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Josh Green, un aussie sulle orme di Simmons

Autore: Stefano Fontana
Data: 2 Ott, 2019

Una stagione da dimenticare, iniziata ancora con dubbi e sospetti legati all’inchiesta dell’Fbi e chiusa con un record negativo nella Pac12 e l’esclusione dalla March Madness. Arizona vuole tornare subito tra le big del college basketball e coach Sean Miller ha due buoni motivi per essere ottimista: il primo si chiama Nico Mannion, il secondo Josh Green. Conosciamo meglio il talento arrivato dall’Australia per riportare in alto i Wildcats.

Un giocatore per 9 sport

Nato a Sydney, dall’australiana Cahla e dall’americano Delmas, il basket è sicuramente scolpito nel suo dna: la scintilla tra i genitori è scattata infatti nel periodo in cui entrambi erano impegnati sui parquet australiani da professionisti. I primi palleggi del piccolo Josh, di conseguenza, arrivano già a cinque anni, sotto gli occhi della mamma-coach. La sua prima squadra sono gli Hills Hornets, a rappresentare il sobborgo di Castle Hill (Sydney, per l’appunto), e l’intera infanzia ha i contorni del prodigio.

Si interessa al football australiano (per chi non lo conoscesse, una sorta di particolarissima unione di calcio, rugby e football americano), all’atletica, al rugby, al calcio ed al nuoto. A dieci anni, viene selezionato per rappresentare il New South Wales nelle competizioni nazionali in nove sport diversi. Crescendo, però, il talento australiano restringe il mirino: diventa capitano dell’under-12 di basket dello stato, che conduce al titolo nazionale, e a 13 anni accetta l’offerta dei Sydney Giants per giocare a football australiano nella loro Academy, declinando anche l’offerta dei rinomati Swans. Nel frattempo, sempre a 13 anni, finisce addirittura nella rappresentativa nazionale under-16, facendo scuola a compagni e avversari nonostante i tre anni di “debito”.

https://www.instagram.com/p/B2QKx4YjG3F/

La sua esperienza in Oceania però si interrompe in maniera improvvisa: il padre riceve un’offerta di lavoro irrinunciabile e la famiglia Green, con Josh e i suoi tre fratelli, si trasferisce a Phoenix, Arizona. La conseguenza è chiara: addio alla King’s School, benvenuta alla Mountain Ridge High School. E soprattutto, addio al football australiano, che in America ovviamente non esiste, per lasciare spazio alla palla a spicchi. Bastano poche partite con l’accademia di Glendale per attirare le attenzioni di mezzo stato: è chiaro che la piccola scuola dei sobborghi di Phoenix sia un cappotto troppo stretto per un ragazzo da sempre più avanti di tutto e di tutti, che ora sembra arrivato lì come un meteorite.

L’amico Nico

Ben presto, arriva il secondo trasferimento in pochi anni: quello a Bradenton, Florida, per frequentare la IMG Academy, totalmente focalizzata sul formare gli sportivi professionisti di domani. Non prima, però, di aver stretto una solidissima amicizia, durante i camp nazionali, che si porterà dietro per tutti gli anni successivi. Il sorridente ragazzino dai capelli rossi con cui sembra avere una naturale intesa è proprio quel Nico Mannion ora suo compagno di squadra ai Wildcats.

Alla IMG Green comincia a levigare il suo potenziale ancora grezzo: il tiro diventa accurato, i piedi più rapidi, ma soprattutto inizia a sfruttare al meglio il suo incredibile atletismo. Nel frattempo, le porte della popolarità iniziano ad aprirsi: la sua prima apparizione sulla tv nazionale arriva in occasione della partita contro Oak Hill, a gennaio, in cui mette a referto 19 punti e 9 rimbalzi in appena 21 minuti, col 7/11 dal campo. IMG finirà la stagione con un record di 31-1, vincendo il campionato nazionale per la prima volta nella sua storia, e consacrando il suo talento nella top-class del prossimo campionato NCAA. La sua scelta arriva presto: nell’ottobre 2018, dopo aver esaminato la pioggia di offerte dei college arrivata sulla sua scrivania, annuncia tramite Instagram il suo commitment per Arizona, ricongiungendosi così all’amico fraterno.

