Home 9 Non categorizzato 9 Tiro da 3 ed esperienza, le chiavi del successo

Tiro da 3 ed esperienza, le chiavi del successo

Autore: Raffaele Fante
Data: 4 Apr, 2018

Sarà l’anno dei dominatori sotto canestro: tra inchieste, licenziamenti e scandali vari, la stagione dell’Ncaa era partita con questa solida certezza. Poi è arrivata Villanova (e non solo).

Il fallimento dei due lunghi

Partiamo da novembre: primo AP preseason poll con Duke alla 1, seguita da Arizona, Michigan State, Kansas e Kentucky. E Villanova alla 6. Jayhawks a parte, erano tutte squadre con due lunghi veri, alcune proprio con due centri come Deandre Ayton e Dusan Ristic di Arizona, altre con un uomo d’area e una PF più o meno perimetrale, da Marvin Bagley a Jaren Jackson a PJ Washington. Troppi i freshmen di talento che occupavano quelle posizioni per ignorarli, con l’aggiunta dei vari Michael Porter e Mo Bamba e senza dimenticare la coppia Tyler Davis-Robert Williams di Texas A&M.

Il trend sembrava quello. Nella finale dell’anno scorso in campo c’erano Gonzaga e North Carolina, con Przemek Karnowski-Johnathan Williams contro Kennedy Meeks-Isaiah Hicks (e Tony Bradley dalla panchina). Per chiarire il concetto, 0%, cioè 0/0 da 3, è stata la percentuale dei tre lunghi di UNC in tutta la scorsa stagione, mentre il centrone polacco degli Zags già aveva tirato di più, 0/1 in 39 partite. Williams era l’unica eccezione con le sue 40 triple tentate, una a partita.

La strada sembrava segnata e, visti i lunghi arrivati quest’anno, ecco spiegate le prime 5 squadre scelte dai giornalisti dell’AP, con Kansas unica pseudo intrusa. Dopo il quadriennio dell’attuale lungo di Cantù Perry Ellis, infatti, Bill Self già l’anno scorso aveva utilizzato una SF come Josh Jackson come finto 4 e quest’anno ha giocato ancora più piccolo, anche se la squadra era stata pensata con Billy Preston (finito in Bosnia) e costruita con un classico centro come Udoka Azubuike.

E arriviamo alla fine. Piccolo recap di come è finito il Torneo per le squadre con due lunghi veri: Arizona fuori al primo turno, Michigan State al secondo turno, Kentucky e Texas A&M alle Sweet 16, Duke alle Elite 8. Alle F4 ci sono arrivate invece due squadre con un centro puro e 4 piccoli attorno come Loyola e Kansas e due con un finto centro che appena può tira da 3.

Il percorso di Villanova

Nel 2016 tutti ricordano The Shot, il tiro da 3 che diede la vittoria in finale a Villanova. Quella di Kris Jenkins era però solo la 14/a tripla della partita. Nel massacro contro Oklahoma in semifinale, sepolta sotto 44 punti di scarto, i Wildcats segnarono 95 punti, due in meno rispetto alla semifinale di quest’anno contro Kansas, con una distribuzione di tiri però completamente diversa: 18 le triple tentate (di cui 11 a segno, con un clamoroso 61%) nel 2016 contro i Sooners, 40 quelle tirate quest’anno contro i Jayhawks, una al minuto contro i soli 25 tiri da due, frantumando record vari a partire dal numero di triple realizzate in una F4 (18). La differenza? Nel primo caso in campo c’era Daniel Ochefu, nel secondo Omari Spellman.

 

Nel 2015/16 quella di Jay Wright era un classica motion offense 4-out 1-in, con la palla che arrivava a un centro come Ochefu che amava partire spalle a canestro e aveva tentato un solo tiro da 3 in tutta la stagione. L’attacco della stagione 2017-2018 è stato di fatto un five out, perché Spellman non solo ama stare dietro l’arco, ma è anche uno dei Wildcats che tira meglio da 3 (43.3%). E, in occasione della semifinale, anche quello che ha tirato di più (9 triple tentate). In finale Nova si è fermata a 27, poco sotto la sua media annuale di 28.95 tiri da 3 tentati a partita, ma quest’anno il college ha stabilito il nuovo record per l’Ncaa di 464 triple a segno in una stagione. Può piacere o meno, ma se hai 4 giocatori sopra il 40% e due appena sotto, la strada è questa.

