Home 9 Analisi 9 Le quattro rivincite dei Baylor Bears

Le quattro rivincite dei Baylor Bears

Autore: Stefano Russillo
Data: 14 Gen, 2017

 

[nextpage title=” “]

Rivincita: “successo con cui ci si rifà di una precedente sconfitta, di un precedente insuccesso”.

“Considerando lo stato del programma e del dipartimento atletico nel suo complesso quando Scott è arrivato a Waco, il lavoro che ha fatto per costruire un programma vincente è uno dei più considerevoli che si siano mai visti nel college basket”.

La definizione di rivincita e le parole di Fran Fraschilla, analista tra i massimi esperti di college basket di Espn, ci danno la dimensione di cosa significhi per l’università di Baylor essere arrivata per la prima volta nella sua storia al comando del ranking AP.

Per capire la portata di questa rivincita bisogna andare indietro e considerare almeno due “sconfitte” fondamentali nella storia dell’università:

Nel 2003 Baylor è la protagonista di uno dei maggiori scandali della storia del basket collegiale: Carlton Dotson, giocatore dei Bears, uccide il suo compagno di squadra Patrick Dennehy in una lite mentre la Ncaa scopre che coach Dave Bliss ha violato il regolamento pagando direttamente quattro suoi giocatori.

Nel 2016 al primo turno del torneo Ncaa, Baylor (testa di serie numero 4) subisce l’upset di Yale e torna così a casa dando l’addio a tre dei migliori giocatori che siano passati dalle parti di Waco: Taurean Prince, Rico Gathers e Lester Medford.

Come recita, però, l’Old Fite, il canto dei tifosi dei Bears: “Baylor Bears Fight! Fight them with all your might”.

[/nextpage]

 

 

 

[nextpage title=” “]

La rivincita del collettivo

Al ritorno al campus di Waco, dopo la sconfitta contro Yale, Ishmail Wainwright, il capitano dei Bears, ha ripetuto a tutti come un mantra “next year will be a big year”. Non solo gli studenti del campus, ma giornalisti e coach di Division I lo avranno preso per un folle tant’è che in preaseason i Bears non solo erano fuori dalla top25 ma non hanno ricevuto un singolo voto né considerazione da parte di nessuno. Due mesi dopo Baylor si ritrova a guardare tutti dall’alto, nonostante la prima sconfitta stagionale arrivata contro West Virginia (ve ne abbiamo parlato qui).

Tutto ciò grazie a uno stile di gioco che esalta il collettivo, in un roster privo di top recruit o prospetti da draft (se si esclude Motley). Ecco perché al solo guardare una partita di Baylor vedrete in campo 5 guerrieri battersi e lottare per ogni pallone, perché come dice coach Drew: “you can never scout a heart when you’re scouting a player”. Giocatore simbolo è proprio il capitano Wainwright che, dalle parti di Waco, definiscono come il più amato e rispettato dello spogliatoio. Il classico role player capace di saper fare tutto senza eccellere in nulla, un 1.96 cm capace di occupare quattro ruoli in campo dalla PG alla PF, il “glue guy” dei Bears che mette in campo tutte quelle intangibles, da una palla rubata a un assist, che hanno un loro peso specifico nella vittoria finale. Un giocatore d’esempio non solo per le cose che fa sul parquet, ma anche nella vita con un’importante carriera accademica come dimostrato da questo documentario della Big12.

 

Nei momenti di difficoltà dei Bears è lui che chiama a raccolta i compagni e che con una giocata riesce a dare la scossa ai suoi come successo, ad esempio, durante la finale del Battle 4 Atlantis quando, con i suoi a -22, ha salvato, buttandosi sugli spettatori, un pallone che ha dato il via alla rimonta dei Bears (ve ne abbiamo parlato qui). Ecco, proprio le vittorie di prestigio sono quelle che hanno dato la possibilità a Baylor di arrivare ad essere la numero 1, unica squadra della nazione capace di avere 7W contro squadre della top55 del ranking KenPom.

Oregon, VCU, Michigan State, Louisville, Xavier, Iowa State si sono arrese davanti l’atletismo, la tenacia ma soprattutto la difesa dei Bears. La zona variabile di coach Scott Drew che può passare dalla 2-3 alla 1-3-1 fino alla 1-1-3, costringe gli avversari a tirare con brutte percentuali dal campo (il 41.5% da due e il 31.5% da tre) e se decidono di cercare avventura nel pitturato ad infrangersi contro il muro della coppia Motley-Lual Acuil Jr (con la complicità dalla panchina di Terry Maston) e il loro 15.8 di block percentage (l’undicesimo di tutta la nazione).

Vittorie arrivate grazie ad una mentalità da underdog che gli stessi giocatori hanno sviluppato come dichiarato dal capitano: “nella nostra mente facciamo ancora schifo, siamo ancora spazzatura”. Sarà questo il segreto che ha portato i Bears a gettare l’anima in campo come gladiatori che affrontano ogni partita come l’ultimo combattimento nell’arena.

