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Michigan tira male e Juwan Howard tira schiaffi

Autore: Redazione BasketballNcaa
Data: 21 Feb, 2022

La Week 15 si è conclusa con Michigan che tira male e Juwan Howard che tira schiaffi: la prima non fa notizia per la squadra #191 in D1 per percentuali dall’arco; la seconda invece sì, eccome. L’ex Fab Five becca dunque il 2 in pagella più meritato della stagione e, soprattutto, aspetta di sapere quale sarà la sua punizione.

 

Texas Tech. Sweep di Baylor, sweep di Texas. Altra settimana da favola per i Red Raiders con due vittorie pesanti di cui una e mezzo in casa, visto che ad Austin erano arrivati talmente tanti tifosi di Lubbock da poter sentire distintamente in tv un “defense, defense” d’incitamento per TT nelle battute finali della gara. Applausi per tutti, da Kevin Obanor fuori di senno contro i Bears – 23 punti di cui 21 nel secondo tempo: metteva tutto – alle prove muscolari di Clarence Nadolny e Marcus Santos-Silva contro i Longhorns. I numeri dicono che l’Adj. Efficiency difensivo di Texas Tech, squadra stabilmente d’élite nella propria metà campo, è al momento secondo solo a quello registrato nel 2019, l’anno del titolo sfiorato contro Virginia. Mark Adams ha compiuto un capolavoro e sarebbe da Coach of the Year a mani basse se non ci fosse un certo Tommy Lloyd.

Collin Gillespie (Villanova). Va in casa di Providence, che pareva lanciatissima in quel momento, in un ambiente rovente (secondo quest’anno solo a quello incredibile della gara d’andata fra Texas Tech e Texas) e, al 50% della forma fisica, tira fuori un career-high da 33 punti ad altissima efficienza (10/17 al tiro, 8/8 ai liberi), con tanto di canestri clutch e difficili. Semplicemente eroico. Gillespie è l’anima di una squadra che continua a dimostrarsi d’alto livello, in barba a difetti oggettivi, infortuni, gufi e osservatori dubbiosi. La Big East è apertissima ma Nova ha sempre qualcosa in più di tutte le altre.

Julian Champagnie (St. John’s). Un raggio di sole in mezzo all’ennesima stagione mediocre dei Johnnies, che però in settimana hanno sorpreso Xavier e umiliato Butler. In entrambi i casi, un solo protagonista: Champagnie. L’ala junior ha messo insieme 27 punti e 5 assist nella prima gara, mentre nella seconda ha collezionato numeri da videogioco (31 punti, 7 rimbalzi, 7 recuperi, 3 assist). Canestri a volontà, in tutti i modi e da tutte le distanze che potete immaginare, e due sole palle perse in totale per uno che è sesto nella Big East per Poss%. Assurdo.

Christian Koloko (Arizona). Ogni settimana c’è sempre un giocatore diverso di Zona che merita un applauso. La sofferta vittoria con Oregon – più bella e significativa di quanto non possa sembrare superficialmente – porta diverse firme, ma qui ci va di soffermarci su quella finale. Pochi secondi al termine, Ducks sul -3 e palla in mano a Will Richardson. Serve una tripla, ma la guardia si ritrova la valle oscurata da Koloko, che qui sembra Slenderman con dei piedi da ballerino classico: 216 cm saettanti che mandano completamente in bambola la stella di Oregon, che infatti non riesce nemmeno a far partire il tiro. Un finale di difesa individuale clutch di perfezione rara.

La rimonta di NC Central. Era sotto di 7 a venti secondi dalla fine. Poi il college basketball ha deciso di ricordarci che sta per arrivare marzo e quindi è arrivata una rimonta ai limiti dell’incredibile. Gli ingredienti: tiri da tre e scarsa precisione dalla lunetta degli avversari. Infatti il copione è quello: tripla di Kris Monroe e pressione di NC Central che porta ad un viaggio in lunetta degli avversari, che fanno 1/2. Va così per tre volte in tutto, con Justin Wright che prima scappa dalla pressione per trovare quella del -2 e poi mette dentro una preghiera dall’angolo destro, fuori equilibrio con il difensore che lo fa cadere addosso ai compagni in panchina. Overtime e partita poi vinta dagli Eagles.

KJ Williams (Murray State). È in un periodo in cui è meglio stargli alla larga. Nelle ultime quattro gare ha tirato con 38 su 54 dal campo, letteralmente inarrestabile. State cercando un centro che (forse) non farà la NBA ma potrebbe interessare all’Europa? Eccolo: 208 cm per 111 kg. Muscoli e costante presenza sotto canestro (dove è tra i migliori del college, non solo della Ohio Valley). Ah, in tutto questo Murray State, sì il college di Ja Morant, si è guadagnata un posto in Top 25 con un 16-0 nella OVC e 26-2 in stagione. E una delle due sconfitte subite è arrivata contro una certa Auburn.

Sebastian Forsling (New Mexico). Idolo di casa e nome che sentirete sempre più spesso in futuro. Arrivato dritto dalla Svezia, quest’anno in teoria doveva solo allenarsi e imparare. Il lungagnone biondo con la faccia da tenerone è però capace portare il proprio mattoncino. L’upset su Wyoming (che ora dovrà salutare la Top 25) ha avuto due protagonisti: Jaelen House con 34 punti e lui con… zero. Nemmeno un tiro tentato in 19 minuti, ma ha fatto venire il mal di pancia a uno dei migliori lunghi che ci siano al di fuori delle P6, cioè Graham Ike, il quale alla fine i suoi 26 punti li ha fatti ma, quando c’era lo scandinavo a tenerlo, non è andato oltre un 3/11 al tiro (e uno dei tre canestri l’ha messo approfittando d’un cambio sul pick and roll).