Il precursore Beilein

John Beilein è considerato da anni “one of the best X and O guys in the business“. Il coach di Michigan una qual certa esperienza ce l’ha, visto che ha iniziato ad allenare alla Newfane High School nel 1975. Passato alla LeMoyne HS, un liceo gesuita di Syracuse, nella stagione 1986-87 ha deciso di cambiare l’assetto della sua squadra: fuori un lungo, dentro un altro play e spostamento in ala forte di un giocatore di 193 cm. Ecco come ha avuto inizio il sistema chiamato ‘two guards’, che altro non è che un’impostazione molto comune nel college basketball con 4 giocatori fuori dall’area, che si basa su contropiede, tiro da 3, tagli e blocchi continui. E, soprattutto, selflessness, cioè altruismo: ‘Even if every player won’t be shooting the ball on every possession, each will be touching it’.

Dal 2007 è arrivato ad Ann Arbor. L’anno scorso è diventato il più vincente coach della storia dell’ateneo, quest’anno ha chiuso con il record storico di 33-8 e la prima vittoria in back to back nel torneo della Big Ten. Che tipo di giocatori ha avuto a Michigan? Guardie meravigliose e grandi realizzatori, come Nik Stauskas, Caris LeVert, Trey Burke, Tim Hardaway Jr, Glenn Robinson, ecc. Ecco, sui lunghi l’elenco è un po’ diverso: DeShawn Sims, classico centro Ncaa da 203 cm, è il primo di una serie non esaltante, proseguita con altri giocatori dal talento simile, come Jon Horford, il fratello scarso di Al, e con l’unica eccezione di Mitch McGary, con cui arrivò alla finale del 2013.

Chiuso quel ciclo, Michigan il centro se l’è proprio dimenticato: Mark Donnal è finito prima in panchina e poi a Clemson dopo che Beilein ha usato l’anno scorso due stretch four come DJ Wilson e Mo Wagner e quest’anno solo il tedesco, con un finto lungo di due metri come Isaiah Livers in quintetto da teorica PF. E Michigan è stata una delle 7 squadre della DI ad aver tirato più di 1000 triple in stagione.

Il fattore che non cambia

In finale sono arrivate quindi due squadre con centri che tirano entrambi circa 4 volte da 3 ogni partita, una novità assoluta. Se c’è invece un requisito sempre determinante per fare strada al Torneo, che anche quest’anno ha trovato conferma, è il fattore esperienza. A parte due eccezioni (Duke nel 2015 e Kentucky nel 2012), dall’anno in cui l’Nba ha introdotto il limite per l’accesso al draft dei 19 anni, cioè dal 2006/7, le squadre che hanno vinto il titolo non avevano in quintetto one and done, altrimenti detti freshman dal grande talento di passaggio per un anno in Ncaa con destinazione Nba. Kentucky nel 2014 aveva un quintetto di soli freshman e perse la finale contro Uconn guidata dai due senior come Shabazz Napier e Ryan Boatright.

Tre i freshman in quintetto nelle F4 nel 2018: Isaiah Livers, Cameron Krutwig e Omari Spellman. Se prendiamo i primi sei realizzatori delle 4 squadre presenti alle F4, ecco cosa viene fuori: 9 junior, 7 senior, 4 sophomore e 4 freshmen. L’unico presente nei primi 4 realizzatori di una squadra è Omari Spellman, peraltro un redshirt freshman, cioè un giocatore al secondo anno accademico. Restando a Villanova, nel 2016 i freshman Jalen Brunson e Mikal Bridges erano già importanti ma le star erano i vari Josh Hart e Kris Jenkins (junior) e Ryan Arcidiacono e Daniel Ochefu (senior).

Chi ha reclutato in maggior quantità one and done negli ultimi anni? Duke e Kentucky e, dal 2015, il loro destino è lo stesso: una eliminazione al secondo turno, una alle Sweet16 e una alle Elite8, anche se in anni diversi. Ci riproveranno ancora l’anno prossimo, prima però dovranno sperare che Villanova non si ripresenti con la stessa squadra.

Articoli correlati

Finale Ncaa, la parola ai protagonisti

Dopo una finale così emozionante decisa da un tiro allo scadere è normale che le reazioni dei protagonisti che l’hanno Leggi tutto

Italia-Arcidiacono, c’è ancora da aspettare
Ryan Arcidiacono (Villanova)

Un ragazzo “con il dna del leader”, da prendere “a prescindere dal passaporto” perchè può diventare “un giocatore da medio-alta Leggi tutto

Villanova, una questione di tradizione
Novanation

“This is Villanova basketball”: a sentire un’intervista di coach Jay Wright o di qualsiasi giocatore del roster dei Wildcats, ritroverete Leggi tutto

Niente Arizona, Ferguson va all’estero

Terrance Ferguson saluta Arizona e decide di "parcheggiarsi" per un anno in una squadra di professionisti in Australia. "Terrance mi Leggi tutto

Nozze tra Under Armour e UCLA
Under Armour UCLA

La lotta delle sponsorizzazioni sportive legate al basket americano continua senza esclusione di colpi. Mentre gli analisti (non quelli sportivi, Leggi tutto