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Abdul-Jabbar e Wooden, la storia di UCLA

Autore: Manuel Follis
Data: 22 Set, 2017

Stati Uniti. Fine anni ’20. John Wooden ha 16 anni e non sa che diventerà uno dei coach più famosi della storia della pallacanestro. Da giocatore porta tre volte la squadra delle superiori ai campionati statali, vincendoli nel 1927.

“Anche allora l’Indiana impazziva per il basket. Martinsville aveva solo 4.800 abitanti, ma la palestra della scuola superiore poteva ospitare 5.200 persone ed era sempre piena”.

Stati Uniti. Inizio anni ’60. Lew Alcindor ha 16 anni e non sa che in futuro diventerà Kareem Abdul-Jabbar, ossia uno dei giocatori più forti e più famosi della storia del basket.

“Ricordo che giocammo un’amichevole contro la Boys High di Brooklyn, una delle migliori squadre della città. Quello che non sapevo era che il mio allenatore, Jack Donahue, conosceva alcuni giocatori avversari e, prima della partita, aveva detto loro di strapazzarmi un po’. Voleva vedere quanto potevo incassare. Uno di loro però portò la cosa un po’ troppo oltre e mi diede un morso. Un morso! Quando lo dissi a coach Donahue, non mi credette fino a che non gli mostrai i segni dei denti. Dopo quell’amichevole, uno dei giocatori della Boys High disse a Donhaue: “Coach, non devi preoccuparti per il ragazzo. Sa badare a se stesso”.

John Wooden and me (il libro)

John Wooden and me (il libro)

Wooden e Jabbar si incontreranno a UCLA scrivendo insieme alcune tra le pagine più rappresentative del college basketball. Vincendo tanto e andando a costruire un’amicizia che durerà 50 anni, raccontata in un libro uscito da poco in Italia, pubblicato da Add Editore e scritto proprio da Kareem: “Coach Wooden and me”. Un testo nel quale il campione di basket è riuscito a infondere tutta l’ammirazione, la tenerezza e la stima che lo legava al suo vecchio allenatore, senza omettere i momenti di attrito con il coach o gli aspetti che li dividevano, ma facendo prevalere il senso di un rapporto in divenire, con alcuni momenti commoventi.

John Wooden – UCLA

In più, per un amante della pallacanestro e ancora di più per un appassionato di college basketball, ci sono pagine e pagine dalle quali emerge quello che era il mondo delle università americane, un mondo dal quale (talvolta è bene ricordarlo) sono emerse alcune delle idee più innovative, cestisticamente parlando, della storia del gioco. E così, sfogliando le pagine, si scopre che Piggy Lambert, coach di Purdue University, è colui che ha sostanzialmente inventato il gioco “run and gun”, o che Jerry Norman ha aiutato la squadra a vincere approntando la difesa “diamond and one”. Ad esempio Jabbar rivela che fu l’allenatore della squadra di football di UCLA, Henry Russel, a pronunciare per la prima volta la famosa frase: “Vincere non è la cosa più importante, è l’unica cosa che conta” dopo una sconfitta contro USC.

Il giorno dopo il suo primo allenamento a UCLA, un allenamento bislacco nel quale John Wooden aveva insegnato ai ragazzi come mettersi bene le calze e allacciarsi al meglio le scarpe, il giovane Alcindor-Jabbar è confuso, stranito.

“Mentre percorrevo il corridoio del dormitorio gli altri ragazzi si fermavano a fissarmi, senza ritegno. Ormai mi ci ero abituato ma in qualche modo mi aspettavo che gli studenti universitari fossero diversi, soprattutto in California, dove erano abituati alle cose più insolite”.

E così il giovane alto 218 centimetri andrà a letto triste e nervoso. Pagina dopo pagina, Jabbar porta il lettore a vivere le emozioni delle sfide del college, e in particolari in quegli anni la rivalità tra UCLA e Houston, con un incontro “che tutti definirono la partita del secolo“, ma anche le emozioni legate al campus, con le sue luci e le sue ombre.

“A UCLA gli atleti venivano trattati come star del cinema, ma in quella fama c’era una falla, perché la maggior parte di noi era al verde. La mia borsa di studio mi dava diritto all’istruzione, a vitto e alloggio, ma non copriva le spese. Edgar Lacey, Lucius Allen e io eravamo arrivati con un’ottima reputazione ma poco o nulla in tasca”. E la cosa peggiore è che “eravamo circondati da compagni che di soldi ne avevano a palate, figli di celebrità e magnati del mondo degli affari che guidavano Bmw per tornare a casa dei genitori a Malibù”.

 

Tra una lezione di vita e l’altra impartita dal maestro-guru Wooden a Kareem nel corso di tutta la sua vita, la storia di questa amicizia si interseca con quella degli Stati Uniti che negli anni 60-70 affronterà l’integrazione dei neri o la guerra in Vietnam. Il racconto spazia e salta da un episodio all’altro nell’arco di 50 anni, dagli ultimi incontri del giocatore con il coach, fatti di ricordi e di commenti sui fatti di attualità, a numerosi flash back che ripercorrono la carriera di Jabbar tra college e Nba. C’è davvero tanto da leggere, scoprendo chi ha insegnato al futuro asso dei Lakers il famoso “gancio cielo” o rinfrescandosi la memoria ricordando quando la Ncaa, proprio per limitare il potere sotto canestro di Kareem aveva inserito la regola per cui era vietato schiacciare. Cinquant’anni di amicizia, stima, risate, e massime sulla vita scandite al ritmo del jazz, improvvisazioni sullo spartito della pallacanestro, da grandi maestri e virtuosi come erano Wooden e Jabbar.

Approfondimenti

John Wooden – The difference between winning and succeeding

Il documentario Espn – John Wooden 30/30

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