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Michigan State, ecco la favorita al titolo

Autore: Manuel Follis
Data: 18 Set, 2019

Il 5 novembre incontreranno Kentucky, il 14 giocheranno in casa di Seton Hall, il 25 affronteranno Virginia Tech al Maui ed è possibile che in finale due giorni dopo se la vedano con Kansas per finire con Duke il 3 dicembre. Non si può proprio dire che Tom Izzo, coach di Michigan State, abbia paura di far affrontare ai suoi partite difficili prima dell’inizio della Big Ten. Ma lui da sempre è convinto che le gare impegnative formino la squadra e la preparino sia per una conference che negli ultimi anni si è fatta sempre più competitiva sia, ovviamente, per il Torneo Ncaa. Non a caso di recente Izzo è stato votato dai colleghi come il coach che richiede il maggiore sforzo ai suoi giocatori.

A tutto questo si aggiunge il fatto che l’allenatore è convinto che la squadra della prossima stagione sarà particolarmente solida. A circa due mesi dall’inizio della stagione, Michigan State si presenta come una delle squadre favorite per la conquista del titolo (per il 54% degli altri coach è LA favorita). Non c’è ranking che non inserisca gli Spartans almeno fra le prime 3 squadre e i motivi sono molteplici: l’esperienza, il talento, la profondità e ovviamente il coach, che per molti da anni è un idolo.

Tom Izzo

Del quintetto che l’anno scorso è arrivato alla Final Four sono rimasti il play Cassius Winston (senior), serio candidato per il titolo di miglior giocatore della stagione, il lungo Xavier Tillman (junior) e l’ala Aaron Henry, che sarà al suo secondo anno ed è atteso a una stagione da star. È partita la guardia Matt McQuaid, ma al suo posto torna dopo quasi 12 mesi di stop Joshua Langford (che l’anno scorso ha giocato solo 13 partite) così come tornerà in squadra Kyle Ahrens, un’ala tiratrice e versatile che ha saltato tutta la March Madness a causa di un infortunio alla caviglia.

Insomma, tornano 3/5 del quintetto che ha giocato la Final Four più due giocatori rodati che conoscono bene il sistema degli Spartans. E questa è l’esperienza. Il talento, oltre a Winston e ad Henry, lo porteranno anche il sophomore Marcus Bingham (atteso a una versa stagione in rotazione dopo un primo anno di rodaggio) e il freshman Rocket Watts, in teoria il primo cambio di Winston e Langford. Senza contare che, anche se è improbabile, Michigan State potrebbe schierare già da quest’anno il transfer da Marquette Joey Hauser, nel qual caso le quotazioni per il titolo salirebbero alle stelle.

Aaron Henry

Lo spot di 4 sarà quello in cui Izzo si troverà a dover sperimentare di più. Il sophomore Thomas Kithier è quello che a inizio anno tutti indicano come probabile titolare, ma le opzioni saranno molteplici. Gabe Brown (6-7) in realtà l’anno scorso ha visto il campo più di Kithier (8 minuti di media contro 5.9) e pur senza giocare molto, non ha mai sfigurato, con anzi un exploit al Torneo contro LSU (15 punti con 4/6 da 3). In più in panchina scalpitano due freshman come Malik Hall e Julius Marble, pronti a dare il loro contributo.

A ben guardare non ci sono nomi altisonanti nella campagna di recruiting di Michigan State, ma questa è la norma. Da quando Espn compone il ranking delle migliori recruiting class per college, cioè dal 2007, gli Spartans sono stati in top ten solo 3 anni, l’ultima volta nel 2016. Questo perché la filosofia del programma non prevede di reclutare talenti già pronti, ma gemme di cui sviluppare il potenziale. Come è stato ad esempio per Winston, possibile MVP della prossima stagione, che nel ranking di Espn della classe 2016 era solo 31°.

Cassius Winston dà il cinque a Xavier Tillman

Non avere grandi nomi non è un problema per coach Izzo, il cui game plan si basa su una difesa sempre aggressiva e fisica e in attacco su un sistema che prevede molta circolazione di palla. Certo, avere un play come Winston aiuta, ma negli ultimi 4 anni (guarda caso da quando c’è la super PG a roster) gli Spartans si sono classificati al primo posto di tutta la Ncaa per assist% di squadra ben 3 volte arrivando “solo” terzi nel 2017. Un dato che testimonia l’efficacia della fase offensiva di MSU che si basa su pochi isolamenti e molti tagli e quindi difficile da arginare, soprattutto quando la squadra è in serata al tiro.

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