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La missione compiuta di Joel Berry II

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 6 Apr, 2017

Al pari dell’intrecciarsi di nomi famosi e sconosciuti, sudore e buzzer beater, cheerleader e folle immense, giri d’affari miliardari e fischi sbagliati, le lacrime sono parte integrante della March Madness. Di tutti i giocatori scesi in campo in questa edizione, nessuno lo sapeva meglio di quelli di North Carolina, usciti sconfitti un anno fa col cuore spezzato dal tiro allo scadere di Kris Jenkins. Lo sapevano bene, sicuro, ma non sapevano tutto, perché anche se è sempre salato il sapore che ti ritrovi in bocca, c’è pianto e pianto.

Joel Berry II non ha potuto aspettare la sirena finale: gli è bastato assistere all’istante in cui la sua North Carolina ha definitivamente messo le mani sulla partita per sentir montare l’emozione data dalla consapevolezza di aver finalmente realizzato un sogno riservato a pochi: “Quando Kennedy [Meeks] ha dato quella stoppata e ho afferrato la palla per poi lanciarla a Justin [Jackson], sono stato immediatamente sul punto di piangere. [Quando poi] ho subito fallo […] l’arbitro è venuto da me e mi ha detto: “Il tuo allenatore vuole sapere se vuoi un timeout”, ho detto di sì. Sono andato dal coach e l’ho abbracciato. Gli ho detto: “Sto per piangere”. Mi ha risposto: “Sai che c’è? Va e metti i tuoi liberi”. […] Voglio dire, è una sensazione semplicemente incredibile. Questo è ciò per cui abbiamo lavorato. E gli alti e bassi che abbiamo avuto? Ne è valsa completamente la pena”.

 

Berry è il primo giocatore dai tempi di Bill Walton (1972-1973) a segnare almeno 20 punti in due finali consecutive: oltre a quella fra le lacrime, il play di North Carolina ha dunque sperimentato anche la differenza che può esserci fra due ventelli segnati. Da una parte, il losing effort della finale con Villanova, frutto principalmente d’una gran sfuriata nel primo tempo; dall’altra i 22 punti (con 6 assist, 3 rimbalzi e 2 recuperi) sparati in faccia a Gonzaga, risultato d’una prova costante nell’arco dei quaranta minuti, punto di riferimento indispensabile per i suoi – e per questo, premiato come Most Outstanding Player – in una partita che di lineare ha avuto ben poco, data la maldestra gestione arbitrale del secondo tempo.

Il tabellino, di per sé, non impressiona alla voce “tiro”: 3/6 da due, 4/13 da tre e 4/8 ai liberi. Un bilancio che non stupisce viste le bassissime percentuali della gara (35.6% dal campo e 57.7% ai liberi per i Tar Heels). Ciò che importa davvero, è il peso specifico di quei canestri segnati. Unico capace d’infilarla dall’arco (i suoi compagni hanno messo insieme un orrendo 0/14 da tre), il junior si mette da subito in luce con 9 punti e 3 assist nel primo tempo, ovvero quando sono i Bulldogs a far vedere le cose migliori pur non riuscendo a scavare un solco significativo all’intervallo. Nella ripresa è sempre più leader, sin da subito: contribuisce con due canestri e un assist all’8-0 spiazzante dei primissimi minuti, difende in maniera solida permettendosi il lusso di sorprendere il lungo Killian Tillie con una stoppata partita dalla retrovie. Ha sempre la squadra in mano, detta ritmi e riesce a illuminare l’attacco in una partita incerta e tesissima, dove gli spazi concessi dalle difese sono estremamente ristretti. Facendo valere il suo jumpshot, infila canestri importanti che permettono ai Tar Heels di rimettere il naso avanti nei vari “lead change” nel punteggio.

 

Come altri, ha sbagliato diversi tiri, lo abbiamo già detto, ma senza aver mai dato davvero l’idea di forzare, fin troppo conscio dell’importanza della posta in palio. Un leader, appunto, un veterano che ha già assaggiato la sconfitta peggiore e, per questo, sa cosa ci voglia per evitarla. Le sue condizioni fisiche, infatti, sono rivelatrici della determinazione e del carattere di Berry. Trascinandosi dietro due caviglie malandate che hanno pregiudicato la bontà delle sue prestazioni lungo tutto il Torneo, è riuscito a risollevarsi proprio all’atto conclusivo: “Ho provato a usare solo le gambe ogni volta che mi sono preso un tiro, qualcuno è venuto fuori corto ma quelli di cui avevamo bisogno sono entrati”.

Sono entrati: come se tutto fosse già scritto. In un certo senso, sì. Come ha raccontato David Gardner su Bleacher Report, Berry porta sempre con sé, nascosto nel portafoglio, un pezzo di carta con su scritti tutti gli obiettivi da conseguire: essere un giocatore importante per la squadra, essere il miglior tiratore possibile, vincere un titolo di regular season, vincere il torneo della Acc, andare alle Final Four, vincere il Torneo Ncaa. Mancava solo l’ultimo punto, l’ultima riga da tirare. L’altra notte, Berry ha finalmente portato a termine la sua missione.

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