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Addio Ncaa, la folle estate di Robinson

Autore: Paolo Mutarelli
Data: 15 Set, 2017

“Ho imparato molto dalle decisioni che ho preso nella mia vita. Mi prendo tutta la responsabilità delle mie azioni e non vedo l’ora di riguadagnare il rispetto del mio coach, dei compagni e dei tifosi. Western Kentucky è dove voglio stare e voglio aiutare gli Hiltoppers a competere per il titolo”. Queste sono state le parole rilasciate in un comunicato stampa da Mitchell Robinson, freshman 7 piedi destinato a Western Kentucky. Questa dichiarazione sembrava l’epilogo di una delle storie più assurde e sorprendenti, ma allo stesso tempo attuali, degli ultimi anni di college basketball. Sembrava. Perchè a metà settembre il centro di New Orleans classe ’98 ha deciso che non giocherà al college e si allenerà un anno in vista del draft Nba, con l’ennesima giravolta di un ragazzo evidentemente dalle idee poco chiare.

La genesi

Tutto inizia nell’aprile del 2015, quando Robinson era al terzo anno dell’high school e si era appena trasferito per giocare nella squadra di Chalmette, Louisiana. Precedentemente, aveva giocato due anni alla Pine Forest High School di Pensacola, Florida, dove era cresciuto nell’arco di due anni di trenta centimetri ed era esploso nelle quattro partite del Nike D’1 Circuit. Tra il primo e il secondo anno, sembrava fatta per il suo trasferimento sempre in Louisiana, però alla Landry Walker HS, ma già al liceo il ragazzo ha mostrato una qual certa propensione a cambiare idea. Il trasferimento è stato rimandato di un anno e la scelta di andare a Chalmette non era la più naturale per un quattro stelle recruit come lui, visto che andava in un’high school che aveva partecipato una volta ai playoff nelle ultime otto stagioni ed era da diciannove anni che non ne vinceva una partita.

Robinson alla Chalmette HS

Pochi mesi dopo il suo approdo in Louisiana, iniziano i primi approcci di reclutamento da parte di alcune università. A spuntarla, nell’ottobre 2015, è Billy Kennedy che riesce a strappare a Robinson l’impegno a giocare per Texas A&M. Il suo anno da junior a Chalmette lo mette ancora di più sotto le luci dei riflettori. La squadra, dopo tanto tempo, inizia a vincere e lui è la stella. Viaggia a quasi 20 punti di media, 12 rimbalzi e 8 stoppate a partita e trascina gli Owls ai playoff, dove passano il primo turno, vincendo appunto una partita dopo 19 anni, e fanno sudare le proverbiali sette camicie a Natchitoches Central, seed #1 e futura campionessa statale. Queste prestazioni, condite e certificate da vari premi individuali, gli valgono la chiamata da una squadra del circuito dell’AAU e le successive prestazioni nel Peach Jam, lo fanno diventare un five star recruit, cosa che, almeno in teoria, gli dovrebbe spalancare le porte delle powerhouse.

Confusione parte 1

A marzo 2016, mentre la stagione delle high school volgeva al termine, Rick Stansbury viene assunto come head coach dell’università di Western Kentucky. E chi è costui? Dal 2014 al 2016 è stato assistant coach e reclutatore agli ordini di Billy Kennedy a Texas A&M, il che vuol dire che i vari Robert Williams, D.J Hogg e Tyler Davis sono arrivati in quel college grazie a lui. Infatti nel giro di un mese, appena prima dell’inizio dei tornei AAU, Robinson infrange la promessa fatta agli Aggies e si rimette sul mercato in cerca di offerte più prestigiose. Le università che lo avevano contattato già ai tempi dello junior year erano poche e di basso rilievo, come ad esempio De Paul e Murray State. Lui spera in una chiamata di Kentucky, anzi manda chiari segnali di amore verso John Calipari che però non ricambia.

Rick Stansbury alla presentazione come nuovo coach di Western Kentucky

A giugno nel giro di una settimana, il corso degli eventi subisce un’accelerata. Prima Stansbury convince Shammond Williams, uno degli ultimi pretoriani di Dean Smith a UNC, ad aiutarlo ad allenare Western Kentucky e poi arriva il commitment di Robinson proprio per gli Hiltoppers. Qual è la connessione tra i due eventi? Shammond Williams è il padrino di Robinson e i due hanno un grande legame. Dopo questi mesi molto intensi, Robinson inizia il suo senior year e la sua Chalmette è considerata la favorita. Da subito alza il suo livello di gioco, segnando di più, esplorando anche zone del campo come la linea dei tre punti mai frequentate prima. Porta Chalmette a vincere la regular season e fa incetta di premi che lo rendono il miglior giocatore dello stato della Louisiana. Iniziano i playoff e lui alza ancora di più il livello e si sbarazza della concorrenza con una facilità irrisoria. A fine torneo, ha messo su una stats line di grande livello: 35+13+8 stoppate, titolo di campioni statali e Mc Donald’s All American, il primo nella storia di Chalmette.