Ne sono un esempio Jake Lindsey: guardia alla quale mancano velocità e fisico ma che ha dalla sua grande IQ e visione di gioco, oltre ad essere un ottimo on-ball defender. Oppure Al Freeman, shooting guard titolare, un killer silenzioso in attacco, poco appariscente ma capace di metterne a referto 11 di media con il 41.9% da tre. O ancora Terry Maston, tipico big undersize, pochi centimetri per tanti muscoli, che dalla panchina porta rimbalzi e presenza in area con un’ottima mano nei pressi del ferro.

Buoni giocatori all’interno di un gruppo che ha nel triumvirato composto da Lual Acuil Jr-Lecomte-Motley la sua vera forza, ognuno di loro alla breakout season, ognuno di loro con la propria rivincita.

[/nextpage]

 

 

 

[nextpage title=” “]

La rivincita del bambino venuto dal Sudan

Vedendo una partita di Baylor rimarrete colpiti dall’agilità e dalla velocità con la quale corre il campo il centro settepiedi dal fisico asciutto dei Bears. Lual Acuil Jr è abituato da una vita a correre, sin dall’età di tre anni quando, insieme a mamma, sorella e due fratelli, si è visto costretto a fuggire dal suo paese, il Sudan, in preda alla guerra civile. Cinque anni in un campo profughi dell’Uganda e poi in Australia, a Perth, dove al Kingsway Christian College il suo fisico non passa inosservato e decidono di mettergli una palla da basket in mano, per la prima volta, all’età di 15 anni. Nonostante la mancanza di fondamentali le potenzialità del ragazzo sono sotto gli occhi di tutti e arriva la chiamata dal Kansas al Neosho County Community College, un junior college che, grazie a medie di 20.1pts, 11.2 reb e 4.7stp, diventa il trampolino di lancio per arrivare a Baylor, due anni fa.

Jo Lual Acuil Jr (Baylor)

La prima stagione, a causa di problemi al cuore, Jo è costretto a rimanere fuori dal roster come redshirt, un momento difficile per qualsiasi ragazzo, non per chi ha visto la guerra in faccia. Il centro si chiude, così, in palestra a lavorare sul proprio corpo, mettendo su 10 kg di massa muscolare, per farsi trovare pronto per la nuova stagione. Oltre alla velocità l’aspetto del gioco che più colpisce di Jo è la sua tremenda capacità di stoppare o deviare i tiri degli avversari, una sfida che il lungo prende sul piano personale, come ammesso dallo stesso Drew. Con 3,3 stoppate a partita Lual-Acuil Jr è il terzo migliore stoppatore della D I, grazie anche a block-party come quelli messi su contro Oregon (7 stoppate), Louisville (6) e Xavier (6). Il ragazzo oltre a dare il suo contributo a rimbalzo (7.4 di media dei quali 2.2 offensivi) sa dire la sua anche in attacco dove mette a referto 10.6 punti di media, frutto non solo di schiacciate o layup ma anche di un solido tiro fronte a canestro con un range che arriva anche oltre l’arco da tre punti (4/10 in stagione dalla lunga distanza).

Il block-party contro Xavier

[/nextpage]

 

 

 

[nextpage title=” “]

La rivincita del belga

Se nasci nella terra dei waffles e del cioccolato, dove il basket è solo il quinto sport nazionale, aspirare a giocare in Nba, passando per il college, “it’s not a big deal, not at all”, parola del diretto interessato Manu Lecomte, il floor general di Baylor. Dopo aver incendiato le retine di mezzo Belgio nelle fila delle giovanili del Mons-Hainant Belfius arriva l’offerta di borsa di studio dall’Università di Miami grazie all’assistant coach di Jim Larranaga, Michael Huger, ex-giocatore del campionato belga che, senza mai aver visto giocare il giovane Manu, si fida ciecamente dei vari scouting report. In due anni, in maglia Hurricanes, Lecomte parte titolare 40 volte su 71 partite con una media di 7.8 punti e 2 assist a partita, sempre all’ombra però di Angel Rodriguez.

Manu Lecomte (Baylor)

Decide così, nell’estate del 2015, di cambiare aria e i primi a cercarlo sono i Bears, ironia della sorte proprio la squadra per cui tifa in Ncaa, dopo essere rimasto folgorato, nelle notti passate davanti alla tv a Bruxelles, dalla squadra del 2009-2010 dei vari Ekpe Udoh, Quincy Acy, Tweety Carter e Cory Jefferson che raggiunse le Elite Eight. L’anno di stop, anche se duro, serve per consolidare l’amicizia fuori dal campo e l’intesa sul parquet con Lual-Acuil Jr, oltre che a lavorare sul suo tiro dal palleggio. Così dalla prima partita di questa stagione ha messo in campo tutta la sua energia e la sua voglia di giocare, dimostrandosi uno dei play più affidabili della nazione, capace di creare sia per se stesso (11.5 a partita) che per i compagni (4.8 assist) con una dote innata per metterla dentro nei momenti clutch, come dimostrato da questo fadeway jumper che ha dato la vittoria ai suoi contro Iowa State.

