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Lakers in cerca di un nuovo messia

Autore: Sergio Vivaldi
Data: 3 Feb, 2017

I Los Angeles Lakers di inizio stagione erano circondati da tanto ottimismo, un sentimento basato su fattori diversi. Il ritiro di Kobe Bryant, non più in grado di sopportare il peso di una squadra, lasciava spazio ai giovani talenti collezionati negli ultimi anni di calvario di una delle squadre più vincenti della storia. L’arrivo di coach Luke Walton è sembrato una manna dal cielo dopo due anni di Byron Scott, e ha portato equilibrio nello spogliatoio, oltre a qualche idea offensiva più al passo con i tempi. La firma di veterani come Deng e Mozgov, nonostante i dubbi sulla loro tenuta fisica, era utile per mettere in spogliatoio professionisti che potessero evitare disavventure mediatiche, tipo l’affair Russell-Young-Azalea della scorsa stagione. Qualcuno ha osato pronunciare persino la parola playoff.

La partenza ha dato ragione agli ottimisti (10-10 nelle prime 20 partite di stagione), ma oggi, arrivati a un record di 17-35 (comunque meglio del 11-41 dello scorso anno, dopo 52 partite), l’ipotesi playoff è sfumata. Lo sa la dirigenza, lo sa Luke Walton, e i Lakers sembrano ancora una volta intenzionati a lottare per una buona posizione per il draft di giugno. Potrebbe essere la soluzione migliore in questo momento, visto il roster con cui Luke Walton sta lavorando.

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Julius Randle, a sinistra, e D’Angelo Russell, a destra.

Tutto inizia con il duo Russell-Randle. L’ex Ohio State ha dimostrato spesso di avere i numeri per essere un ottimo giocatore, ma difficilmente potrà essere il volto della squadra negli anni a venire. La sua visione di gioco è straordinaria, come da aspettative, è una minaccia da dietro l’arco, sa attaccare e sta imparando a gestire il pick&roll, come dimostra la partita contro i Denver Nuggets di qualche giorno fa.

 

È solo una partita, certo, e il modo in cui ha giocato e e guidato la squadre è impressionante. A quella gara (22 punti, 10 assist, 7 rimbalzi) ha fatto seguito una prestazione da 17 punti, 11 assist, 7 rimbalzi e 7 palle perse contro i Wizards di John Wall.  La sua situazione all’interno della squadra, non per stile di gioco ma per ruolo e contesto, ricorda molto quella di Kyrie Irving ai primi anni con i Cleveland Cavaliers anche se, limitandosi al talento, Irving è forse un gradino sopra. Julius Randle, di fatto al secondo anno visto che l’anno da rookie lo chiuse con una frattura alla gamba alla prima partita, è per certi versi simile a Draymond Green, nella misura in cui si considera un lungo al di sotto dei 210cm in grado di partire in palleggio e gestire un pick&roll anche fuori la linea DA tre (cosa che Green fa raramente e solo quando non ci sono in campo Curry e Durant). Il problema di questa accoppiata è la difesa, soprattutto a livello di impegno, e coach Walton non ha mancato di tenerli fuori e punzecchiarli sull’argomento più volte.

Su Brandon Ingram, 19 anni, fisico e tecnica tutte da costruire per la Nba, non si avevano grandi speranze al suo primo anno. Eppure abbonda l’ottimismo sul ragazzo, che potrebbe rivelarsi il giocatore decisivo per questi Lakers del futuro. Ha già mostrato ottime capacità e lampi di talento assoluto, ma all’handicap relativo a una tecnica ancora grezza si aggiunge un fisico ancora troppo acerbo che gli impedisce di essere efficace contro i mostri atletici che si aggirano nei due ruoli di ala in Nba. Anche per questo, è sembrata particolarmente intelligente la decisione di coach Walton di non trasformarlo da subito in uno scorer, ma di sviluppare dall’inizio il suo potenziale come giocatore-senza-posizione e di focalizzarsi su altri aspetti del gioco, quali il playmaking e la difesa. Ovviamente non tutto funziona alla perfezione, ma i segnali sono buoni e ci sono già azioni come questa

 

dove Ingram ha dimostrato di saper innescare i compagni e di saper congelare la difesa con esitazioni e finte prima di alzare buoni assist. Le sue prestazioni sono calate nelle ultime partite, ma è lecito imputare queste difficoltà al famigerato “rookie wall”, una barriera che nasce soprattutto dalla stanchezza per una stagione più lunga rispetto al college. Ingram ha giocato più minuti in questi primi 4 mesi di Nba che in tutta la stagione Ncaa 2015-16.