Confusione parte 2

A novembre della sua ultima stagione, nel profilo Twitter di Robinson spunta un messaggio, lasciato lì per pochissimo tempo, di ringraziamento verso Western Kentucky. E’ un messaggio di addio perchè ha già deciso di lasciare anche WKU. Pochi giorni dopo viene fuori che questo profilo Twitter aveva subito un assolutamente presunto attacco da parte di qualche hacker e che Robinson intende restare fedele alla sua promessa. Tutto bene, quindi, Stansbury può stare tranquillo. Successivamente al dominio incontrastato nei playoff statali, Robinson compie tutti i consueti passi del recruit cinque stelle: partecipa al Mc Donald’s All-American, al Nike Hoop Summit e infine al Jordan Brand Classic mostrandosi per bene agli onnipresenti occhi degli scout NBA. Il 3 luglio 2017, Western Kentucky deve, a causa di una serie di dimissioni, mettere mano al suo coaching staff. Tre assistenti, tra cui Shammond Williams, presentano le proprie dimissioni, a causa di divergenze con Stansbury. Nonostante tutto, una settimana dopo Robinson si iscrive definitivamente all’università, mettendo fine alle voci di un altro decommitment da parte sua.

Soltanto che a fine luglio, il 28, si sveglia, impacchetta vestiti, poster e oggetti vari presenti nella sua stanza e torna in Louisiana. Abbandona il campus senza dire nulla a nessuno, poco prima del viaggio in Costa Rica per le amichevoli estive. La storia si ripete: ha lasciato Texas A&M perchè Stansbury, il suo futuro punto di riferimento nello spogliatoio, è andato via, ha lasciato WKU perchè Williams, suo futuro punto di riferimento nello spogliatoio, è andato via. Soltanto che Robinson, in quest’ultimo caso, non può farlo. Tutti i commit che i vari ragazzi fanno verso le università sono delle promesse basate sulla parola finchè il giocatore non firma la lettera di intenti, che è di fatto un contratto legale tra le due parti. E Robinson ha già firmato la lettera una settimana dopo le dimissioni di Williams, diventando a tutti gli effetti un freshman della stagione 2017-18. In quel momento la scelta di andarsene diventa un suicidio per la sua carriera, anche in ottica NBA. Stansbury risponde subito e nei giorni seguenti prima attua una linea dura, sospendendo il suo migliore giocatore, per poi alzare bandiera bianca dandogli la possibilità di andarsene.

Jalbert28

Durante tutto il mese di agosto, Robinson cerca di trovare la soluzione per una carriera non ancora iniziata, ma già assurda. Visita Kansas, dove Self lo accoglierebbe a braccia aperte dato la poca profondità nel reparto lunghi. Visita LSU, dove Will Wade al suo secondo anno sta tentando di ricostruire un programma credibile dopo la grande quantità di talento sprecata dalla gestione Johnny Jones, e visita l’università di New Orleans, piccola università della Southland Conference, che tenta di riportare il figliol prodigo in Lousiana. C’è in ballo anche la possibilità di giocare oltreoceano, seguendo le orme dei vari Jennings, Mudiay e Ferguson, che però sembra meno probabile dell’approdo a New Orleans.

Sembra tutto fatto per i Jayhawks, ma il board della Ncaa lo avverte: “Se cambi università, dovrai stare fermo per un anno”, come tutti i non graduate transfer che vogliono cambiare squadra. Questa frase rende ancora più confuse le idee di Robinson, che non vuole assolutamente perdere un anno seduto, senza farsi vedere dagli scout NBA. Alla fine, ci ripensa, torna in Kentucky, si prostra al cospetto di Stansbury a chiedere perdono per i suoi peccati e il coach, sapendo che Robinson è un talento che sposterebbe in una delle Power 5 figurarsi in Conference-USA, accetta le scuse.

Epilogo parte 1

Tutto bene quel che finisce bene, Robinson arriva al campus di Bowling Green e le dichiarazioni con cui abbiamo aperto l’articolo sembrano far stare tutti tranquilli a due mesi dall’inizio della stagione. Western Kentucky è la favorita in C-USA, anche se è una squadra molto giovane che dovrà migliorare sensibilmente in difesa, una delle peggiori in assoluto nella scorsa stagione ma l’approdo di un talento come Robinson cambia le cose e dà tutt’altra prospettiva a Stansbury. Ma non è finita anche quando sembra finita.

Epilogo parte 2

“Ho deciso di lasciare Western Kentucky e concentrarmi sul draft Nba del prossimo anno. Ringrazio tutti, coach, compagni di squadra e fan di Western Kentucky ma ho deciso di puntare alla mia carriera da professionista”. E’ la metà di settembre quando su Scout.com arriva l’ennesimo colpo di scena. Assieme a mamma Lakesha, fa i bagagli, lascia il campus di WKU e si trasferisce a Dallas per iniziare un programma personalizzato. E’ il percorso già seguito da Thon Maker, visto che le regole Nba consentono l’accesso al draft dopo un anno dalla fine dell’high school. Western Kentucky perde un gran talento, il college basketball pure, l’Nba avrà dal 2018 un giocatore sulla cui parola è difficile contare.

In generale, la storia di Robinson è molto attuale, in un Ncaa dove le storie di decommitment e di riclassificazioni si sono moltiplicate nell’ultimo periodo. Questo dovrebbe far riflettere il board della Ncaa, poiché sono già tanti gli atleti che usano la Division I come un trampolino di solo un anno per la Nba ma la strada di Robinson (e di Maker prima di lui) rischia di essere sempre più seguita, a meno che non si rimetta mano a regolamenti sul draft e anche alla possibilità di concedere una qualche forma di guadagno oltre alle scholarship. Perchè il rischio, sempre più concreto, è che si perdano talenti, storie e interesse verso quella meraviglia che è il college basketball.

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