Coach K arriva per la 13/a volta alle Final Four al termine di una partita più semplice di quanto si aspettasse. Duke non ripete gli errori di Gonzaga e batte facilmente Arkansas grazie a un’ottima prova di squadra. Villanova vince la battaglia a punteggio bassissimo contro Houston ma perde Justin Moore per un brutto infortunio nel finale.
#2 Duke – #4 Arkansas 78-69
#2 Villanova – #5 Houston 50-44
L’ultimo giro di coach K
E’ giusto così, ma non tanto per dare ragione allo sceneggiatore hollywoodiano che ha scritto la pagina finale della carriera di Mike Krzyzewski ma per quanto si è visto sul campo. Duke va alle Final Four perché nel corso del torneo è diventata una squadra vera e non solo un simpatico gruppo di talenti Nba e ha dominato Arkansas ben più di quanto dica il punteggio finale con il divario sotto la doppia cifra.
In un Torneo con poco senso, ha molto senso la presenza dei Blue Devils a New Orleans perché hanno giocato dalla prima all’ultima partita con testa e cuore, sfruttando tutti i loro punti di forza anche contro i Razorbacks, cioè facendo l’opposto di quanto aveva fatto Gonzaga. Non basta la difesa di coach Eric Musselman che questa volta non contiene i lunghi avversari e l’attacco è ancora una volta poca cosa, a maggior ragione in una serata da soli 14 punti per JD Notae. Impossibile per Arkansas vincere con una partita normale del suo leader, possibile invece per Duke vincere con una partita normale di Paolo Banchero (16 punti con 4/11 al tiro e 7 rimbalzi), perché coach K ha molte altre alternative in attacco.
Per esempio AJ Griffin, miglior marcatore dei suoi con 18 punti, preciso dall’arco e troppo più grosso dei piccoli di Musselman
Ma tutti gli uomini di coach K scesi in campo hanno fatto il loro dovere in una partita che Duke ha preso in mano alla fine del primo tempo con un parziale di 8-0 che li ha portati all’intervallo sul +12. Solo in un’occasione Arkansas è tornata a -5 ma, dopo un time out, palla a Banchero in post basso e due facili, palla a AJ Griffin per altri due facili in penetrazione. E addio Razorbacks, comunque alla loro seconda Elite Eight consecutiva e comunque autori di un torneo assolutamente al di sopra delle aspettative.
Giocherà la sua 13/a Final Four invece coach K, che andrà a caccia del suo sesto titolo per chiudere nel migliore dei modi una carriera stellare durata 45 anni sulle panchine del college basket, di cui 42 a Duke. La sua squadra ha fatto quello che tante big non sono riuscite a fare in questo Torneo: è cresciuta e ha giocato sempre meglio turno dopo turno. E ora non può che essere la favorita per il titolo.
Villanova torna alle Final Four ma con un finale dolceamaro
Qualche giorno fa il giornalista Rob Dauster aveva intravisto delle similitudini fra la Villanova di quest’anno e quella che vinse il titolo nel 2016: entrambe squadre senza superstar snobbate troppo in fretta durante la non-conference per via di un brutto scivolone (allora Oklahoma, stavolta la doppietta Baylor-Creighton), ma poi salite inesorabilmente di livello proprio con l’avvicinarsi del clou della stagione. I paralleli non finiscono qui: sei anni fa i Cats vinsero una gara di Elite Eight con Kansas sconsigliata a chi ama gli attacchi frizzanti, ma incredibilmente avvincente. Stavolta con Houston (squadra che presto raggiungerà KU nella Big 12) è successa sostanzialmente la stessa cosa.
Fra i capolavori di coach Jay Wright metteteci pure il fatto che Villanova è l’unica squadra del pianeta capace di attirare lodi per una prestazione offensiva anche quando mette insieme il 28.8% dal campo. Tanti tiri non sono entrati, ma prenderne parecchi di buoni o perfino ottimi contro la difesa di Houston, asfissiante per antonomasia, già dice tanto della marzialità con la quale i Cats approcciano ogni partita, specie quelle che contano. Il marchio di fabbrica che contraddistingue da anni i giocatori di Nova, ossia l’uso di finte eseguite in maniera perfetta per muovere il difensore o strappare falli, ha funzionato così bene e così a lungo da fare la differenza (15 liberi conquistati e 15 messi a segno).
I Cougars hanno abboccato spesso, ma non per tutta la partita – bravo Taze Moore, 15 punti e 10 rimbalzi, a dare l’esempio in crunch time – e questo li ha aiutati nella seconda metà della ripresa a rimanere in scia abbastanza da mettere in forse la gara praticamente fino alla fine. Gara che Villanova aveva inaugurato in maniera perfetta e poi condotto nel punteggio ininterrottamente. Altro film visto e rivisto durante questa March Madness, insieme alla difesa ultra organizzata dei Cats, un loro ottimo bottino di rimbalzi offensivi e un Jermaine Samuels MVP di serata (16 punti, 10 rimbalzi e un canestro pesantissimo a 1:07 dalla fine).
Tutto bene, tutto perfetto? No. Il finale è stato pieno di sentimenti contrastanti per via del brutto infortunio capitato a Justin Moore. Mentre scriviamo, siamo in attesa di notizie ufficiali ma è virtualmente certo che non ci sarà alle Final Four. Una tegola tremenda per una squadra che ruota appena sei giocatori. La tentazione forte sarebbe quella di dire che le speranze di titolo di Villanova muoiono qui. Ma i Cats hanno sette vite.
Unfortunately clear right Achilles tendon rupture by video for #JustinMoore. Too bad. @NovaMBB will head to Final Four without him. Full details posting at https://t.co/LlUJEOni8A pic.twitter.com/jLfvsVQrIM
— David J. Chao – ProFootballDoc (@ProFootballDoc) March 27, 2022