Dopo la Final Four Ncaa del 2017, Gonzaga ci ha preso gusto e oggi si affida al leader Josh Perkins, alla classe di Killian Tillie e Johnathan Williams, al talento Nba di Ruy Hachimura ma anche ai nuovi freshmen che si sono già inseriti alla grande. L’anno scorso Riccardo Fois, assistente allenatore dei Bulldogs, ci aveva raccontato nel dettaglio il mondo di Gonzaga University, dalla passione che si vive intorno alla squadra al rapporto speciale che creano gli Zags con chi ha giocato per loro. Quest’anno la chiacchierata riparte dalla finale persa contro North Carolina.
L’astcella si è alzata?
È inevitabile sia così. È anche giusto. Non a caso siamo molto arrabbiati per la sconfitta contro San Diego State, che pesa il doppio perché queste partite di non-conference contano molto. Se avessimo vinto saremmo stati molto probabilmente una top 5 del ranking Però voglio prendere il lato positivo: penso sia una di quelle sconfitte che forse ci serviva per risettare alcuni aspetti del gioco e trovare equilibri più stabili. Alla fine, considerando la “big picture” [espressione che Riccardo usa spesso] siamo soddisfatti.
La sensazione, vedendovi in campo, è che Gonzaga giochi più sciolta
Te lo confermo. La F4 è un’esperienza che ti cambia. Siamo più rilassati, ma con tanta voglia. Dopo che hai raggiunto la finale, vuoi ripeterti e adesso abbiamo un gruppo di ragazzi che l’anno scorso avevano ruolo diverso e oggi sono protagonisti. Vogliono scrivere la loro pagina di storia.
Cosa avete cambiato rispetto all’anno scorso?
Le basi del gioco di coach Mark Few sono sempre quelle. Abbiamo fatto qualche piccola variazione per adattarci meglio alle caratteristiche dei giocatori. Quando manca uno come Przemek Karnowski, difensivamente devi fare degli adattamenti. Adesso siamo 22esimi per DefRtg, il nostro obiettivo è finire almeno top 10.
Giocare in una conference meno competitiva come la WCC potrebbe aiutarvi in questo
Sono anni che conviviamo con le frecciate di chi ci dice che giochiamo in una conference “facile”. Però non considerano che la nostra non-conference schedule è molto più complessa della loro [secondo i dati di Kenpom solo 3 squadre del ranking hanno avuto un percorso più difficile di Gonzaga]. Per noi le partite della conference sono un’occasione per crescere. Sappiamo che ci sono gare che vinceremo anche se non giocheremo al meglio, ma questo ci permette di rodarci.
Chi è il leader della squadra?
Josh Perkins.
È lui che i ragazzi ascoltano in spogliatoio?
Sì, ma già dall’anno scorso aveva mostrato di essere molto carismatico. È un ragazzo super e ha il potere di dare sicurezza alla squadra. Ha dovuto crescere molto perché Nigel Williams-Goss e Karnowski lo supportavano molto. In questo la sconfitta contro San Diego State è stato un momento di crescita per lui.
Perché?
Perché abbiamo lavorato sul fatto che non conta la prestazione personale [5 punti con 1/6 dall’arco e 6 perse per Perkins], ma come si riesce a migliorare i compagni.
L’anno scorso ci hai indicato Rui Hachimura come gemma nascosta della squadra, confermi?
Assolutamente. Attualmente è il nostro miglior marcatore nella conference. Guardando alla “big picture”, stiamo seguendo il piano che avevamo previsto per lui. Primo anno, lo scorso, necessario a integrarsi. Secondo anno con qualche alto e basso, ma lavorando sulla stabilità e sul ruolo. Il prossimo anno sarà quello della consacrazione.
Sei ancora convinto abbia potenziale Nba?
Assolutamente sì. E poi il prossimo anno saremo una squadra super, tornano tutti i ragazzi di quest’anno ma avranno un anno di esperienza in più.
A proposito, vi ha stupito la decisione di Zach Collins di dichiararsi al draft? Di solito a Gonzaga i giocatori restano almeno 3 anni
No, non ci ha stupito. Certo, saremmo stati più contenti se fosse rimasto, ma alla fine se un giocatore disputa una Final Four come la sua, dopo una stagione straordinaria come quella che ha fatto, ci sta che scelga di staccare subito il biglietto per la Nba. Suo padre, quando si trattò di scegliere in quale college far giocare il figlio, fece ricerche in tutta la nazione e alla fine decise che il miglior posto per sviluppare un centro era Gonzaga. Direi che abbiamo svolto egregiamente il nostro lavoro.
Parliamo dei freshmen, Zach Norvell non sembra per niente timido
[Ride] No assolutamente. Per lui il problema era opposto, doveva abituarsi a un modello di gioco più di sistema. Ma sta lavorando benissimo, soprattutto in queste ultime due settimane.
