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Da Campo, quest’anno Seattle vi stupirà

Mattia Da Campo - Seattle
Autore: Manuel Follis
Data: 4 Set, 2017

Seattle University, anno zero. La squadra in cui militano gli italiani Mattia Da Campo e Scott Ulaneo quest’anno ci crede e punta a vincere la Western Athletic Conference e raggiungere il Torneo Ncaa. È questa la scommessa del nuovo coach, Jim Hayford, arrivato in aprile per sostituire Cameron Dollar dopo una stagione deludente (13-17). “Il nuovo coach è davvero uno con… si può dire? Con le palle”, racconta a basketballncaa.com Da Campo, giocatore classe 1997 di 1,96 che con i Redhawks ha giocato da guardia e ala piccola. Con le palle? “Sì, appena arrivato ha tagliato 5-6 giocatori”.

Qual è stato il criterio?

Tutti eravamo in discussione. Aprile, maggio e giugno sono stati mesi di valutazione. A parte un paio di giocatori che si sapeva non avrebbero avuto problemi, tutti gli altri sono stati messi sotto esame.

Anche tu e Scott?

Soprattutto noi. Quindi insomma, eravamo un po’ sulle spine. Per fortuna ce l’abbiamo fatta.

Mattia Da Campo - Seattle

Mattia Da Campo – Seattle

Facciamo un passo indietro, qual è il bilancio del tuo primo anno?

Nel complesso, bellissimo. Dal punto di vista sociale è stato il massimo, e Seattle è una città pazzesca. E poi io vivo il mondo del college che è speciale. Se non lo vivi, non puoi capire. Ho anche avuto la fortuna di incontrare persone molto belle. Dal punto di vista cestistico, invece, mi aspettavo qualcosa di meglio.

Abbiamo seguito il tuo anno, hai giocato poco. Come mai?

Non so, io mi allenavo bene, ma delle prime 15 partite ne avrò giocate giusto un paio. Poi piano piano sono riuscito a entrare nelle rotazioni e ho finito la stagione giocando 10-12 minuti a partita. Sostanzialmente ho visto il campo nei mesi di gennaio-febbraio-marzo, ma nel complesso la stagione non è andata benissimo, nemmeno per la squadra.

Seattle University (sulla destra Da Campo)

Seattle University (sulla destra Da Campo)

Il college, hai detto, “se non lo vivi, non lo puoi capire”. Prova a spiegarci.

Partiamo dal fatto che io vivo l’università da giocatore di basket, che è un po’ diverso e anche, diciamolo, molto figo. L’ateneo ha circa 12mila iscritti. Quando entri in mensa, tutti sanno che fai parte della squadra di basket ed è forte. Quando entriamo, di solito siamo un gruppetto di compagni, abbiamo un tavolo per noi giocatori e si può sedere solo chi fa parte della squadra. In generale, è molto bello anche com’è concepita la scuola.

Ovvero?

I professori ti chiedono com’è andata la partita, ti seguono, sanno cosa fai e se hai avuto una settimana complessa o no. In Italia giocavo per la Stella Azzurra e andavo al liceo, ecco il rapporto scuola-sport da noi è inesistente. Qui ci sono i professori che vengono a vedere le partite, ci si mette d’accordo su quando fare i compiti.

I risultati scolastici sono importanti?

Da noi sì. Abbiamo due appuntamenti a settimana con un tutor. A lui dici tutti i voti che hai preso, se e quando sei andato in classe e come sono andate le lezioni. I voti poi vanno comunicati al coach, che vuole che stiamo sopra una media del 3.0. Infatti i ragazzi che non ce l’hanno fatta sono stati strigliati di brutto, sono abbastanza esigenti.

E il divertimento? Le feste?

Ne posso parlare?

