“Love to see stories like this. Where a kid comes from nowhere and becomes a star”. Le parole di Dick Vitale presentano perfettamente quello che oggi è Buddy Hield: la cosa più simile a Stephen Curry su un parquet di college basketball (parafrasando SB Nation). Ma per conoscere Buddy bisogna partire da quel “nowhere”, dalle sue origini: ecco chi è quel bambino diventato una star.
The Bahamian Swagger
La sua storia comincia a Eight Mile Rock, villaggio alle porte di Nassau, capitale delle Bahamas, conosciuto non certo per le sue bellezze naturali o per il turismo ma per essere un posto difficile, dove nel migliore dei casi hai un futuro da idraulico o operaio (parole di Buddy), e nel peggiore (e più comune) finisci a spacciare in mezzo alla strada. Lo sa bene Jackie Swann, madre single di sette figli cui non permette di frequentare il parco o il campetto per evitare che cadano sotto cattive influenze e che per mantenere la famiglia fa tre lavori diversi. Il quinto dei figli si chiama Chavano Rainer Hield e passa le sue giornate davanti alla tv a vedere le partite dell’Nba, appassionandosi sempre di più al basket e scegliendo Kobe Bryant come suo idolo.
L’altro programma seguito a casa Hield è la sitcom Married…with children (conosciuta in Italia come Sposati…con figli) tra i cui personaggi c’è Bud Bundy che piace così tanto a mamma Jackie da decidere di dare a Chavano il soprannome di Bud. C’è un problema però: è anche il soprannome di uno spacciatore della zona, e quindi lo allunga inBuddy che da quel giorno diventa il nome con cui tutti chiamano Chavano. Ma non è questo il motivo per cui il ragazzo sarà sempre riconoscente a mamma Jackie, quanto per essere stata una “maestra di vita, madre e padre allo stesso tempo, capace di tenermi lontano dai guai”.
Per il piccolo Buddy, il basket diventa lo scopo della vita e la fonte di motivazione, seguendo l’esempio degli unici due giocatori pro usciti dalle Bahamas: Mychal Thompson (il papà di Klay) e Rick Fox. E visto che non può andare al campetto, nel vialetto polveroso di casa si costruisce uno pseudo canestro con i cartoni del latte, con cui prova (e riprova ancora, fino a notte fonda) a emulare le gesta dei campioni che vede in tv. I vicini però incominciano a lamentarsi della rumorosa passione di Buddy, per questo motivo gli vengono date le chiavi della palestra dell’Alba Academy, la scuola dove studia e gioca e dove può restare fino a notte fonda anche dopo gli allenamenti, senza disturbare nessuno. Questa costante voglia di migliorarsi, insieme ad una grande etica del lavoro saranno due qualità che accompagneranno sempre la sua carriera. Buddy si distingue subito tra i compagni non solo per il suo talento, ma anche per l’incontenibile simpatia, con un sorriso sempre stampato sul volto e lo scherzo pronto, oltre che per l’irrefrenabile passione per la musica reggae che lo accompagna durante ogni allenamento: è il ‘Bahamian Swagger’ di Hield, naturale diffusore di buonumore ovunque vada.
Nostalgia canaglia
Estate 2010, durante il camp annuale organizzato per i migliori prospetti delle Bahamas, Kyle Lindsted, coach di Sunrise Christian Academy, nota un ragazzo di 16 anni che in campo, nonostante le scarpe vecchie e piene di polvere, domina a mani basse: è amore a prima vista. Ciò che colpisce coach Lindsted sono il carisma e la leadership che Buddy riesce a esercitare sui compagni, ha la sensazione che tutti gli vogliano bene e che tutti vogliano giocare con lui, un vincente capace di nascondere un tremendo killer instinct dietro a un sorriso contagioso.
