Il 2017 volge al termine e per i nostri connazionali è arrivato il tempo di tuffarsi nelle rispettive stagioni di conference: andiamo dunque a scoprire come se la sono cavata nella prima parte dell’annata, senza tralasciare lo stato di salute delle loro squadre.
Davide MORETTI – Texas Tech
16.3 MIN, 5.7 PTS, 2.2 AST, 1.0 STL
Texas Tech ha iniziato la stagione alla grande: record 11-1, uno status di ranked team che mancava da molto tempo e il pieno diritto di cittadinanza nel gruppetto d’inseguitrici di Kansas (con West Virginia, TCU, Oklahoma e Baylor) in una Big 12 altamente competitiva – forse la miglior conference, quest’anno, per qualità ed equilibrio al suo interno.
Davide Moretti si è calato piuttosto bene nella nuova realtà: sempre tra i primi a uscire dalla panchina (settimo minutaggio fra i Red Raiders), la combo-guard è affidabile nel fornire ciò che gli viene chiesto, in primis il tiro da tre (36.8%) con buone percentuali che però sono frutto di prestazioni alterne. Anche per uno come lui, arrivato a Lubbock con un bagaglio d’esperienza più alto rispetto al freshman medio, ci sono stati alti e bassi da matricola. Quando contava di più, però, ha risposto presente (pensiamo ai suoi 9 punti in 22′ nella vittoria importante contro Nevada) e in generale sta mostrando una fiducia in crescita sul parquet, con un contributo via via meno legato al solo tiro dalla distanza (attacca il canestro più frequentemente e sa essere creativo nell’innescare i compagni). In difesa l’applicazione si vede spesso ma i risultati non sono all’altezza del suo repertorio offensivo: il debutto nella Big 12, anche per questo motivo, rappresenterà per lui un vero battesimo del fuoco.
Giovanni DE NICOLAO – UT San Antonio
25.3 MIN, 8.3 PTS, 3.8 AST, 2.1 STL
Restiamo in Texas ma spostandoci da tutt’altra parte, dove troviamo una UTSA trasformata in positivo dalle novità nel suo backcourt (Jhivvan Jackson e Keaton Wallace) e che promette di dare fastidio alle squadre più accreditate della C-USA.
Qui Giovanni De Nicolao continua ad avere un ruolo da protagonista (secondo minutaggio più alto della squadra) e, in un certo senso, è il coach in campo dei Roadrunners. Rispetto alla scorsa annata, si sta confermando come ottimo ruba palloni e sta migliorando il suo rapporto assist/perse (1.9), le percentuali dal campo (da 32.3 a 39.4, in gran parte grazie a migliori letture e capacità d’evitare i contatti in penetrazione) e quelle ai liberi (da 67.1 a 76). Continua, invece, a fare fatica dall’arco nonostante un inizio affatto malvagio: 5/13 nelle prime 4 partite ma solo 6/28 nelle successive 10.
Pierfrancesco OLIVA – Saint Joseph’s
29.4 MIN, 6.5 PTS, 8.3 REB, 3.0 AST
Pur con tutte le attenuanti del caso, è innegabile che la stagione di Saint Joseph’s sia stata fin qui deludente: 5 vittorie a fronte di 6 sconfitte e la sensazione che ci sia qualche squadra di troppo da inseguire nell’Atlantic 10 (non solo Rhode Island, ma anche St. Bonaventure, VCU e Davidson sembrano avere una marcia in più). C’è però ancora molta strada davanti e il ritorno di Charlie Brown potrebbe cambiare diverse cose.
In mezzo alle tante difficoltà, Phil Martelli fa molto affidamento su Pierfrancesco Oliva (solo James Demery e Shavar Newkirk passano più tempo in campo) anche perché, in assenza del floor general Lamarr Kimble, non c’è nessuno che sappia incarnare meglio di lui le vesti di facilitatore offensivo. Primo rimbalzista della squadra (di recente ha piazzato un career-high di 18 contro St. John’s), attacca il ferro con maggiore frequenza ed efficacia rispetto al passato – bravo soprattutto nei tagli contro la difesa schierata, si fa apprezzare anche dal palleggio e in transizione – ma il tiro da tre (3/16 in totale) e i liberi (14/31) sono ancora estremamente deficitari.