Che ragazzo è?
Viene da Chicago, un posto duro. È cresciuto a South Side, un posto di quelli in cui domina la cultura di strada e molti giovani finiscono ammazzati o in galera. Eppure è un ragazzo dolcissimo. Certo, ha lo spirito del giocatore della metropoli, con lui l’obiettivo è mixare quel basket sfrontato con una pallacanestro più di sistema.
Qual è l’aspetto tecnico in cui è più migliorato?
Nelle ultime settimane sta mostrando la capacità di creare anche per gli altri.
Gli altri, Corey Kispert e Jacob Larsen?
Kispert è partito benissimo, poi si è slogato la caviglia, ma questo ci ha aiutato a dare spazio a Norvell. E ora ce li godiamo tutti e due a pieno regime. Corey è il classico freshman dal fisico incredibile. È un atleta pazzesco [quasi 2 metri per 97 kg] ma la sua caratteristica è che è un super tiratore. È molto religioso, con i genitori che vivono per gli Zags. Deve migliorare la concentrazione e fa errori tipici da freshman, ma davvero sembra un un misto tra JJ Redick e Kyle Korver.
E Larsen?
L’abbiamo reclutato sapendo che era uno dei migliori centri d’Europa [210 cm]. Nel 2013 ha vinto gli Europei di Division B con la Danimarca battendo in finale la Bosnia registrando 24 punti e 16 rimbalzi. Ha istinti per il basket che onestamente pensando al livello medio danese sono incredibili. L’anno scorso è stato fermo per un intervento al crociato, ma credo sarà il prossimo lungo di alto livello di Gonzaga e i suoi minuti stano aumentando. Se riesce a trovare più grinta e cattiveria può diventare devastante. Già oggi quando lui in campo abbiamo il miglior OffRtg, ma anche il miglior DefRtg.
A proposito di statistiche, sono ovviamente tutte importanti, ma quali sono quelle cui date più peso nelle vostre valutazioni?
Quella dei tiri contestati. Abbiamo l’obiettivo di squadra di contestare almeno il 75% dei tiri degli avversari. È una statistica che elaboriamo noi al nostro interno. E fortunatamente nelle ultime gare ci stiamo riassestando sui nostri livelli abituali.
Parliamo della conference. Saint Mary’s resta la vostra principale rivale, come la vedi quest’anno?
Mah, non sottovaluterei neanche BYU, che quest’anno nonostante alcune assenze ha assunto un assistente allenatore più difensivo. I Cougars sono più solidi e meno sbilanciati sulla parte offensiva del gioco. Ma certo Saint Mary’s rimane l’avversaria più complessa. È la solita squadra, con un sistema collaudato e uno dei migliori centri della nazione [Jock Landale].
Quest’anno gli altri coach a inizio anno hanno considerato Saint Mary’s favorita, questo magari vi toglie un po’ di responsabilità e vi fa giocare più leggeri
No, su questo la penso al contrario. Non fa mai bene essere indicati come i secondi e sgravati di responsabilità. Giocare quando tutti vengono a vederti perché sei il favorito sperando che tu perda è molto allenante. Anzi, è uno degli aspetti più importanti del nostro programma.
Uscendo dalla WCC, quali squadre vedi in forma in generale?
Oggi ti direi Villanova e Michigan State. Due mesi al college valgono anni, quindi non so dire a marzo, ma in questo momento sono le più complete e le più mature e con giocatori di sistema. Vedo molto bene anche Oklahoma con Trae Young. Penso che abbiano buone possibilità di arrivare alla Final Four
Addirittura?
Sì, quando giochi quel tipo di pallacanestro può succedere di tutto. Sono velocissimi, prendono molti tiri in transizione e hanno tanti ottimi tiratori.
Di recente abbiamo pubblicato un articolo sulle squadre che giocano meglio in transizione, tra queste c’era proprio Oklahoma, ma c’era anche Villanova, che avete affrontato.
Eh, ce ne siamo accorti. La minima distrazione in attacco te la fanno pagare in difesa.
Ci sono squadre che ritieni sopravvalutate o sottovalutate?
Mah, non saprei. Diciamo che avendoli affrontati, non sono sorpreso del rallentamento che sta avendo Texas A&M, mentre sono convinto che Arizona, soprattutto adesso che è tornato Rawle Alkins, finirà in crescendo.
Parliamo di giocatori, c’è qualcuno che ti ha davvero stupito?
Voglio rimanere su giocatori che ho visto di persona e quindi ti dico Khyri Thomas di Creighton. È atletico, tosto, difende e tira benissimo. Mi è piaciuto molto. Appena entri in palestra, lo vedi subito che ha un fisico già Nba ready.