Josh Green e Nico Mannion assieme in occasione del McDonald’s All-American

Alla corte di Sean Miller porterà atletismo nello spot di shooting guard: 198 centimetri per 95 chili, formerà con Mannion un duo estremamente rapido, votato all’attacco in transizione ed al raccogliere punti vicino al ferro. Inoltre, si porta dietro un tiro temibile e ben costruito e delle capacità di lettura offensiva (ovviamente da testare a livello NCAA) non banali. Oltre ai consigli di un australiano eccellente: grazie ai social network, ha infatti stretto amicizia con Ben Simmons, e ora si confronta spesso con lui nella speranza di ripercorrerne le orme.

Un semplice vincente

La sua carriera da predestinato, da leader a soli 19 anni, porta però immediatamente a pensare ad un nuovo “Mamba”, una macchina da guerra focalizzata solo sulla vittoria. La cosa che stupisce i più, però, è che Josh Green è un ragazzo normale. Non i camp in giro per il mondo, non la selezione per il McDonald’s All-American, non l’aver conquistato già titoli nazionali in ogni categoria, non la selezione per il camp di Steph Curry, non l’essere un five-star recruit ed una probabile scelta al primo giro del prossimo Draft: nulla sembra aver intaccato l’estrema semplicità di un ragazzo che, tra un impegno e l’altro, vuole ancora divertirsi sfidando compagni ed amici col joypad in mano.

 

Compagni ed allenatori della IMG hanno sempre sottolineato la sua umiltà: parla poco, sia in campo che fuori, non è un personaggio. Non ha comportamenti fuori dalle righe, e sembra in difficoltà anche col semplice trash talking. Quando viene intervistato a riguardo, si giustifica quasi con imbarazzo: “In Australia non si usa, è una cosa tipicamente americana, da noi non lo facciamo. Non mi viene naturale, nemmeno quando vengo provocato dagli avversari. Delle volte è meglio non parlare”. La personificazione del classico detto “i fatti contano più delle parole”. Anche i suoi profili social sono molto scarni: compilation, immagini di campo, didascalie minime e movimentate solo dalle sempre presenti prese in giro di Mannion.

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Australia e famiglia

L’altro lato caratteristico della sua personalità è l’attaccamento alle sue radici. Intese da un lato come famiglia: non c’è occasione in cui Josh manca di ringraziare i suoi genitori, che a suo dire sono stati la principale ispirazione, ma anche i primi a tenerlo coi piedi per terra, conoscendo l’ambiente dello sport professionistico e le sue insidie. Dall’altro lato, c’è l’attaccamento all’Australia: nonostante il doppio passaporto, non ha mai nascosto la sua assoluta preferenza per la sua terra natale, pur non avendo ancora esordito in verde-giallo con la nazionale maggiore. In realtà la prima convocazione è arrivata già a settembre 2018, ma un infortunio alla spalla gli ha impedito di scendere in campo, mentre quest’anno il suo impegno principale è stato partecipare al mondiale con la selezione under-19, non essendo rientrato nei 12 selezionati per la spedizione per il Mondiale in Cina.

Ma l’attaccamento al suo luogo di nascita non è solo una questione di rappresentativa nazionale, come si intuisce da una delle varie interviste già rilasciate: “Voglio diventare un esempio. So che in Australia tanti ragazzi sognano tutto questo, io stesso lo sognavo quattro anni fa. Voglio poter tornare lì e dire a tutti loro di sognare in grande, che devono crederci e che possono farcela. Mi piacerebbe molto, significherebbe molto per me, e in ogni caso rappresenterò sempre il mio paese al mio meglio”.

Il predestinato umile, lo spietato cannoniere che fuori dal campo regala sorrisi e autografi a chiunque, sta per confrontarsi con il primo, vero palcoscenico di prestigio dopo aver dominato in lungo e in largo parquet minori. La maturità sembra fuori discussione, almeno dal punto di vista umano, in attesa di verificare il suo gioco ai primi test importanti. Con le aspettative di un intero continente sulle spalle, che conta su lui, Simmons e pochi altri per dare continuità al grandissimo ciclo degli ultimi anni, e con accanto l’amico di sempre Nico, l’aussie Josh Green è pronto a prendersi l’NBA.

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