D’altronde uno dei suoi motti è proprio “sorridere sempre, sorridere rende persone migliori e migliora la giornata tua e di chi ti sta intorno”. Alla fine bastano due chiacchiere per convincere il ragazzo a seguirlo nel Kansas, a Wichita, per poter realizzare il suo grande sogno, diventare un giorno il protagonista di quelle partite che vedeva in tv. I primi tempi nella nuova realtà dell’high school americana però sono tutt’altro che facili, al ragazzo manca tutto di casa sua: la cucina di mamma Jackie, la famiglia, gli amici. La nostalgia condiziona la sua nuova vita: si rinchiude in se stesso e pensa solo ad allenarsi, lui, il ragazzo delle Bahamas sempre sorridente e sempre circondato dai compagni. Ma è l’estate del passaggio tra junior e senior che segna la sua carriera: all’inizio della nuova stagione si presenta con 20kg in più di massa muscolare frutto del lavoro estivo con il patrigno Richard Bryanen e una voglia matta di competere: “Odiava perdere anche ai giochi a quiz”, ricorda coach Lindsted.
È la stagione della svolta, segna 22,7 punti in 21 minuti di media a partita, frutto degli allenamenti al tiro fino alle tre di notte mentre in palestra risuonano le sue canzoni reggae preferite. Il suo gioco e la sua leadership attirano l’attenzione di vari college a partire da Kansas University che gli offre un posto da solido giocatore di rotazione. Ma tra gli scout presenti quell’estate del 2010 a Nassau c’è anche Chris Crutchfield, assistant coach di Oklahoma University che non ha mai smesso di seguire il ragazzo e che convince coach Lon Kruger a offrirgli una borsa di studio con un posto di rilievo nel gioco dei Sooners. Era già chiaro a tutti che il ragazzo non fosse nato per fare il cambio.
Effetto Buddy
Gennaio 2016, due ore prima del classico allenamento dei Sooners in un Llyod Noble Center vuoto: c’è un ragazzo che non smette di tirare. Triple, jumper dalla media, layup. Prova 500 tiri a sessione e giura di avere il record di 49 triple consecutive. Il leader che arriva dalle Bahamas è alla sua miglior stagione in carriera con 25 punti di media, capace di mettere a referto prestazioni come quella del 4 gennaio contro Kansas, quando nella partita più bella dell’anno realizza 46 punti in 54 minuti, guadagnandosi la standing ovation dell’Allen Field House. È ilBuddy effect, capace di entusiasmare anche i tifosi avversari.
Eppure quando arriva alla corte di coach Kruger è più conosciuto per essere uno slasher, uno che punta solo al ferro. Dopo la sua prima stagione chiede al coach cosa può fare per migliorare il suo gioco e arrivare in Nba. Eccolo così aumentare l’efficacia del tiro dalla media e lunga distanza e chiudere il suo anno da sophomore con più tiri realizzati da tre che da due. Il ragazzo è un agonista nato e prende tutto come una costante sfida personale. Da junior arriva la consacrazione con il premio di Big 12 Player of the Year (titolo vinto anche quest’anno), ma l’uscita dei suoi Sooners alle Sweet 16 contro Michigan Statenon va proprio giù a Buddy che promette al coach e a mamma di ritornare per il suo ultimo anno, nonostante avesse già assicurata una chiamata al Draft.
“Voglio portare il titolo Ncaa a Norman e solo dopo puntare all’Nba”, spiega. E così passa l’estate intera a lavorare sul ballhandling e sulle scelte di gioco, per diventare una guardia ancora più completa e non solo un grande scorer: “Gli scout Nba cercano questo” (anche astuto il ragazzo). Non sappiamo ancora se saprà mantenere la sua promessa, quel che è sicuro è che farà di tutto per riuscirci e che l’effetto Buddy in Oklahoma si è già sentito: prima del suo arrivo, i Sooners venivano da tre stagioni perdenti di fila che avevano portato i tifosi a lasciare semivuoto il Llyod Noble Center. Da quando ha messo piede a Norman, le stagioni sono diventate vincenti e non c’è mai stato un posto vuoto nella student section dell’impianto in quattro anni. Anche ora che è diventato una star a livello collegiale e un eroe nazionale in patria, non è cambiato e rimane sempre il piccolo Chavano,“l’happy go lucky delle Bahamas” che chiama coach Kruger Daddy-o e che ha trasformato “nowhere” in Eight Mile Rock, il paese di Buddy Hield.