 

[/nextpage]

 

 

[nextpage title=” “]

La rivincita dell’inconsistente

Inconsistency: è questa la parola che ha accompagnato Johnathan Motley, sin dal suo arrivo a Waco. Potenziale, atletismo e size per aspirare a una chiamata al draft non sono mai mancati all’ala, quello che mancava era la continuità delle prestazioni, con partite da fuoriclasse alle quali faceva seguire partite di totale anonimato. Coach Drew lo ha responsabilizzato sin dall’inizio, dandogli tanti minuti sin dal suo anno da freshman, nonostante fosse “soltanto” un 3 star recruit e fuori dalla top150 dei migliori prospetti della sua generazione secondo rivals.com.

Per Game Table
SeasonSchoolMPFG%3P%FT%TRBASTSTLBLKPTS
2014-15Baylor21.5.417.200.6254.20.70.41.47.7
2015-16Baylor20.9.614.000.6075.10.90.51.111.1
2016-17Baylor29.0.521.400.6629.12.10.31.215.3

Dominante: è questa la parola che riassume la stagione fin qui di Motley che, come si evince dai dati statistici, ha fatto il definitivo salto di qualità andando ben oltre l’essere un semplice giocatore consistente. Coach Drew lo ha sempre difeso spiegando così la sua ascesa: “come freshman era buono ma inconsistente però è normale quando hai 18 anni, ora che è cresciuto ha più esperienza con il vantaggio di essersi confrontato negli ultimi due anni con gente come Isaiah Austin, Cory, Rico e Taurean Prince”. Motley sta viaggiando a 15.3 punti e 9.1 rimbalzi di media, dimostrandosi un giocatore completo che ha definitivamente messo su un tiro credibile dalla media, capace di metterla anche da tre se necessario. Ha inoltre migliorato le letture del gioco dimostrandosi un ottimo passatore dal post come attestano i 2.1 assist di media. Non sorprendetevi se l’inconsistente sarà nominato Big12 Player of the Year.

Il gioco “consistente” di Motley

[/nextpage]

 

 

[nextpage title=” “]

La rivincita dello stratega

Nell’ambiente del college basket coach Scott Drew non gode di buona fama, è sempre stato considerato un pessimo reclutatore e un tattico, uno stratega, ma con un’accezione negativa del termine. A contribuire alla sua fama ci ha pensato lui stesso quando, in uno dei suoi primi anni a Waco, inviò a vari prospetti liceali dei volantini con la sua faccia affiancata da quelle di Bobby Knight e Billy Gillespie (allora coach rispettivamente di Texas Tech e Texas A&M) con le facce di quest’ultimi contrassegnate da due grandi X e la domanda “Chi ha reclutato un Mc’Donalds All American?”.

Scott Drew (Baylor)

Drew ha attirato, durante gli anni, tante critiche su di lui e sul programma, ma alla fine non è una caratteristica comune a tutti i grandi programmi quella di avere numerosi haters? Ecco Drew è riuscito, come sottolineato da Fraschilla, a mettere Baylor sulla mappa del college basketball che conta. Con una cultura fatta di difesa a zona, lavoro in palestra e sviluppo dei suoi giocatori, in 14 anni ha portato i Bears sei volte al torneo Ncaa (due volte alle Elite Eight). Non male per un programma che nei precedenti 96 anni era stato invitato al gran ballo di Marzo soltanto quattro volte.

Se chiedete a coach Drew cosa ne pensa della posizione numero 1 nel ranking AP vi risponderà, con il suo solito sorriso, che è un piccolo obiettivo per il programma e che “the biggest goals” sono quelli di vincere la Big12 e di raggiungere le Final Four.

Ecco solo allora la rivincita di Baylor sarà completa.

[/nextpage]

 

Articoli correlati

Finale Ncaa, la parola ai protagonisti

Dopo una finale così emozionante decisa da un tiro allo scadere è normale che le reazioni dei protagonisti che l’hanno Leggi tutto

Italia-Arcidiacono, c’è ancora da aspettare
Ryan Arcidiacono (Villanova)

Un ragazzo “con il dna del leader”, da prendere “a prescindere dal passaporto” perchè può diventare “un giocatore da medio-alta Leggi tutto

Villanova, una questione di tradizione
Novanation

“This is Villanova basketball”: a sentire un’intervista di coach Jay Wright o di qualsiasi giocatore del roster dei Wildcats, ritroverete Leggi tutto

Niente Arizona, Ferguson va all’estero

Terrance Ferguson saluta Arizona e decide di "parcheggiarsi" per un anno in una squadra di professionisti in Australia. "Terrance mi Leggi tutto

Nozze tra Under Armour e UCLA
Under Armour UCLA

La lotta delle sponsorizzazioni sportive legate al basket americano continua senza esclusione di colpi. Mentre gli analisti (non quelli sportivi, Leggi tutto