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Giorgia Gorini, l’europea Ball State e il coraggio di partire

Autore: Isabella Agostinelli
Data: 30 Ott, 2025

Costa Masnaga è diventato un nome ricorrente in questa estate. É dove Eleonora Villa e la sua gemella Matilde hanno iniziato la loro carriera, è il posto dove Fiamma Serra è andata per trovare l’America ed è la squadra dove Giorgia Gorini passava il tempo a studiare le giocatrici più grandi e capire cosa poteva rubare per migliorare il suo gioco. L’America è stata una scelta veloce per la guardia ligure classe 2007 che si è detta “ora o mai più” e ha trovato in Illinois, più precisamente a Ball State, una piccola enclave di basket europeo. Ecco cosa ci ha raccontato.

A Costa Masnaga eri la giocatrice più giovane del roster, cosa ti porti dall’esperienza in A2?

É stata molto utile sia dal punto di vista personale che tecnico, sono riuscita ad affacciarmi ad un mondo senior sin da piccola. É molto importante cercare di giocare a quel livello, possono portarti a scuola in qualsiasi momento e tu devi cercare di stare al passo con loro. Ho avuto la fortuna di avere delle senior molto brave che a volte mi facevano da mamma, mi coccolavano. Sono una persona che osserva molto e riesco ad assimilare tanto dalle persone che ho davanti. Ad esempio marcare una senior esperta mi ha aiutato tanto a crescere, capivo tante cose che faceva e cercavo di riprodurle anch’io.

Come mai la scelta di andare in USA nonostante una carriera già avviata in Italia?

É stata una decisione molto veloce, anche il percorso è stato molto rapido e intenso. Ho scelto di andare negli Stati Uniti semplicemente perché ho fame di esperienza nella vita ed è una delle cose che volevo fare. Se non l’avessi fatta adesso, non l’avrei mai fatta. Posticipando le cose e diventando sempre più grandi, hai sempre più cose da fare, ti perdi e non riesci a fare quello che vuoi fare. Questo è un motivo, volevo conoscere una nuova cultura. Parto dal presupposto che mi piace molto di più il basket europeo rispetto a quello americano, perché sono una giocatrice più adatta a quel tipo di pallacanestro. Mi sento più utile lì, non ho tante skill di 1vs1, gestisco più il gioco. Mi incuriosiva molto capire se questa cultura dello sport, queste “americanate” dello sport, fossero vere o sono solo cose che si vedono dei film. Sono assolutamente vere.

Volevo fare un’altra esperienza di vita molto utile che mi farà crescere tantissimo dopo quella di Costa. Avevo voglia di cambiare, mi stanco a stare nello stesso posto per tanto tempo. Volevo conoscere nuove persone. Soprattutto per il fatto che qui essendoci una cultura dello sport molto più sentita, anche a livello di studio è molto più facile. Ci sono tante persone che ti seguono, che ti fanno il tuo programma delle giornate dove cercano di far combaciare allenamenti – che hanno la priorità – e lo studio. In Italia è ribaltata al contrario, si può fare, ma è molto difficile studiare e giocare ad alto livello. Alle università italiane non gli interessa nulla se tu giochi a basket, al coach non gli interessa nulla che vai all’università e io volevo portare avanti entrambi. Questa scelta mi consente di fare due cose nei migliori dei modi.

Parlaci un po’ del processo di recruiting, hai mandato i tuoi video o ti hanno contattata loro?

Devo dire che ho scelto definitivamente di andare negli USA a ottobre 2024 e poi da lì con il mio procuratore abbiamo fatto dei video con gli highlights delle partite. Abbiamo girato questi video attraverso un’agenzia a vari college in America e poi sono stati i college che hanno mandato la richiesta di parlare con me. Inizialmente tu parli con l’assistente allenatore che ti spiega i loro obiettivi, come si compone il gioco, cosa vogliono fare, ti spiega anche delle cose burocratiche da fare. Se sono interessati, le chiamate continuano ad arrivare e, se sono tanto interessati, arriva il capo allenatore che ti offre la borsa di studio e a quel punto devi semplicemente scegliere. Ball State mi ha colpito fin dall’inizio, era quello che cercavo. Appena me l’hanno offerta, ho firmato tre/quattro giorni dopo.

Cosa ti ha convinto della proposta di Ball State?

