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Tre protagonisti non richiesti

Autore: Stefano Russillo
Data: 5 Apr, 2017

La finale tra North Carolina e Gonzaga ha avuto tre inaspettati protagonisti: Michael Stephens, Verne Harris e Mike Eades. Chi sono? I tre membri della terna arbitrale che, ci teniamo a chiarire sin da subito, NON HANNO FAVORITO nessuna delle due squadre, ma hanno (ahinoi) influenzato in maniera decisiva l’andamento e la spettacolarità della partita.

44 falli fischiati su 73 possessi, più di un fallo ogni due possessi, sono numeri che danno ragione a tutti coloro che hanno trovato la finale tra Tar Heels e Bulldogs a tratti snervante, specialmente nel secondo tempo quando, dopo soli 6 minuti di gioco, entrambe le squadre erano già in bonus. Come abbiamo precisato tali fischi non hanno favorito nessuno, i 44 falli fischiati e i 52 tiri liberi assegnati infatti sono stati equamente divisi tra le due squadre: 22 a testa i falli, 26 i viaggi in lunetta.

Specialmente nella seconda frazione di gioco gli arbitri hanno preso il controllo della partita, diventandone i protagonisti ai danni dello show, scatenando le proteste dei principali giornalisti americani che si sono scatenati via Twitter, come potete ben vedere.

 

 

 

Il metodo arbitrale ha perfino fatto innervosire sua maestà Lebron James, o il suo vecchio compagno di merende Dwyane Wade, che dal divano di casa hanno twittato così in favore del “Gioco”.

 

 

 

Chi è stato danneggiato maggiormente dalla terna arbitrale sono stati, però, giocatori e spettatori. I primi hanno totalmente perso il ritmo di gioco con evidenti conseguenze sulle loro percentuali dal campo: basti pensare al 4/27 da tre di UNC (0/9 del solo Jackson) o al 33.9% dal campo degli Zags. Il costante spezzettamento del gioco, e gli enormi problemi di falli a carico dei giocatori di entrambe le squadre, ha costretto i due coach a cambiare costantemente non solo le loro lineup ma addirittura i loro gameplan, costringendoli a sperimentare durante la partita più importante dell’anno, non di certo il momento migliore per giocare a fare i piccoli scienziati.

La partita è diventata “hard to watch”, come hanno commentato vari giornalisti, o a “ugly game”, come ammesso dai due coach, soprattutto per i tifosi: sia per 76.168 presenti all’University of Phoenix Stadium che per i milioni di telespettatori in tutto il mondo tra appassionati e chi si affaccia occasionalmente a scoprire quello che succede nel mondo del college basket soltanto durante la March Madness. Un brutto manifesto specialmente per l’Ncaa. L’arbitraggio ha avuto drammatiche conseguenze sulla qualità della partita di due squadre che fanno del gioco in area uno dei loro punti forte, privandoci del piacere di vedere lo scontro tra i due migliori frontcourt della nazione.

Stephens, Eades e Harris sono stati gli assassini, i lunghi le vittime. Le due squadre sono arrivate agli ultimi 8 decisivi minuti di gioco con tutti e cinque i loro big men (Collins, Karnowski e Williams per gli Zags, il magic duo Hicks-Meeks per UNC) con il numero 4 alla voce falli commessi, con evidenti effetti sulla loro aggressività. Chi è stato maggiormente penalizzato è stato probabilmente Zach Collins, uscito per falli a 5:03 dal termine e che si è visto chiamare almeno 2-3 falli dubbi come questo in attacco (il quarto per la cronaca) a quasi 16 minuti dalla fine della partita.

 

La finale di Collins si è così ridotta a 14 miseri minuti di gioco, un gran peccato visto che si trattava del lungo più talentuoso in campo (non ce ne vogliano gli altri). Non sono mancati errori anche a sfavore di UNC come questo tiro da tre, a 4 minuti dalla fine, di Jordan Mathews che gli arbitri hanno considerato deviato da Pinson, assegnando una rimessa in attacco a Gonzaga, quando in realtà si trattava di un semplice e banale airball.

L’errore più clamoroso è stato però commesso a 47 secondi dalla sirena finale sul punteggio di 66 a 65 in favore di UNC, quando gli arbitri hanno fischiato una palla a due con conseguente possesso per i Tar Heels, premiati dalla diabolica regola dell’alternanza, su questo scontro tra Kennedy Meeks e Silas Melson.

 

Dalla foto è evidente che si trattava invece di una rimessa in favore degli Zags, dato che Meeks ha sì una mano sul pallone ma l’altra sulla linea, e quindi fuori dal campo. L’errore arbitrale ha una sua specifica gravità non solo perché il tutto è accaduto sotto gli occhi dell’arbitro ma perché la conseguente rimessa in attacco, in favore di North Carolina, ha portato a questo canestro decisivo di Isaiah Hicks a 26 secondi dal finale.

 

C’è chi ha gridato allo scandalo perché gli arbitri non hanno nemmeno deciso di andare a rivedere l’azione all’instant replay. L’official review è contemplata, però, dal regolamento soltanto nel caso in cui il pallone sia uscito e si abbiano dei dubbi su chi l’ha toccato per ultimo. Non è questo il caso.

Infine, come ci teniamo a ribadire per l’ultima volta, non è stata di certo la condotta arbitrale ad assegnare il titolo a North Carolina ma si ad influenzare lo spettacolo di una finale che sarebbe potuta entrare di diritto tra le migliori di sempre, visto anche il talento e l’equilibrio tra le due squadre. È però esemplare vedere come le polemiche non sono venute da chi invece è stato vittima del metodo arbitrale come lo stesso Collins, che ha fine partita, in maniera saggia ed esemplare per un ragazzo di 19 anni, si è espresso così: “Credo che gli arbitri abbiano fatto davvero un ottimo lavoro. Il loro lavoro non è facile. Potrei dire che sono frustrato per i falli che mi hanno fischiato, ma alla fine della giornata devo essere intelligente e non pensare a cose del genere”.

Perchè alla fine non ci sarà critica, polemica o errore che potrà “sporcare” la bellezza e la meraviglia del college basketball.

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