Nicola AKELE – Rhode Island
11.5 MIN, 3.2 PTS, 2.7 REB
Rhode Island ha fin qui giustificato appieno l’etichetta di favorita nell’Atlantic 10, chiudendo una non-conference season con record 8-3 e registrando diverse buone vittorie (quelle su Seton Hall e Providence in particolare) ottenute anche in assenza della stella E.C. Matthews (appena ritornato a pieno regime).
In questa stagione, sarebbe stato lecito aspettarsi un utilizzo maggiore per Nicola Akele, il quale però rimane ancorato a minutaggi simili a quelli visti nei suoi primi due anni di college, visto che Dan Hurley fa all-in sul profondissimo reparto guardie, schierandone spesso quattro contemporaneamente. Le cifre di Akele – un’ala piccola usata da 4 e a volte persino da 5 – sono cambiate poco ma non si può dire altrettanto del suo gioco: in attacco è più coinvolto e lo si vede spesso prendere l’iniziativa mettendo palla a terra contro la difesa schierata (cosa che prima non avveniva praticamente mai) ed è decisamente più presente a rimbalzo offensivo (passato dal 6.9 al 15.6 di OR%). Sta tirando molto meno dalla linea da tre, dove in precedenza viaggiava tranquillamente poco sopra al 40%: ritrovare questo aspetto del suo gioco potrebbe forse aiutarlo a garantirsi più minuti nel resto dell’annata.
That’s a MAN’s move by Nicola Akele. pic.twitter.com/vvf9zNaXfp
— A10Talk (@A10Talk) 16 dicembre 2017
Alessandro LEVER – Grand Canyon
15.1 MIN, 5.8 PTS, 3.5 REB, 1.0 AST
La non-conference di GCU è stata da sufficienza piena, con un record 10-4 ottenuto portando a casa tutte le partite che non doveva assolutamente perdere ma senza convincere molto nelle sfide più impegnative (quelle con St. John’s e Louisville in particolare). Nella WAC, New Mexico State appare in forma smagliante e bisognerà dunque fare qualche passo avanti per poterle tenere testa.
Le ultime due settimane sono state particolarmente positive per Alessandro Lever, il quale sta vedendo crescere i propri minuti in campo (almeno 20 in 4 delle ultime 5 uscite) dopo aver scalzato Roberts Blumbergs nello starting five dei Lopes. Nella squadra di Phoenix occupa esclusivamente lo spot di 5 ormai ma, in quanto a contenuti tecnici, nel lungo periodo sembra poter (e dover) evolversi sempre di più come 4 moderno. Dotato d’ottima visione di gioco per il suo ruolo e buona capacità di mettere palla a terra attaccando frontalmente, il contributo a rimbalzo è in crescita così come le performance al tiro, specialmente dalla lunga distanza: aveva iniziato la stagione con un brutto 0/9 dall’arco nei primi 9 incontri mentre negli ultimi 5 è apparso molto più in palla, mettendo insieme un discreto 5/12.
Scott ULANEO e Mattia DA CAMPO – Seattle
SU: 11.3 MIN, 2.6 PTS, 2.8 REB – MDC: 8.3 MIN, 2.0 PTS, 1.9 REB
Record 10-6, un campo di casa espugnato soltanto da Cal, un attacco piuttosto bilanciato (cinque giocatori che viaggiano in doppia cifra) ma anche una difesa che non brilla per efficienza (108.9 AdjDE): il percorso tracciato fin qui da Seattle è quello d’una squadra in rebuilding, con equilibri in continua evoluzione e che potrebbe assestare qualche tiro mancino durante la regular season della WAC.
Le rotazioni sono incentrate principalmente su sei giocatori: Scott Ulaneo e Mattia Da Campo, insieme ad Aaron Nettles, sono periferici rispetto a queste, per quanto impiegati con una certa continuità.