Mi ha convinto tutto! Mi hanno fatto una super impressione, mi ha chiamato la vice allenatrice più di una volta. Avevo paura di andare in America e trovare una squadra che aveva un gioco lontano dalle mie caratteristiche, non mi piace andare 1 contro 1, a Ball State invece volevano creare un gioco di squadra. A livello tattico gli piace pressare tanto in difesa e altre cose che vanno in linea con il mio pensiero. Può essere banale, ma un’altra cosa che mi ha convinto ad andare lì è stata una risposta che mi hanno dato. Gli ho chiesto cosa dovevo migliorare e gli ho detto cosa ero in grado di fare e mi hanno dato esattamente la risposta che mi aspettavo, mi hanno fotografato bene e mi hanno visto veramente in quello che so fare e le cose che non so fare. Cose che sapevo, ma mi ha fatto capire che mi avevano guardato e ci tenevano a me come persona, mi ha colpito molto e mi ha convinto di andare lì. In più anche il coach è lì da tanti anni e ha creato un programma di livello.

Sei negli Usa da circa un paio di mesi, che realtà hai trovato rispetto alle tue aspettative?

Guardando anche i film, i video, le foto, la realtà è stata molto simile alle aspettative che avevo. Una cosa che mi ha sconvolto tanto – in positivo – sono stati gli enormi spazi che hanno qua, le palestre. Sono una cosa che in Italia non abbiamo. Ma anche le tantissime opportunità che i ragazzi hanno per fare sport: cinque campi da basket, una palestra enorme, un campo da calcio, ci sono tante cose anche per gli studenti regular che nel loro tempo libero possono fare quello che vogliono. Qui ci sono un sacco di persone che ti seguono, cosa assolutamente bellissima perché hai una rete di supporto ma, essendo io abituata in Italia ad essere seguita zero e a dover fare tutto da sola, mi sembra molto ridicola come cosa. Banalmente ti organizzano le giornate, ad esempio noi del primo anno nel primo semestre siamo obbligate ad andare in questa aula studio dove abbiamo dei tutor che ci seguono e sono cose strane. Sono sempre stata abituata a farmi le cose da sola fin da piccola e mi sembra surreale. Però ora capisco quanto sia utile perché ti toglie tanto peso addosso e ti concentri solamente nel fare le cose, senza avere la fatica dell’organizzazione e di trovare le risposte da solo.

Le Cardinals sono molto attive sui social, come funziona il coinvolgimento di voi atlete?

Qua sono molto attivi sui social ed è una cosa alla quale non ero abituata. É molto divertente. All’inizio c’era la social media manager che è molto carina e simpatica e c’è sempre ad ogni allenamento. Spesso ci ferma, ci fa delle domande e ci punta la telecamera addosso dopo l’allenamento e ci chiede cose. Ovviamente non ero abituata a questo (ride), all’inizio era un po’ traumatico – anche adesso in realtà – ma è divertente. Fa tipo degli indovinelli e per me che ancora non so benissimo l’inglese è abbastanza difficile capirla al volo. Le devi dare subito una risposta, si crea un ambiente molto giocoso quando c’è di mezzo lei. A noi tutte ci piace rivedere i video che lei monta degli allenamenti e le foto che fa.

Siete una squadra per metà composta da atlete europee, quanto ti aiutato nel tuo inserimento?

La nostra squadra è composta da sei europee e sette americane ed è stata una cosa molto bella che mi ha aiutato un sacco, soprattutto all’inizio. Siamo cinque freshmen europee, tutte nella stessa situazione ed è stato utile perché ci siamo legate molto e ci siamo date forza a vicenda. Ognuna veniva da un paese diverso, cultura diversa e si è dovuta ambientare in poco tempo e siamo riuscite a farlo velocemente. Ci ha anche reso più squadra. L’aspetto più europeo del nostro gioco è condividere il pallone che va insieme ad avere un ritmo molto veloce. Dobbiamo muovere la palla perché il basket americano è molto di 1 contro 1, era una cosa che mi spaventava perché io sono abituata più ad un gioco condiviso. Credo che anche il coach ci abbia scelto per questo motivo.

Gorini-Ball-State

Da sx a dx, Tessa Towers, Giorgia Gorini e Alba Caballero

Lo scorso anno Ball State ha vinto la MAC, quali sono gli obiettivi di questa stagione e quanta pressione c’è su di voi?

