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Ohio State, l’alba di una nuova era

Autore: Paolo Mutarelli
Data: 2 Ago, 2017

Dopo tredici anni, 337 vittorie, due viaggi alle Final Four e i top recruit dei vari Conley, Oden, Sullinger e Russell, l’era Thad Matta in quel di Columbus è finita, forse anche a causa di due deludenti stagioni consecutive. Per far capire di che programma parliamo ggiungiamo qualche altro numero: Ohio State ha raggiunto due volte le Sweet Sixteen, una le Elite Eight e ha vinto per quattro volte il torneo della Big 10. Tutto questo è stato frutto di un lavoro magistrale da parte di Matta, se pensiamo anche al fatto che a Columbus il programma sportivo che impera è da sempre il football.

La ragione principale dell’addio di Matta è stata l‘assenza dei Buckeyes dagli ultimi due tornei NCAA, cosa che viste le potenzialità del roster era ampiamente pronosticabile, senza contare che, come detto dallo stesso Matta nell’intervista post-esonero, la sua salute non è stata delle migliori negli ultimi anni. Le reazioni da parte dei fan di Ohio State sono state alquanto feroci e sorprese perché in realtà non vedevano alcun motivo evidente per esonerare il miglior coach della storia dell’ateneo. Ateneo che, lo ricordiamo ancora una volta, prima dell’arrivo di Matta non è mai stato una powerhouse nel college basketball.

Gene Smith, direttore atletico dei Buckeyes, ha però risposto alle critiche con un’alzata di spalle e con l’ingaggio di Chris Holtmann, ex coach di Butler, università dove invece dove si è andato a sedere (ironia) un ex giocatore allenato da Matta, ovvero LaVall Jordan. Holtmann si è rivelato come uno dei coach emergenti dell’ultimo triennio, con un record di vittorie del 70%, tre apparizioni consecutive al Torneo e una gita alle Sweet Sixteen proprio nell’ultima stagione.

Il movimentato inizio con i nuovi

L’approccio di Holtmann con il recruiting è stato a dir poco sfortunato. In un mese ha perso quattro giocatori di talento, reclutati precedentemente da Matta, ha visto l’arresto del migliore giocatore della squadra JaQuan Lyle e ha escluso il freshman Derek Funderburk (che non ha rispettato le regole della squadra). Si è consolato portando con sé Kyle Young, ala piccola nativa dell’Ohio che sembrava destinato a Butler e anche Andrew Dakich, graduate transfer proveniente dagli acerrimi rivali di Michigan, che andrà a rimpolpare un reparto esterni che resta corto.

In più ha reclutato un’altra ala, Musa Jallow, e un centro, Kaleb Wesson. Tutti questi nuovi giocatori saranno, dal primo giorno del training camp, parte integrante della rotazione di coach Holtmann, il quale intende dare ritmo all’attacco, da sempre punto debole degli ultimi anni, implementando un sistema up-tempo. I tre freshmen aggiungono doti differenti e complementari al roster: Young sarà il tiratore che uscirà dalla panchina, facendo la spola nei due spot di ala, mentre Jallow e Wesson saranno probabilmente titolari, con il primo che sfrutterà il suo clamoroso atletismo che lo rende una minaccia dal palleggi e un ottimo difensore e il secondo che porterà in dote un’abilità in post-basso che a Columbus non vedevano dai tempi di Sullinger. Coach Holtmann ha anche spiegato nel corso di un’intervista a una radio locale che proverà ad aggiungere alcuni elementi per ampliare il roster sportattuto nel ruolo di point guard.

Poche, certezze

Nella sua prima stagione insomma Holtmann potrà fare affidamento su ben poche certezze. Ha ereditato un roster di sei giocatori, di cui un paio con una cartella clinica già ricca di infortuni. Con gli addii di Loving, Lyle e Thompson, Ohio State perde il centro titolare e i due migliori tiratori da tre punti. La stella della squadra sarà quindi Jae’Sean Tate che, vista la presenza del solo C.J Jackson nel ruolo di play, potrebbe assumere anche un ruolo da regista/assistman. L’anno scorso ha giocato spesso attaccando l’area ed è un piccolo panzer inarrestabile se lanciato in campo aperto. Deve però migliorare un tiro da tre che non arriva neanche al 25%.

Keita Bates Diop è stato invece il grande assente della scorsa stagione, a causa di una frattura da stress alla gamba sinistra, e potrebbe essere leader e glue guy di questa squadra. Se anche per lui il tiro dalla distanza è un problema, la difesa, grazie alle sue lunghe braccia, resta il suo marchio di fabbrica e lo rende capace di coprire almeno tre ruoli e di farsi sentire a rimbalzo. Bisognerà vedere come si riprenderà dall’infortunio che gli ha fatto saltare 22 partite lo scorso anno. Le due presenze del backcourt con una buona dose di esperienza sono quelle di C.J Jackson, l’unico play della squadra e della combo-guard Kam Williams che sono anche, insieme a Young, i migliori tiratori della squadra.

Il futuro di Ohio State

Il futuro, per il momento, non sembra essere ricco di incognite per i Buckeyes. Holtmann sta facendo il massimo per allungare il roster e migliorarlo e sta già lavorando sul recruiting del 2018, ma le prospettive per questa stagione non sono delle migliori. Michigan State, Minnesota, Maryland e Northwestern dovrebbero essere di un livello superiore, mentre Wisconsin e Michigan hanno perso moltissimo ma partono da prospetti e basi più solide rispetto ai Buckeyes. Ohio State si inserirà dunque in una lotta a tre con Indiana e Illinois anche loro alle prese con la prima stagione di un nuovo corso. Tutto passerà dalla capacità di rimanere sani di Tate e Bates Diop e dalla velocità con cui i freshmen si adatteranno al livello alto della Big Ten. Quel che è certo è che Ohio State ha deciso di voltare pagine, chiudendo il ciclo più vincente della sua storia. I tifosi Buckeyes sperano ora di aprirne uno anche migliore.

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