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Monk VS Jackson, scorer a confronto

Autore: Paolo Mutarelli
Data: 9 Feb, 2017

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In un draft 2017 che si prospetta esser dominato da point guard, con Markelle Fultz e Lonzo Ball su tutti, ci sono alcuni giocatori molto interessanti in altre posizioni che potrebbero stuzzicare non poco la fantasia di qualche gm NBA.
Josh Jackson e Malik Monk sono due di questi prospetti e stanno facendo di tutto per scalare i mock dei vari team. I freshmen di Kansas e Kentucky hanno un anno di differenza ma storie simili e sono ora due dei giocatori più ambiti e seguiti dai coaching staff universitari e non.

Monk, classe ’98, è originario dell’Arkansas e il soprannome con cui tutti gli addetti al lavoro della zona lo conoscevano era “God of Dunk”, facile intuire il perchè. A uno straripante atletismo è riuscito però a unire anche una capacità al tiro non indifferente sin dai tempi di East Poinsett County, Lepanto, e di Bentonville High School, dove al secondo anno piazzò un paio di giocate incredibili allo scadere delle partite, anticipando ciò che sta facendo in questi mesi in maglia Wildcats.

Se Monk ha dovuto “solo” fare cinquecento chilometri, Jackson (classe ’97) ha compiuto la sua personale Route 66, trasferendosi dal nativo Michigan alla soleggiata California, compiendo quasi 4000 chilometri di viaggio. Il suo coach alla Profilic Prep di Napa ha raccontato i suoi due modi di essere: “quiet” e riflessivo a casa, dove guarda cartoni animati come Phineas e Ferb e gioca a scacchi, “beast” e competitivo quando è sul parquet.

Vediamo nel particolare le caratteristiche di due ragazzi che a giugno potrebbero sentire presto il loro nome chiamato dal commissioner Adam Silver.

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Attacco

Giocatore Off Rtg TS% eFG% USG% % shots at rim %shots 2pt jump %shots 3pt
Josh Jackson 109.6 54% 53% 28.1% 40.5% 38.4% 21.1%
Malik Monk 123.5 62% 59% 27.8% 20.4% 29.8% 49.7%

Lo usage rate di entrambi è il più alto della squadra anche se usano i loro possessi in maniera molto diversa. Come si vede dalla tabella, c’è un perfetto equilibrio nei tiri che prende Monk: la metà proviene dai tiri da tre, mentre l’altro 50% si divide tra jumpers e tiri al ferro, con preferenza per la prima. E’ un cosiddetto streaky shooter, un tiratore di striscia capace sia di segnare dal palleggio che in situazioni di catch&shoot. Ed è bravissimo nel “mettersi in visione”, cioè nel leggere la linea di penetrazione del compagno e smarcarsi per una tripla comoda e libera.

 

 

 

Come tutti i tiratori, e come tutti i freshman, a volte s’inceppa. Ad esempio è passato nel giro di quattro giorni dall’8/12 da tre contro UNC a un disgraziato 1/9 nel derby contro Louisville. O dal 3/13 contro Tennessee ad un 7/11 con un paio di triple decisive una settimana dopo contro Georgia. Resta comunque, insieme a Bam Adebayo, uno dei pochi a riuscire a segnare continuativamente a difesa schierata, grande problema di Kentucky. Non è mai sceso sotto la doppia cifra in punti, ha scollinato due volte i 30 e una volta i 40, mettendo in mostra una tecnica di tiro compattissima ed efficace e un ottimo ball handling, oltre a un eccellente atletismo. Stiamo quindi parlando di un attaccante da 22 punti con il 41.6 da 3 ma la sua altezza, 193 cm, secondo i canoni NBA non è da elite, anzi, e rischia di essere una red flag in una lega dove Giannis Antetokoumpo gioca point guard.

 

 

Per Josh Jackson, invece, la shot selection è completamente diversa. Non è un tiratore naturale come Monk ma ha atletismo maggiore e quindi va più spesso al ferro, usando una serie non banale di esitazioni e saltando in testa agli avversari grazie ai suoi 203 cm.

 

Il tiro invece è il fattore che per il momento lo distanzia dalla corsa alla pick #1, ma nell’ultimo periodo sembra aver migliorato l’esecuzione. Il problema è dovuto a una meccanica non particolarmente fluida, con un movimento non del tutto corretto per portare la palla sopra la testa, sia che tiri da tre che i liberi. A inizio stagione nel quintetto pesante di coach Bill Self, giocava da 3 e aveva difensori più piccoli che gli lasciavano meno spazio dall’arco che però poteva battere vicino al ferro grazie alla sua altezza. Con lo spostamento da 4, l’inevitabile differenza dei marcatori e la maggiore fiducia, Jackson ora tenta molto di più la soluzione dalla lunga distanza, tanto che nelle ultime settimane sta tirando con il 55%, come ha potuto notare anche Baylor.

