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Minaya lancia South Carolina: siamo pronti

Autore: Claudio Pavesi
Data: 22 Ago, 2018

È stata la più grande sorpresa della scorsa stagione di South Carolina. E pensare che Justin Minaya era stato snobbato da molti scout, pur provenendo da una famiglia nota nel mondo sportivo. L’ala con mentalità newyorkese e sangue dominicano, nella cui nazionale ha già debuttato, è tra quelli passati a Vicenza per giocare con la NCAA East Coast Selection nel corso del College Basketball Tour. BasketballNcaa lo ha incontrato per parlare, tra le altre cose, di come i ranking dei giocatori liceali non siano sempre affidabili.

Justin, già nel tuo anno da freshman hai avuto un grande impatto, più di quanti molti si aspettassero.

Ho grande fiducia in me stesso. Non ero molto quotato nei ranking, ma mi sono trovato in un’ottima situazione, in un ambiente giusto per me e ho finito per giocare bene.

Justin Minaya - South Carolina

Justin Minaya – South Carolina

I ranking sui liceali hanno tante ombre quante luci. Anche Chuck Martin, che ha seguito il tuo recruitment, ha sempre lodato le tue abilità, specificando come secondo lui fosse impossibile non ritenerti più quotato dai media.

I ranking sono solo l’opinione di qualcuno. Per non parlare del fatto che il sistema di gioco NCAA è completamente diverso da quello liceale. La differenza la fa la squadra in cui vai a giocare.

South Carolina è passata dall’apparizione alle Final 4 a un’annata mediocre. Come ti prepari alla prossima stagione?

Sono fiducioso. Abbiamo una squadra molto giovane, in cui sei o sette ragazzi sono praticamente privi di esperienza NCAA, affiancati da altri che conoscono bene questo mondo come Maik Kotsar e Chris Silva. Il mio obiettivo è seguire l’esempio dei compagni più esperti e dare il mio contributo dal punto di vista della leadership grazie all’esperienza dell’anno scorso.

A proposito di esperienza. Sul campo sembri un giocatore più maturo della tua età. L’esperienza con la nazionale dominicana ti ha aiutato?

Mi piace moltissimo giocare per la Repubblica Dominicana, è un’esperienza fantastica. Mi aiuta tecnicamente, perché mi permette di confrontarmi con giocatori più grandi ed esperti di me e mi permette di competere con le regole FIBA. Inoltre posso viaggiare in tutto il mondo e così sono anche più conosciuto come giocatore.

 

Negli ultimi anni tanti talenti hanno rinunciato alle competizioni internazionali per concentrarsi sulle stagioni NCAA o NBA, uno fra tutti Karl-Anthony Towns, proprio con la nazionale dominicana. Tu accetteresti la chiamata per un Mondiale o altre competizioni?

Accetterei la chiamata, al 100%. Quest’anno sono venuto qui in Italia perché mi sembrava la situazione più adatta per coniugare basket e impegni scolastici ma in futuro, se l’occasione dovesse presentarsi, sarò sempre pronto a rappresentare la Repubblica Dominicana.

Tuo padre fa parte dello staff dei New York Mets nella MLB, squadra di cui è stato anche GM. Com’è stato crescere in una casa in cui lo scouting e lo sport sono l’argomento principale?

Sicuramente è una situazione particolare e diversa dal solito. L’ho capito solo più tardi perché, essendo cresciuto con lui, per me il suo lavoro era la normalità assoluta. È una questione di abitudine. Non a caso ho iniziato a giocare a baseball e ho cambiato sport piuttosto tardi, solo al secondo anno di liceo.

Justin Minaya e suo padre Omar

Justin Minaya e suo padre Omar

Praticamente hai cominciato da pochissimo. Ti piaceva di più il baseball?

Sì, decisamente. Il baseball mi piace tutt’ora, ma il basket ha qualcosa in più.

Il tuo migliore amico è Jordan Fuller, safety della squadra di football di Ohio State. Suo fratello gioca in NFL, sua mamma è una cantante professionista, suo zio è il comico e attore Sinbad. Qualche storia divertente da raccontare?

Impossibile sceglierne una. Crescere con Jordan è stato divertente. Considera che il nostro liceo non era noto per avere tanti atleti di successo quindi ci conoscevano tutti, e per noi è stato particolarmente bello poter arrivare ad altissimi livelli collegiali, peraltro assieme. Ci siamo sempre allenati assieme, motivati l’un l’altro, e continuiamo a farlo, quindi siamo molto felici del nostro percorso.

Sui social sei un portabandiera del #TheSugMovement, che si trova praticamente in ogni tuo post. Puoi spiegare cos’è?

È il mio modo di ricordare mio zio. Ci ha lasciato ormai quasi quattro anni fa e gli ero molto legato. È stato lui a farmi avvicinare al basket, a insegnarmi a prendere in mano un pallone e a tirare.

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