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Le dieci sorprese del primo mese

Autore: Stefano Russillo
Data: 21 Dic, 2016

 

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Il primo mese di college basketball è volato via tra partite degne della Final Four, upset clamorosi, esordi dei nuovi freshmen cinque stelle, delusioni e piacevoli sorprese. BN ha deciso di raccogliere le dieci sorprese di questo inizio di stagione, di qualsiasi tipo, legate a dati statistici, a squadre, giocatori, allenatori, prestazioni individuali o giocate. Ecco a voi la nostra classifica:

#10 L’attacco di Duke nonostante gli infortuni

Bolden, Giles e Tatum (Duke)

Avere:

  1. Tre top recruit fuori per infortunio
  2. Una rotazione ridotta a soli sei uomini
  3. La tua star (Grayson Allen) che tira con scarse percentuali dal campo (40.5%)

e, nonostante questo, essere l’attacco più efficiente della nazione è possibile e ce lo conferma l’inizio di stagione di Duke. I Blue Devils non hanno accusato né la mancanza dei vari Giles, Tatum Bolden né la stanchezza, a causa di una rotazione cortissima (341/a per % di minuti della panchina). Gran parte del merito va a due giocatori: Luke Kennard e Amile Jefferson che, con le loro prestazioni, sono diventati due seri candidati al premio di giocatore dell’anno (ve ne abbiamo parlato qui). Il primo, oltre alle doti da tiratore, quest’anno sta dimostrando di essere un vero leader, giocando spesso da play combinando ottima gestione dei tempi dell’attacco e un’incredibile visione di gioco. Se poi ne mette 35 a referto nel giorno del rientro di Tatum e Bolden che ne parliamo a fare. Jefferson è, invece, il cuore e l’anima dei ragazzi di coach K, animale da rimbalzo e con una grande efficienza al tiro (67.3%). Nel frattempo sono tornati tutti gli infortunati con Harry Giles ultimo arrivato, e l’attacco continua a girare senza problemi. Viene da chiedersi soltanto chi vedrà ridursi il suo ruolo una volta che la macchina da guerra di coach K funzionerà a pieno regime.

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#9 La tripla doppia di De’Aaron Fox

Pensare che la tripla doppia di De’Aaron Fox, del 28 novembre scorso contro Arizona State, sia stata soltanto la seconda fatta registrare da un giocatore di Kentucky nella storia dei Wildcats fa un certo effetto, se solo si pensa ai vari nomi che sono passati dalle parti di Lexington. Fa ancora più effetto sapere che l’unico precedente è stato ad opera di Chris Millis, nel 1989, contro Austin Peay, non di certo il giocatore più rappresentativo nella storia di UK. Il freshman agli ordini di coach Calipari contro i Sun Devils ha messo a referto in 31 minuti: 14 punti, 11 rimbalzi e 10 assist.

 

Che fosse la serata di Fox lo si è capito anche dall’1/1 da tre, quasi un goal per il freshman dalle mille meraviglie che ha proprio nel tiro da fuori il suo tallone d’achille, come dimostra il 13% in stagione. Visto il potenziale e la versatilità del play questa potrebbe non essere l’unica tripla doppia della sua stagione, soprattutto se metterà qualche tiro da oltre l’arco in più, giusto per aumentare le sue quotazioni in sede di Draft.

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#8 Il ritmo e la difesa di Virginia

Mamadi Diakite e Marial Shayok (Virginia)

A leggere le statistiche avanzate della prima parte di stagione di Virginia rimarrete sorpresi da due dati: l’efficienza difensiva dei Cavaliers e il loro ritmo di gioco, meglio conosciuto come “tempo”, ovvero il numero di possessi sui 40 minuti. Ecco, per quanto riguarda la difesa, Virginia è la prima della nazione per punti subiti (46.7) e la seconda della nazione per efficienza, oltre ad essere nella top10 per percentuale da due concessa agli avversari, percentuale di stoppate, percentuale totale dal campo concessa agli avversari e percentuale di turnover provocati. Dati sì sorprendenti, ma non di certo nuovi per la squadra allenata da Tony Bennet che, negli ultimi 6 anni, è stata per 5 volte nella top7 dei migliori sistemi difensivi dell’Ncaa.