Puoi, puoi…

Beh non è esattamente come si vede nei film, però ci assomiglia molto. Qui non si fanno feste in discoteca ma in casa. Il venerdì o il sabato qualcuno dice “ehi, stasera tutti da me”. Anche in questo caso, se fai parte della squadra di basket è figo: musica, ragazze, il top. Noi giocatori peraltro abbiamo delle regole, non beviamo tanto. Ma si vedono scene “da film” con gente che si distrugge di alcol. L’anno scorso abbiamo vinto poco, ma le volte che abbiamo vinto la sera abbiamo sempre fatto festa, pazzesco.

Durante un allenamento, il nuovo coach Jim Hayford parla del roster

Qual è stato l’aspetto più complicato?

Beh per me l’inglese. Non lo sapevo, o meglio, l’avevo fatto solo a scuola, quindi lo sapevo a livello di liceo. I primi due mesi sono stati difficili. Poi io sono uno bravo a farsi capire, però all’inizio parlavo poco e solo se dovevo.

Quanto ti ha aiutato frequentare in Italia un’accademia come quella della Stella Azzurra?

Un sacco. Hanno un modo di concepire il basket diverso da qualsiasi altra scuola. Lavori fin da subito con l’obiettivo di diventare professionista e fanno di tutto per facilitare la vita dell’atleta, dalla logistica ai rapporti con la scuola.

Ci descrivi la giornata tipo al college?

Durante la stagione, dalle 8 alle 13 ci sono le lezioni con una pausa a metà mattinata. Poi pranzo e gli allenamenti iniziano alle 14,30. A quel punto si sta 3 o più spesso 4 ore in palestra. Dalle 20 in poi devi gestirti tra vita privata e compiti da fare. Insomma, durante la settimana non c’è molto tempo libero. Il sabato spesso c’è la partita e poi la domenica è libera.

E in off season?

Come sai, gli atleti non sono considerati professionisti, quindi c’è la regola che non possiamo passare più di 2 ore alla settimana con il coach. Però a tutti viene dato un programma individuale, con molto tiro e almeno 3 ore di pesi alla settimana. Non è obbligatorio, ma sei uno stupido se non lo segui.

Gli altri italiani in Ncaa li senti?

Mi son sentito tanto con De Nicolao, anche per le informazioni necessarie al trasferimento negli Usa. Con Moretti abbiamo parlato molto al raduno della Nazionale, mi ha chiesto un sacco di cose. Lui è fortissimo ma va in una scuola (Texas Tech, ndr) in cui le aspettative e il livello sono molto alti.

Quest’anno nella WAC potrebbe esserci la sfida con Alessandro Lever che giocherà a Grand Canyon

Sì lo so, ma lui non lo sento molto. È più amico di Scott.

Quando sei tornato in America?

Il coach, dopo l’esperienza estiva con la nazionale, mi ha concesso due settimane di riposo, e ne avevo davvero bisogno. Quindi sono tornato a Seattle solo 15 giorni fa. La squadra si sta allenando da un mesetto.

Jim Hayford - Seattle

Jim Hayford – Seattle

Ok, parliamo del nuovo coach e della nuova squadra, quest’anno giocherai o no?

Eh (ride). Non lo so. Quest’anno sarà forse ancora più difficile trovare un posto in squadra.

Però non sembri scontento.

Perché è cambiato tutto rispetto all’anno scorso. Siamo tutti gasati.

Come mai?

Coach Hayford è arrivato il primo giorno e ha detto: “Quest’anno noi divertiremo la gente con il nostro gioco, vinceremo e arriveremo al Torneo Ncaa”. Avevamo tutti un sorriso gigante in faccia.

La squadra è cambiata, sono arrivati molti transfers

Sono arrivati tutti giocatori fortissimi, alcuni che secondo me sono da serie A italiana. Il livello medio si è alzato un sacco. Lasciando perdere il ruolo di play, tra guardia e ala piccola siamo in 4 per due posti, con due giocatori però che sembrano inamovibili.

Quali sono?

Uno è il nuovo arrivato Richaud Gittens che viene da Weber State e l’altro è lo sloveno Matej Kavas, che l’anno scorso ha vinto il premio di freshman of the year della conference.