 

 

Resta un buonissimo attaccante dal palleggio, capace di arrivare fino al ferro, assorbendo anche i contatti e procurandosi una gran quantità di liberi, che però continua a tirare con percentuali alla DeAndre Jordan: 54%. Stazza e imprevedibilità lo rendono più completo rispetto a Monk ma la mano resta da arrotondare, anche se è indubbio che le cose stiano migliorando.

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Difesa

Nome Def Rtf Defensive Box Plus Minus Defensive Win Shares
Josh Jackson 96.00 5.4 1.4
Malik Monk 101.3 0.8 1.1

Ecco, la difesa è il regno di Jackson. Si contendeva con OG Anunoby la palma del miglior difensore tra gli esterni del prossimo draft ma dopo l’infortunio dell’Hoosier, non ci sono più dubbi. Unisce atletismo, velocità e wingspan, quasi sette piedi, rendendo complicatissima la vita all’avversario di turno perché in grado di punire ogni passaggio pigro o impreciso nel suo raggio d’azione.

 

 

Tende ancora ad essere falloso ma spesso gioca contro avversari più pesanti nei pressi del canestro, riuscendo anche a stopparli. Ha un discreto tempismo in aiuto, sia raddoppiando gli avversari che difendendo il canestro. Statisticamente, è il difensore con più impatto di Kansas, essendo il migliore della squadra in tema giocate decisive in difesa, DFS%, e il terzo nel plus minus difensivo, anche sopra a Lucas.

Qui una giocata da vero leader difensivo dove indica a Mitch Lightfoot dove posizionarsi, segue l’azione e stoppa.

 

Discorso diverso per Monk che viene risparmiato e tutelato in difesa, con coach John Calipari che lo dirotta spesso sull’avversario meno pericoloso, dandogli libertà di intervento sulle linee di passaggio.

 

La velocità per tenere gli scivolamenti difensivi ce l’avrebbe ma, come detto, il suo uso è un altro. A volte, però assume un atteggiamento passivo nelle transizioni difensive, ‘sfruttando’ le caratteristiche dei suoi atletici compagni. Se nel plus minus difensivo è uno dei peggiori, è incredibilmente alto nel DFS%, grazie anche alla stoppata clutch contro Georgia.

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Visione e intangibles

Entrambi sono due sottovalutatissimi passatori. Monk dispone di una buona visione e di una tendenza al passaggio spettacolare, il che lo porta a giocare sul labile confine tra pazzia e genialità.

 

 

Jackson riesce ad essere più funzionale alla squadra, aprendo il campo con passaggi in transizione, con extra pass sia nell’esterno sia chiamando l’aiuto sotto canestro.

Qua mette in mostra tutto il suo repertorio: ball handling, finte, chiama l’aiuto della difesa, scarico con i tempi giusti.

 

 

Inoltre coach Self si affida a lui per scardinare la zona, contando sulle sue abilità di lettore del gioco, della sua mobilità al centro dell’area e dei suoi passaggi.
Jackson fa tante piccole cose che di norma i Gm tendono a segnarsi sul taccuino: 1) tagliafuori, 2) movimenti senza palla 3) legge le situazioni e le sfrutta suo vantaggio.

 

 

 

L’enorme pregio di Monk è l’essere Clutch, con la c maiuscola. Tutti si ricorderanno della partita che lo ha messo sulla mappa, quella contro UNC.

 

Però è passata sottotraccia un’altra prestazione altrettanto clamorosa e decisiva, quella contro Georgia in cui, oltre a piazzare la stoppata che abbiamo già ricordato, ha messo a segno altre quattro giocate decisive tra jumper, triple e assist.

 

 

 

 

Ma anche nelle partite orrende come quella contro Louisville, Monk ha mostrato di essere in grado di esser decisivo mettendo una tripla clamorosa nel finale.

 

In definitiva sono due ottimi giocatori, dal grande potenziale, che stanno rispettando le aspettative in due college importanti con molta pressione addosso. E dopo averli visti uno contro l’altro al college, probabilmente li rivedremo affrontarsi anche al piano di sopra.

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