Vogliamo vincere la MAC e arrivare alla March Madness. Non sento pressione ad oggi, forse ad inizio stagione si, ma non te lo so dire. Non si pensa tanto alla scorsa stagione, era una squadra completamente diversa, molto strutturata. C’erano sei senior che sono andate via, mentre ora siamo subentrate in sei nuove. Abbiamo bisogno di tempo per capirci, conoscerci e creare il nostro flow del gioco per giocare nel modo migliore. Il mese e mezzo di preparazione non basta per arrivarci, ma è un progetto che sto vedendo durante gli allenamenti che cresce. Sono molto positiva per questa stagione, senza alcuna pressione.

Quale sarà il tuo ruolo in squadra?

Fin dalle prime chiamate, il coach ci ha tenuto a spiegarmi che vuole sempre avere un gioco molto veloce in campo e per questo motivo vuole avere delle combo guard per portare la palla più velocemente possibile nell’altra metà campo. Il mio ruolo sarà quello di alternarmi tra playmaker e guardia in modo da riuscire ad essere il più versatile possibile e giocare sia da playmaker che a fianco a un’altra playmaker.

Quali invece i tuoi obiettivi personali?

A livello tecnico voglio costruire una maggiore fiducia nell’1 contro 1, sono una persona che tende a guardare prima il passaggio piuttosto che il tiro. Voglio migliorare questo aspetto tattico, così come migliorare la fisicità e la resistenza che metto in campo. Fare 40 minuti in campo della partita senza morire a metà. A livello di esperienza di vita, i miei obiettivi è vivermela al meglio senza pensare troppo perché purtroppo a volte lo faccio e mi limita a vivere l’esperienze. Voglio godermi questa esperienza a 360°, sia a livello di basket ma anche a livello personale. Voglio migliorare il mio inglese e cercare di capire la cultura americana e adeguarmi. Sto cercando di vivermela nella maniera più leggera possibile, è un tipo di esperienza che si può fare solo adesso, a quest’età, ed è fantastica.

Il tuo coach presentandoti alla stampa ti ha descritto come “intelligente, versatile e coraggiosa”, ti ci rivedi in questo ritratto?

Mi ci rivedo in quello che ha detto. A livello di intelligenza in campo, mi reputo una persona abbastanza smart, perché sono abituata fin da piccola a fare la playmaker. Ho acquisito una visione di gioco buona e quindi riesco a leggere situazioni diverse, oppure quando devo chiamare un gioco cerco non solo di chiamarli ma anche di chiamarli con una logica e per una determinata giocatrice che può essere la tiratrice, la lunga o l’ala che va in isolamento. Cerco di creare un senso a quello che si sta facendo. Sono versatile per via del ruolo di combo guard, non sono minuta per essere una guardia, devo solo avere una maggiore fiducia nell’1 contro 1. Coraggiosa non so dove l’abbia visto il coach, mi reputo coraggiosa perché mi sono buttata in questa avventura da sola. Tutto il processo è durato più di un anno ed è stato molto veloce e rapido, già in passato a 14 anni ero andato via di casa per andare a Costa Masnaga. Ho sempre cercato di essere più indipendente possibile e farmi le mie esperienza senza paura.

Seguivi il college basket prima di accettare la proposta delle Cardinals?

Sarò molto breve, no. Non l’avevo mai seguito perché l’idea è nata al volo, un anno fa. C’erano delle cose positive e altre no. Ma era una bella esperienza e ho preso la palla al balzo.

Quale squadra o quale giocatrice ti piacerebbe affrontare?

Vorrei giocare contro le squadre delle mie vecchie compagne di squadra per rivederle, vedere come si trovano e vedere i progressi che hanno fatto, sicuramente saranno migliorate. Poi in futuro vorrei giocare contro le top della nazione come UConn, vorrei capire anche lì al di la dello schermo quanto realmente siano intense queste squadre così forti. C’è questa mia curiosità.

Capitolo NIL: quanto ha influito questa opportunità sulla tua scelta di andare in USA?

Sicuramente il NIL ha influenzato zero la mia scelta di andare in America. Ovvio che se hai l’opportunità ti fa guadagnare abbastanza, però non è per niente stato il mio pensiero e non è stato in generale nei miei pensieri. L’ho puramente scelta per fare una nuova esperienza e pura curiosità personale. Non ha assolutamente influito.

Sei in contatto con le altre ragazze italiane?

Si, sicuramente con Fiamma Serra e Matilde Motta che giocavano insieme a me a Costa. É molto divertente perché facciamo queste chiamate a tre dove ci raccontiamo gli allenamenti, la scuola, delle varie culture che ci sono lì nei nostri diversi stati americani. Troviamo tanto conforto, specialmente nei primi giorni. Ora invece è diventato più un divertimento, un raccontarci le giornate.

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