Mattia Da Campo - Seattle

Mattia Da Campo – Seattle

Molti giocatori nuovi e forti, sarà un problema?

Per nulla. Primo, perché comunque la competizione mi piace un sacco e penso che faccia bene e poi anche solo allenandomi con loro, so che anche se non gioco migliorerò un sacco.

Il coach premia chi fa bene?

No, premia chi fa canestro (ride). Al reparto guardie ha detto: “Se tirate almeno col 40% dal campo giocate, altrimenti non vedete il campo”.

E tu come sei messo?

Bene. Il coach sta facendo fare a tutti molto lavoro individuale. Ognuno di noi deve segnare almeno 500 canestri al giorno in meno di 700 tentativi. Io sto passando ore al pomeriggio in palestra con la macchina che spara palloni. Poi a fine giornata devi inviare il report all’allenatore.

Non mi hai spiegato bene come sei messo?

Te ne racconto una: qui teniamo la classifica della miglior prestazione per 100 canestri segnati, cioè quanti tiri per arrivare a 100. Io sono messo bene con 122, ma Gittens ha 111.

Questo Gittens sembra il giocatore da tenere d’occhio l’anno prossimo

È davvero impressionante. Mancino, tipico giocatore nero e atletico, sono convinto farà molto bene. (Qui un suo VIDEO con Weber State)

In generale, qual è il giocatore più forte che tu abbia mai affront…

Non ho dubbi, Markelle Fultz (risponde prima che finisca la domanda)

Dal vivo ti è sembrato così forte come lo descrivono?

Proprio di un altro pianeta. Con noi ha segnato 18 punti praticamente camminando e ha fatto due schiacciate mostruose, vederlo da bordo campo è stato impressionante. E poi è… qui dicono “smooth”… cioè fluido, sciolto, elegante. Un fenomeno.

Torniamo a Seattle, a livello di squadra invece cosa è cambiato?

Molto, passiamo da 40 minuti di zona dell’anno scorso a un sistema diverso. Il coach ci ha spiegato che quest’anno faremo zona ma solo in maniera selettiva, la difesa principale sarà a uomo con un taglio aggressivo e stiamo lavorando molto sulla difesa. Quanto all’attacco, correremo molto, abbiamo 4 transizioni diverse. Lui lo chiama attaccare “down the hill”, cioè sfruttando la velocità come se corressi in discesa, con i tiratori piazzati negli angoli.

Ti piace?

Un sacco. Corro in attacco, mi metto nell’angolo, aspetto lo scarico e bum. L’anno scorso sostanzialmente giocavamo un più basilare “dai e cambia”.

E le penetrazioni?

Al coach piace la gente che attacca il ferro, anche perché solo così puoi creare il vantaggio per lo scarico, ma me la cavo anche in questa parte del gioco. Quest’anno sarà bello vederci.

Mattia Da Campo in Nazionale

Mattia Da Campo in Nazionale

Parliamo della Nazionale e della tua convocazione nella Under 20

È stato stancante e intenso ma un’esperienza bellissima.

Stancante perché?

Sono tornato il 9 giugno da Seattle e il raduno è iniziato l’11. L’impegno è terminato il 25 luglio. Per questo avevo bisogno di almeno due settimane prima di riprendere negli Usa

Com’è andata?

Sono partito non aspettandomi di essere convocato, era il primo raduno che facevo dal 2011 e in Nazionale le gerarchie contano. Poi però ero molto più in forma di tanti altri, visto che sostanzialmente non avevo mai smesso di allenarmi. Il pre-europeo è andato bene e ho convinto i coach Pino Sacripanti e Maurizio Buscaglia (rispettivamente responsabile tecnico e allenatore, ndr) a convocarmi. Per la squadra non è andata benissimo (13° posto ma rimanendo in Division A, ndr) ma indossare la maglia della Nazionale è stato fantastico.

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