Ulaneo viene usato soprattutto come 5 (abbastanza raro vederlo da 4 accanto ad Aaron Menzies) anche se in attacco parte sempre da zone perimetrali. Ha cominciato la stagione in sordina ma appare ora più in fiducia (non male il suo losing effort sul campo di Saint Mary’s: 10 punti, 5 rimbalzi e 3 assist in 20′). Gestione dei falli (1.8) e continuità nel tiro dalla distanza sono due punti deboli sui quali lavorare.
Da Campo occupa prevalentemente lo spot di 3, riveste un ruolo principalmente da gregario ma anche lui, ogni tanto, ha le sue giornate in cui può togliersi la soddisfazione di riempire un po’ il tabellino personale (7 punti e 7 rimbalzi in 14′ e senza errori al tiro nell’ultima partita dei Redhawks, quella vinta contro Grambling).
Gabriele STEFANINI – Columbia
9.9 MIN, 3.5 PTS, 1.5 REB
La stagione di Columbia non poteva iniziare più mestamente di così: 10 sconfitte in 11 partite fra cui molte che lasciano l’amaro in bocca – all’OT con UConn, all’ultimo secondo con Quinnipiac e in volata contro Albany, Stony Brook e Navy. Le tante trasferte (ben 8) e l’inesperienza degli elementi più talentuosi non hanno aiutato: la squadra è migliore di quanto il record possa suggerire ma ciò non toglie che nell’Ivy League ci sarà probabilmente da soffrire più del previsto.
Nello spazio a lui concesso, Gabriele Stefanini ha fatto spesso vedere cose ottime ma dopo il bel losing effort contro Albany (11 punti, 7 rimbalzi e 3 assist in 21′) non è riuscito a replicare prove dello stesso livello. È il freshman italiano più giovane (classe ’99) e ogni tanto si vede: le sue qualità tecniche e caratteriali sono interessanti, ha un gioco offensivo vario e non si tira mai indietro dinanzi alle responsabilità ma occorre maggiore continuità di rendimento e, forse, anche saper dosare il proprio impeto in maniera diversa. In sostanza: bene fin qui le percentuali di tiro (47.1% dal campo e 38.5% da tre), meno la gestione del pallone (1.3 perse).
Roberto VERCELLINO – Northern Colorado
13.5 MIN, 2.8 PTS, 3.5 REB
Dopo qualche singhiozzo iniziale, la stagione di Northern Colorado ha preso un’ottima piega (record 9-4) e la squadra appare ora fra le meglio attrezzate per rincorre il titolo della Big Sky. Tutto o quasi passa dalle guardie, specialmente nella metà campo offensiva: il reparto esterni è infatti autore dell’87.9% dei punti segnati dai Bears.
Per Roberto Vercellino, ala grande impiegata soprattutto come back up del 5 titolare Tanner Morgan, di spazio per le iniziative offensive individuali ce n’è poco: chiamato principalmente a difendere l’area e facilitare il lavoro degli esterni in attacco, ha sempre giocato un numero estremamente basso di possessi, benché qualcosa sia cambiato nelle ultimissime uscite, e l’italiano si sia segnalato con 11 punti e 5 rimbalzi in 20′ nel colpo esterno sul campo di Wyoming. Se sia un segno di cambiamento concreto, potrà dircelo solo il resto della stagione.
Andrea BERNARDI – Marist
6.4 MIN, 1.8 PTS, 1.0 REB
Per Marist sembra profilarsi un’altra lunga stagione da passare nelle retrovie della MAAC dopo un 2-10 in non-conference che non ha lasciato intravedere molto di buono. In tutto ciò, il freshman Andrea Bernardi non è riuscito fin qui a ritagliarsi uno spazio fisso nelle rotazioni. Molto rapido ed esplosivo, è una risorsa utile da sfruttare per attaccare il ferro e magari caricare di falli gli avversari. D’altro canto, c’è un jumper da ritrovare (1/9 da 3 fin qui) e molto lavoro da fare sul ball handling.