Per quanto riguarda il ritmo, invece, i Cavaliers sono ultimi con meno di 59 possessi a partita, ciò spiega anche perché solo un giocatore di Virginia vada oltre i 10 punti di media: London Perrantes che, nonostante metta a referto soltanto 10.2 punti a sera, è considerato uno dei migliori giocatori della nazione. Ciò che permette ai Cavaliers di rimanere una delle migliori squadre di Division I è l’alta efficienza del suo attacco (11ª per efficienza offensiva della nazione), nonostante il ritmo bassissimo, con il 56% da due e il 38.7% da tre di squadra. È tempo di risentire il vecchio mantra: “E’ la difesa che vince le partite”.

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#7 Il NON buzzer beater dell’anno

Poteva essere, forse, il buzzer beater dell’anno se solo Ikenna Ndugba (segnatevi questo nome perché non lo dimenticherete dopo aver visto la sua giocata), freshman di Bryant University, a 3.8 secondi dalla fine della partita contro Brown non avesse fatto questa giocata:

 

Sul 91-90 per gli avversari Ndugba credeva, in realtà, di aver vinto la partita, dopo che i suoi erano stati sotto anche di 8 ed erano riusciti a mettere la testa avanti a 11.3 secondi dalla fine grazie alla tripla del compagno Nisre Zouzoua (si, è senza dubbio la squadra con i nomi più divertenti dell’intero college basket). Così non ha fatto altro che ricevere la palla, dribblare l’avversario e tirarla in aria per celebrare la vittoria ehm… sconfitta. Gli sarà grato l’avversario Tavon Blackmon che, grazie al layup che ha portato in vantaggio Brown poco prima della giocata dell’anno, è diventato il vero eroe della partita (sicuri?).

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#6 Big East Power

Jalen Brunson and Maurice Watson Jr

La conference migliore in questo primo mese di college basket: ACC? Big12? Pac12? Big Ten? No, Big East. Se non vi basta il primo posto nel ranking AP di Villanova (leggi qui l’approfondimento sull’inizio di stagione dei Wildcats), a giustificare questa scelta, ci pensano Creighton, Xavier e Butler a farvi cambiare idea. Le quattro squadre sono tra le migliori tredici della nazione e combinano per un record complessivo di 43-3, con Wildcats e Bluejays ancora imbattuti. Record ottenuto nonostante una non-conference schedule per nulla semplice per i vari programmi, che hanno affrontato, e sconfitto, avversarie del calibro di Purdue, Notre Dame (ve ne abbiamo parlato qui), Wisconsin e Arizona, a dimostrazione del livello e della qualità della conference. Caratteristica comune di tutte e quattro le squadre è l’efficienza in attacco (tutte e 4 sono nella top25 della nazione per efficienza offensiva) e l’uso intenso dello small ball che prevede un four guard style senza la presenza di un vero centro e con quattro giocatori perimetrali. Non sarà di certo la conference più profonda, con solo 10 squadre che ne fanno parte, ma di sicuro la Big East è, attualmente, quella che esprime il miglior basket dell’Ncaa.

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#5 TCU

Volete la squadra rivelazione di questo primo mese di college basket? TCU è quella che fa per voi. Dopo essere stata scelta all’unanimità dai coach come peggior squadra della Big12 in preaseason, gli Horned Frogs si ritrovano con un record di 10-1. Dato sorprendente se considerate che TCU è una delle squadre meno esperte della nazione (210/a per esperienza secondo dati Kenpom) con nessun senior a roster. Gran parte del merito è del nuovo coach Jamie Dixon, ex giocatore proprio di TCU che, dopo 13 stagioni a Pittsburgh, ha deciso di tornare alla sua alma mater, dando subito una forte impronta difensiva ai suoi che sono 22esimi in Division I per turnover provocati agli avversari. Le due vittorie contro la Washington di Markelle Fultz e quella contro UNLV hanno dato visibilità a un programma che è approdato in Big 12 soltanto nel 2012 e che, in quattro anni sotto coach Trent Johnson, ha fatto registrare un record complessivo di 8-64. TCU sta giocando un basket di squadra con ben 6 uomini che viaggiano tra gli 8 e gli 11 punti di media e tra i quali brilla il play Jaylen Fisher, il freshman vero cervello della squadra in cabina di regia.

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#4 La prima panchina che salta

Ray Giacoletti (Drake)

Se una panchina salta dopo neanche dieci partite, la notizia merita di certo attenzione. Ecco quello che è successo all’università di Drake, dove coach Ray Giacoletti ha deciso di lasciare dopo solo otto partite, con un record complessivo di 1-7. Giacoletti ha ammesso che lascia la squadra perché il programma non si trova dove si era prefissato nei suoi obiettivi, dopo tre anni alla guida dei Bulldogs con un record complessivo di 32-69. L’unica vittoria di Drake è arrivata contro un college di Division III: Simpson College (no, l’ateneo non si trova a Springfield). I Bulldogs, però, se la sono giocata fino alla fine anche contro programmi ben più blasonati come dimostrano le sconfitte di soli due punti contro DePaul e Fresno State. La squadra passa, così, nelle mani del suo assistente Jeff Rutter che avrà il compito di riportare l’università, che conta una partecipazione alle Final Four (1969) e un seed numero 5 al torneo Ncaa (2008), al livello che merita.

