagato il 27.3% da tre in un Nba moderna alla ricerca costante di stretch-4 o il non aver ancora recuperato in pieno dall’operazione al ginocchio dello scorso aprile. Adesso avrà una possibilità con i Dallas Mavericks con i quali ha firmato uno dei nuovi two-way contract.

 

P.J. Dozier dopo aver guidato, insieme a Sindarius Thornwell, South Carolina a una storica presenza alle Final Four di Phoenix si è fatto ingolosire dalle sirene dell’Nba senza pensare alle sue mediocri percentuali al tiro (29.8% da tre e 59.7% ai liberi) pessimo biglietto da visita se sei una combo-guard. Ma Dozier ha dalla sua fisico (198cm x 93kg), versatilità, difesa sulla palla, visione di gioco e sopratutto potenziale per essere il prossimo Shaun Livingston 2.0, o almeno questo sperano i Lakers che gli hanno concesso un contratto.

Cameron Oliver è il lungo dei sogni di tutti i GM: esplosivo al ferro, una minaccia sul perimetro in attacco e un rim protector in difesa, unico giocatore negli ultimi 25 anni di college basket a chiudere una stagione con almeno 60 triple e 90 stoppate. Sicuro di una chiamata a inizio secondo giro dopo due solidissimi anni a Nevada è stato penalizzato dalle difficoltà mostrate alla Draft Combine.

 

Devin Robinson è un altro prototipo di giocatore che piace tanto all’Nba: il 3&D. Pedina fondamentale di Florida arrivata alle Elite8 del Torneo Ncaa ha dimostrato, nel suo anno da junior, che oltre a saper tirare e difendere sa anche andare a rimbalzo (6.1reb a partita). Altro giocatore sicuro di una chiamata a inizio secondo giro ha pagato probabilmente l’incostanza mostrata durante l’arco della stagione.

 Ah se solo ci avessi provato prima

È quello che avrà pensato la notte del Draft Melo Trimble che rimpiangerà a lungo la scelta di due anni fa quando, dopo una stagione sensazionale da freshman con una chiamata in lottery quasi assicurata, decise sorprendentemente di tornare a Maryland. L’ultima stagione è stata (per numeri) simile a quella di un paio di anni fa, peccato che ci siano due anni in più sulla carta d’identità e una preoccupante involuzione della sua percentuale da tre (passato dal 41% al 31%). Il talento rimane, così come la sua capacità di giocare il pick&roll e la sua velocità per arrivare al ferro. Potrebbe essere un buon play di riserva.

Nigel Hayes dopo i primi due anni da comprimario di lusso nella Wisconsin di Kaminsky&Dekker non è stato protagonista di quella breakout season che ci si aspettava, ritrovandosi dopo quattro anni di college senza un ruolo specifico per l’Nba (a metà tra una SF e una PF) e con un tiro ondivago, insomma un tweener senza tiro. Leadership e IQ cestistico non mancano così come un ottimo gioco nei pressi del ferro (eccellente passatore dal post), se sarà capace di mettere tutta l’energia che ha in difesa potrebbe ritagliarsi una carriera da role player, ma il condizionale è d’obbligo.

Cambiamo giocatore. Dal tiro più famoso della storia del college basket, che pareva gli avesse aperto le porte del primo giro del Draft del 2016, al tonfo della precoce eliminazione al Torneo Ncaa proprio per mano della Wisconsin di Hayes. La ricerca del repeat con la sua Villanova è costata cara a Kris Jenkins che l’ha presa però con ironia.

La mancanza di esplosività e un limitato atletismo sono state due red flags che hanno portato le squadre a passare oltre il suo nome. La sua capacità di essere un difensore credibile contro i lunghi che girano in Nba sarà la chiave di volta per una possibile carriera al piano di sopra perché la mano morbida, specialmente dalla distanza, non si discute.

Chi invece doveva pensarci un po’ di più prima di dichiararsi è Isaiah Briscoe arrivato a Kentucky come guardia cinque stelle e che dopo due anni ha saputo dimostrare di saper fare di tutto su un parquet senza però eccellere in nulla. Rimanere un altro anno almeno alla corte di coach Calipari a lavorare sul suo tiro (il suo punto più debole) gli avrebbe potuto assicurare una chiamata al secondo giro.

Il potenziale nascosto

C’è la possibilità (o anche no) che qualche GM si pentirà di essere passato oltre quel determinato nome durante la notte del Draft. Ci sono quei giocatori che negli States chiamano possibili “gems”, le gemme nascoste che per un motivo o un altro non sono stati presi in considerazione. A partire da L.J. Peak guardia forte fisicamente capace di segnare in mille modi e che sa creare anche per i compagni (3.5 assist da scorer a Georgetown).

Chris Boucher, meglio conosciuto come il “Mutombo di Montreal” ha 24 anni e viene dalla rottura del legamento ma ha il potenziale per diventare un credibile 3&D dei lunghi, capace di piazzarti la stoppata in difesa e metterla da tre in transizione. A proposito di centri tiratori che sanno dire anche la loro come rim protector segnatevi il nome di Luke Kornet, lungaccione bianco che supplisce la mancanza di atletismo con una grande intelligenza cestistica.

 

Per il vostro quintetto small-ball prendete nota di Deonte Burton che a Iowa State ha dimostrato di poter ricoprire le posizioni dalla 3 alla 5 grazie a un fisico forte, atletismo e velocità di movimenti oltre ad un tiro in costante crescita, un mini Randle. Volete una guardia che uscendo dalla panchina ci metta poco a scaldarsi e mettere punti a referto? James Blackmon Jr. da Indiana. Chiudiamo con Kobi Simmons combo-guard che ha fatto intravedere sprazzi di talento grezzo ad Arizona, sarebbe stato meglio forse rimanere un altro anno alla corte di coach Sean Miller per raffinarlo, lui ha deciso di tentare subito il salto tra i pro.

I nomi ci sono, ora tocca solo scommettere su chi sarà il prossimo undrafted pronto a essere protagonista in Nba.

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