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Ayayi e Petrušev, il futuro degli EuroZags

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 22 Set, 2018

«Scusa, ma devo andare a vedere come tirano questi ragazzi». Anche questo fa parte del mestiere, ovvio. Affabile, alla mano, Tommy Lloyd saluta con questa frase dopo una breve chiacchierata nella hall dell’Arena Riga, fra una partita e l’altra dell’ultima giornata degli Europei U18. La finale per il terzo posto sta per cominciare e l’assistant coach di Gonzaga, artefice del recruiting internazionale a Spokane, vuole dare un’occhiata alla tecnica di tiro di francesi e russi durante il riscaldamento. Non prima, però, di lasciarci con un augurio per il suo Joël Ayayi: «Fin qui ha fatto un bel torneo e, se tutto va bene, oggi finirà alla grande e si prenderà una medaglia».

La combo guard era stato il trascinatore di una Francia atletica e talentuosa ma proprio il giorno prima, nella semifinale con la Serbia, era incappato in una giornata davvero storta: appena 6 punti in 17 minuti in un incontro dominato dai rivali sin dall’inizio. Il derby di marca Zags con Filip Petrušev era stato un po’ deludente, in effetti, visto che neppure il lungo aveva vissuto la sua giornata più brillante, pur avendo talento più che a sufficienza per rendersi comunque utile alla causa in qualche misura (7 punti, 9 rimbalzi e 6 assist, ma anche 6 perse).

Mai davvero in partita Joël, eppure imperturbabile, sempre. Il suo linguaggio del corpo, al pari del tipo di scelte fatte, tende a lasciare pochi dubbi: c’è un perenne senso di calma, di controllo, che il francese trasmette col suo modo di stare in campo. Insomma, era difficile osservarlo senza andare a pensare “questo qui domani si rifà, eccome”.

Il domani poi arriva e, all’inizio, nulla sembra cambiare rispetto al giorno precedente. All’intervallo lungo, le cose continuano a non girare. La Russia è sopra di 12 e Ayayi è a 0/5 dal campo. È solo questione di tempo, però, perché Joël è paziente e aspetta che la partita vada da lui. In poco più d’un minuto, infila un floater – suo marchio di fabbrica, letale e delizioso – poi un altro e infine una tripla dal palleggio da otto metri. Nel terzo quarto si scalda sempre di più fino a diventare bollente e finisce per guidare la rimonta che vale il bronzo. Il suo tabellino personale riporta 22 punti (8/20 dal campo, 5/6 ai liberi), di cui 20 segnati nella ripresa. Un killer.

«Ha un grande QI cestistico, capisce veramente bene il gioco. Ha una gran capacità di segnare nei momenti importanti. Ha bisogno del fattore competizione per dare il meglio di sé. Quando il livello di stress della partita si alza, il livello di stimolo è alto e sa rispondere. Riesce a mantenere la calma, è un ragazzo piuttosto intelligente, sveglio, che ragiona. Può commettere degli errori, ma non esagera mai». Mehdy Mary, uno dei vice dello staff francese, ce lo racconta così, inquadrandolo nei suoi punti più essenziali.

Ayayi, arrivato l’anno scorso e in maniera prematura (per età) a Gonzaga, potrà finalmente assaggiare i campi della Division I dopo tanto lavoro in palestra: «Penso che in cuor suo volesse giocare ma, quando è arrivato e ha iniziato ad allenarsi tutti i giorni, credo che abbia capito di avere tanta strada da fare», dice Lloyd. «Joël era abituato a essere uno dei più atletici in campo: quando è arrivato, era uno dei meno atletici. Aveva solo 17 anni, di solito i nostri giocatori al primo anno ne hanno 18 o 19, quindi aveva bisogno di un altro anno per diventare più forte fisicamente».

Col grad transfer Geno Crandall che dovrebbe riuscire a entrare ufficialmente nei ranghi per l’inizio di ottobre, Ayayi è proiettato come quarta guardia nelle rotazioni, dietro a Josh Perkins, Zach Norvell e, appunto, l’ex North Dakota. I minuti non saranno presumibilmente tantissimi, ma guai a sottovalutarlo se si dovesse ritrovare in campo in frangenti delicati. Sia per le sue doti che per la composizione del roster, nulla vieta di pensare che quest’anno di apprendistato sul campo lo proietterà poi verso un ruolo da protagonista nella stagione da sophomore.

Il miglior quintetto degli Europei U18. Da sinistra: Filip Petrušev, Marco Pecarski, Artūrs Žagars, Joël Ayayi, Nikita Mikhailovskii.

Parlando di sangue freddo e capacità d’incidere sotto pressione, anche Petrušev ha dato buona prova di sé. Come Ayayi, è stato inserito nel miglior quintetto del torneo e, nella finalissima, ha dominato l’area (29 punti, 8 rimbalzi) insieme al compagno di sempre in nazionale, Marko Pecarski, incoronato come MVP della manifestazione. Il tutto in un’atmosfera fantastica, contro i padroni di casa della Lettonia spinti dagli 11.000 (UNDICIMILA) paganti dell’Arena Riga. Non proprio il classico contorno soporifero da Europeo under.

Terzo nel torneo sia per media punti (21) che per rimbalzi (8.7), ha un tiro da tre nettamente migliore rispetto a quanto si potrebbe pensare se lo si giudicasse solo in base a questo Europeo (una sola tripla presa nelle sette partite disputate). Quando riceve il pallone intorno al perimetro, è complicato da fronteggiare: non è fulmineo ma molto mobile dall’alto dei suoi 210 cm d’altezza, può lasciare partire il tiro così come mettere palla a terra, liberare il jumper dalla media o sfruttare l’ottima visione di gioco e le doti di passatore per innescare i compagni.

In effetti, c’è ben poco che non sappia fare sul rettangolo di gioco: abilità altissima nel prendere posizione vicino canestro, piedi da ballerino, movimenti in post diventati via via più efficaci col tempo, tocco morbido, capacità di riconoscere istantaneamente i mismatch e volgerli a proprio favore. Un repertorio vasto e in espansione, grazie anche all’anno con Montverde che gli ha permesso di aggiungere qualcosa sulle solide basi date dalle radici europee, come raccontato di recente a Gigantes: «Negli Stati Uniti [lo stile] è più fisico, più atletico, è diverso. Poter mescolare i due [stili] aiuta moltissimo. Ora me ne rendo conto. […] I giocatori alti fanno bene a Gonzaga e questa è una delle cose per le quali l’ho scelta. Quando ho visitato Gonzaga, ho visto cosa fa lo staff tecnico con questi giocatori, come li utilizza. Lo stile somiglia un po’ a quello europeo, anche questo mi aiuterà molto. Mi aspetto grandi cose».

Non difetta di doti anche nella propria metà campo, ma in quanto a verticalità e forza fisica appare indietro rispetto a molti pari ruolo nel tipo di basket che lo attende. Insomma, potrebbe e dovrebbe soffrire sul piano atletico contro alcuni avversari ma, pur da freshman, le capacità per farsi valere da subito non mancano, così come il tempo e gli esempi giusti (un certo Killian Tillie) per lavorare nella direzione necessaria.

Attorno a Gonzaga, gli occhi sono tutti rivolti all’oggi, a una squadra dichiaratamente da Final Four. Indipendentemente da come andrà a finire, ci sono diversi giocatori all’ultimo atto a Spokane, fra lauree imminenti e candidature al Draft 2019. Per il futuro, però, non c’è di che preoccuparsi: a casa di Mark Few, la tradizione europea è come sempre in ottime mani.

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