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#3 Il calendario di Long Beach State

Quando coach Dan Monson ha messo giù la non-conference schedule dei suoi 49ers ha pensato che far giocare i suoi ragazzi contro i migliori programmi della nazione sarebbe stato un ottimo modo per prepararsi in vista della non irresistibile Big West Conference, nella quale Long Beach State parte con i favori del pronostico. Affrontare rispettivamente Wichita State, North Carolina, Louisville, UCLA, Washington, Kansas e Texas era, almeno nei piani originali di Monson, un modo non solo per crescere come organico, ma soprattutto per prepararsi a un possibile ruolo da “cinderella” durante la march madness. Sperando, magari, in un clamoroso upset in ottica seed favorevole al ballo di marzo.

 

E invece? Record di 0-7 contro le citate big, 4-10 quello complessivo, e un Monson che si è dichiarato amareggiato e deluso per non aver visto nessuna segnale di crescita da parte dei suoi. La sconfitta meno “dolorosa” è stato un -26 contro UNC (93-67). Magari, oltre alla differenza di talento con le avversarie, ha pesato anche la stanchezza visto che i 49ers hanno dovuto percorrere 15.125 miglia e visitare ben sei stati diversi. Almeno Monson si è potuto consolare, in parte, con le prestazioni dell’ala Gabe Levin che ha messo a referto due doppie-doppie, una delle quali contro la forte frontline di UNC (17+10).

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#2 Le 40 di Manhattan

Teyvon Myers (West Virginia)

40 palle perse in 40 minuti, impossibile? Non se giochi per l’università di Manhattan e davanti ti ritrovi la full court press di West Virginia. Lo scorso 29 novembre i Mountaineers hanno stabilito il nuovo record di scuola generando 40 palle perse, trasformate in 46 punti. Il record assoluto per una partita di college basketball è 51, quello precedente di WVU erano i 36 turnover provocati a VMI, due anni fa. Non di certo una novità per una squadra che basa il suo gioco sulla difesa a tutto campo e che è prima della nazione sia per turnover provocati negli avversari, che per palle rubate. La partita, chiusa già all’intervallo sul 60-27, è finita 108-61 con Manhattan che ha almeno vinto la battaglia a rimbalzo 41-40, sempre che sia servito a qualcosa. Protagonista della serata l’ala Zane Waterman capace di perdere ben 11 palle in soli 19 minuti. Ah, prima della partita in questione Manhattan viaggiava giusto a 11 palle perse di media.

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#1 L’upset di Fort Wayne

Il 23 novembre gli 11.076 presenti all’Allen County War Memorial Coliseum a Fort Wayne, Indiana, erano in maggioranza tifosi Hoosiers (anche se in teoria era Fort Wayne a giocare in casa) che, per una notte, si sono dovuti accontentare di essere la seconda squadra del “Basketball State”, dietro ai Mastodons. Il 71-68 finale in favore di Fort Wayne non è soltanto, finora, l’UPSET della stagione di college basket ma anche il punto più alto, nella storia sportiva, di questa università, alla prima vittoria contro un ranked team (0-14 in precedenza). Un programma che nel 1981 ha fatto il salto dalla Division III alla II e soltanto nel 2001 è approdato in D I, rimanendo indipendente fino al 2007, anno dell’approdo in Summit League, conference di cui è la principale favorita per questa stagione. Gli eroi della serata per i Mastodons sono stati tre: il coach Jon Coffman che ha condotto i suoi alla vittoria accettando lo stile di gioco frenetico di Tom Crean (uno che guadagna 3 milioni di dollari annui a fronte dei 150.000 di Coffman) e che a fine partita ha ringraziato così il coach degli Hoosiers.

 

L’altro eroe è stato Bryson Scott, la guardia Mvp della partita con 18 punti+12 rimbalzi, uno che ha giocato con Blackmon Jr negli Spiece Indy Heat, squadra del circuito AAU. Volete sapere chi è il terzo eroe della serata? Non vi diciamo nulla ma vi invitiamo a scovarlo nel seguente video dei festeggiamenti dei tifosi dei Mastodons.

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