Home 9 Focus 9 Mondiali U19, AJ Dybantsa ruba l’MVP a Mikel Brown Jr.

Mondiali U19, AJ Dybantsa ruba l’MVP a Mikel Brown Jr.

Autore: Paolo Mutarelli
Data: 11 Lug, 2025

Continuiamo la nostra analisi dei Mondiali U19 appena conclusi in Svizzera e, dopo aver passato in rassegna i migliori international capeggiati dal futuro Huskies Hannes Steinbach, valutiamo la cavalcata trionfale di Team USA e un AJ Dybantsa discutibilmente premiato come MVP.

Il furto del MVP

Senza alcuna malizia, possiamo dire che la palma di migliore giocatore ad AJ Dybantsa ha poco a che fare con quanto visto in campo e più col nome portato sul retro della canotta. Il talento più quotato della spedizione americana ha giocato un Mondiale a dir poco al di sotto delle aspettative, scomparendo per ampie fasi del gioco – tranne l’ottimo inizio contro il Canada – sparacchiando dalla lunga distanza (2/18 da tre nel torneo) e dando l’impressione di essere un prodotto tutt’altro che finito. Certo, in transizione era solito mangiarsi il campo in due falcate e le dimensioni sono potenzialmente fuori scala per l’NBA – figuriamoci per il contesto FIBA – ma quanto mostrato in campo porta a chiedersi cosa può portare effettivamente Dybantsa l’anno prossimo a BYU.

A meritarsi l’MVP sarebbe stato invece un altro prospetto cinque stelle, meno chiacchierato dei talenti che sembrano affollare le prime scelte dei Mock Draft 2026 – Darryn Peterson, Cameron Boozer e Nate Ament su tutti. Si tratta di Mikel Brown Jr., perfetto generale per la Louisville tutta esterni e tiro da tre che ha messo su Pat Kelsey. Può giostrare con la palla in mano da creatore principale, essendo una minaccia dal palleggio e mostrando tempismo nell’armare la mano dei compagni, oppure off the ball grazie alla buonissima meccanica di tiro che lo rende pericoloso dall’arco ma anche in uscita dai blocchi. Il tutto condito da un atletismo fuori scala che ci ha regalato uno dei poster più belli della competizione.

Peat & Stokes

Non è una firm di avvocati ma il tandem che si è alternato al posto di 4 nelle partite di Team USA. Koa Peat, capitano e veterano delle giovanili americane al terzo oro mondiale in tre anni, è un’ala grande classica, forte fisicamente e con una mano dolce nei pressi del canestro. Roller di prima qualità partendo da una varietà elevata di blocchi, sarà da capire se, ad Arizona, Jaden Bradley potrà innescarlo con la stessa qualità vista nei Mondiali da parte di Brown. L’idea di poter aprire il campo non c’è, visto che a malapena prende jumper dalla media distanza, figuriamoci tiri da tre, ma coach Tommy Lloyd ha potuto iniziare a lavorare sul perno della sua prossima Arizona.

C’è da dire che si è abbastanza defilato con l’alzarsi della posta in palio, lasciando spazio al prospetto #1 della classe 2026 Tyran Stokes, salito alla ribalta con una prestazione irreale (19 punti, 11 rimbalzi, 10 assist e 7 rubate) contro la povera Giordania. Un altro modo di interpretare la posizione con un gioco più da ala perimetrale, più atletico che fisico rispetto al futuro Wildcats, con una mobilità spiccata che lo porta spesso a prendere in contropiede la difesa già mossa. La sua precisione nei passaggi lo porta a essere un attaccante pericoloso sia quando attira le attenzioni prendendo il centro dell’area, sia in situazioni di alto-basso, oltre a un eventuale sviluppo in situazione di short roll. Al momento ha visitato Kansas, Kentucky e Gonzaga con Louisville nelle retrovie ad attendere sviluppi.

Underclassmen da scoprire

Coach Tommy Lloyd, a capo della spedizione insieme al coach di Texas Tech Grant McCasland, ha pescato fortemente nell’attuale classe di reclutamento dandoci la possibilità di avere le prime impressioni su alcuni talenti che vedremo l’anno prossimo. Se già nel pezzo dedicato agli international avevamo parlato di come Washington avesse fatto jackpot sotto canestro con Steinbach, possiamo continuare a sperticare lodi per coach Danny Sprinkle, che si è aggiudicato il talento di JJ Mandaquit, un playmakerino tascabile che smazza assist e difende forte. Meno forte e meno pronto del suo coetaneo tedesco, Mandaquit però potrebbe essere un valido cambio per una squadra piena di guardie esperte.

Poco spazio, ma quanto basta per farci vedere qualcosa, anche ai freshmen di Duke e Kentucky: Nikolas Khamenia è un’ala tutta da rifinire fisicamente con un tiro già solido e degli sprazzi di visione da assoluto creatore ma sembra partire indietro rispetto a Dame Sarr nelle gerarchie di coach Jon Scheyer. Su Jasper Johnson invece rimaniamo più freddi: ha mostrato una verve dalla lunga distanza invidiabile senza però mostrare l’atletica creatività che l’aveva contraddistinto nell’anno da senior in high school, segno forse di un corpo non ancora maturo per giocare ad alti livelli. In una Kentucky così esperta e profonda potrebbe esserci il rischio di poco spazio per lui?

Daniel Jacobsen sarà invece un perfetto cambio per la coppia di lunghi già solida di Purdue, data da tutti come migliore squadra della prossima stagione. Il centrone di dimensioni spropositate – 221 cm d’altezza – è un punto di riferimento offensivo grazie alla mano morbida, oltre alla ovvia efficacia difensiva. Invece chi sarà titolare con un ruolo fondamentale in una Michigan dal difficile assemblaggio sarà Morez Johnson Jr. che ha confermato le potenzialità da rim runner viste nella sua prima annata ad Illinois.

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