Ci sono altri due giovani su cui i Lakers chiaramente puntano, o quantomeno provano a capire se possono essere pezzi per un futuro vincente, Larry Nance Jr e Ivica Zubac. Il primo ha mostrato al suo primo anno lampi di atletismo e di impegno difensivo, ma anche un buon jumper, su cui ha lavorato in estate e che sta lentamente diventando un’arma. La sensazione è che, prima o poi, riuscirà a diventare un’opzione affidabile dal gomito e dagli angoli, aprendo così il campo per i compagni. La grande domanda che ne segnerà il ruolo futuro con i Lakers è il rendimento di squadra quando il frontcourt è composto dalla coppia Randle-Nance Jr, potenzialmente devastante perché permette di tenere due lunghi in campo dotati dei mezzi atletici per difendere chiunque e aprire il campo in attacco, ma che in pratica non rende come dovrebbe.

 

Zubac è arrivato come un oggetto misterioso, lungo di 216cm con buone mani e buona tecnica di base ma ancora acerbo. Il croato ha passato la prima metà di stagione in D-League, ed è poi entrato in rotazione a seguito di alcuni problemi fisici dei compagni (e probabilmente perché si era già deciso di restare nei bassifondi della classifica). Nei 12 minuti a partita concessi da coach Walton ha fatto abbastanza bene, dimostrando buone doti da realizzatore e playmaker sullo short-roll e una discreta presenza a rimbalzo (3.9). Sopra, il dettaglio quando è coinvolto in situazioni di pick&roll – notare anche l’efficacia dei blocchi che porta -; sotto, la sua serata contro i Nuggets, con career high da 17 punti. Come sempre, come per ogni rookie, la difesa è un problema ma le premesse sono buone. Zubac potrebbe davvero essere la risposta alle difficoltà presentate dalla coppia Randle-Nance Jr. Una rotazione a 3 con Randle e Nance Jr sarebbe un mix ben assortito con lampi di potenziale già evidenti, ma nessuno di loro, come per Ingram e Russell, ha dimostrato di essere IL giocatore su cui puntare.

 

Da qui la sensazione, mai confermata, che i Lakers stiano facendo un pensierino al draft 2017, e certamente una scelta in lottery quest’anno fa gola a tante squadre. Se, con così tanto talento già a disposizione, i Lakers dovessero mettere le mani su un giocatore come Lonzo Ball o Markelle Fultz (con Russell spostato in guardia), il loro potenziale diventerebbe enorme. Inoltre, avere già l’allenatore del futuro in Luke Walton sarà un vantaggio anche in fase di adattamento e miglioramento dei giovani. Anzi, parte dei problemi che la squadra sta affrontando sono senza dubbio legati alla difficoltà di implementare un sistema complesso come quello portato dall’ex assistente degli Warriors.

Ma c’è anche l’altra faccia della medaglia: se i Lakers dovessero avere una scelta fuori dalla top3, allora questa scelta finirà ai Philadelphia 76ers. È questo il potenziale limbo in cui è bloccata la squadra, da una parte la necessità di trovare il giocatore intorno a cui costruire, che in questo momento non sembra essere a roster, e dall’altra la possibilità di buttare via un anno di sofferenze e di mugugni dei tifosi senza avere nulla in cambio. Fare del proprio meglio per perdere è negativo in questo contesto, quando già ci sono giocatori che possono essere parte del progetto (i 76ers di Sam Hinkie non perdevano mai di proposito, giocavano alla morte e perdevano per manifesta inferiorità contro chiunque), e comunque i Brooklyn Nets sembrano ormai imprendibili nella corsa all’ultimo posto. Quest’anno, proprio come l’anno scorso, la sensazione è che il giudizio sulla stagione dei Lakers dipenderà dall’esito del sorteggio di maggio. In attesa di tempi migliori, che prima o poi arriveranno.

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