Kellan Grady (Kentucky). Un tiratore così John Calipari non l’aveva mai avuto. Il Kellan Grady visto con Alabama (25 punti con 7/9 da tre punti) è un clinic vivente di come si tira da tre e la sua presenza rende l’attacco di UK così versatile ed equilibrato che davvero si può sognare il ritorno alle Final Four che a Lexington mancano dal 2015. Certo, in settimana si è passati anche per i 6 punti e il 2/6 da tre della sconfitta contro Tennessee, ma è sembrato un caso isolato nel quale i Wildcats sono scomparsi dal campo a livello mentale. Il supersenior classe 1997 potrebbe essere l’arma in più per un viaggio lungo a marzo.

SMU. Ci sono due SMU, una con Kendric Davis in campo e una senza. La prima ha vinto contro Houston e Memphis, grazie a 22 e 27 punti del suo leader. La seconda ha perso malino in casa di Temple. La prima è da 7 o più e potrebbe far paura a chiunque in gara singola, la seconda è da 5 scarso e non meriterebbe di giocare il Torneo. Per ora la media fa 6. Ma occhio al finale di stagione.

Providence. Adesso sembra vietato dire che è fortunata e che bisogna unirsi al coro Ed Cooley Coach of the Year. Onestamente a noi pare sciocco piegarci ai due trend in questione. E sì che i Friars hanno meriti, un giocatore dominante come pochi (Nate Watson) e altri in ascesa (Jared Bynum in particolare), ma è innegabile che la dea bendata abbia avuto un peso discreto nel mettere insieme quel 22-3 stagionale. Le ultime due vittorie sono arrivate solo all’OT rispettivamente contro una squadraccia (DePaul) e una squadretta (Butler), mentre il tanto atteso appuntamento casalingo con Villanova si è tradotto in una delusione cocente. Buona formazione, ma quelle d’élite assomigliano ai già citati Cats e non a loro.

Virginia Tech. Lunedì da leoni e sabato da minchioni. Ha iniziato la settimana con un Keve Aluma in grande forma (24 punti sbagliando poco e nulla) contro gli odiati rivali di Virginia che, sì, non sono un granché quest’anno, ma un derby vinto ha sempre il suo valore. Nel weekend invece ha fatto metà del lavoro necessario per consegnare una Q1 win a quei disperati di North Carolina. UNC ha difeso, ma VT ha anche sbagliato una serie imperdonabile di buoni tiri. Nel complesso, un’altalena che rispecchia la mediocrità non solo della squadra, ma della ACC tutta.

Xavier Pinson (LSU). Prima di questa settimana, LSU era 16-1 quando Xavier Pinson giocava più di 16 minuti a partita e l’unica sconfitta era arrivata contro Auburn. Questa settimana il record si è sporcato a causa della prestazione sbilenca al tiro dell’ex Missouri. Il 3/10 dal campo contro Georgia non ha avuto ripercussioni perché i Bulldogs sono innocui nella SEC, ma contro South Carolina ha tirato col 20% e perso quattro palloni, dando quindi la possibilità ai Gamecocks di rimontare. Ora il record in conference è 7-7 e il calendario è proibitivo (Kentucky e Arkansas in trasferta, più Alabama). Servirà il miglior Pinson per migliorare il curriculum.

Michigan State. Quattro sconfitte nelle ultime cinque, doppia L in settimana contro Penn State e Illinois e la netta sensazione che neanche la mistica di Tom Izzo possa salvare questa versione di Michigan State. Ci sta non avere una risposta per arginare Kofi Cockburn, visto il dominio esercitato dal lungone giamaicano, ma non si può pensare di vincere se lasci Jacob Grandison libero di tirare da tre. Segnali di risveglio da Tyson Walker che piazza un career-high di 26 punti, ma serve a poco in una squadra che non ha ancora capito chi sia il suo leader.

Louisville. Quanti anni avete? Se non sono più di 80 allora non avete mai visto 7 sconfitte di fila per i Cardinals, striscia interrotta soltanto sabato con una vittoria su Clemson che però non fa impressione su nessuno. Parlare di “punto basso” per la loro storia ormai è un eufemismo. L’unica luce potrebbe essere un nome altisonante come prossimo coach. Ma serve qualcuno che porti in dote un defibrillatore agonistico.

Wendell Green (Auburn). I Tigers hanno un problema nei finali punto a punto e quel problema è Wendell Green. Non è la prima volta che la squadra di Bruce Pearl gioca un finale tirato, affidandosi all’ex Eastern Kentucky che, però, compie quasi sempre delle scelte rivedibili. Stavolta crolla sotto il peso della pressione portata dalla difesa a tutto campo di Florida, non riuscendo né a trovare il varco per un tiro né il tempo per un passaggio. Quando hai in campo la probabile prima scelta assoluta – un tale Jabari Smith che ha segnato rispettivamente 31 e 28 punti nelle ultime due – forse sarebbe meglio affidare i palloni che scottano a lui.

Marcus Carr (Texas). Palloni distribuiti ovunque: in tribuna, sulle ginocchia dei compagni, perfino contro il sostegno del ferro e un rotondo 0/6 al tiro con 4 palle perse in 33 imbarazzanti minuti in campo. Ha scelto la partita giusta per la sua prima prestazione stagionale da zero punti: in fondo, il derby statale con Texas Tech giocato in casa davanti a 16mila tifosi desiderosi di vendetta non interessava a nessuno…

Juwan Howard (Michigan). Aveva prenotato un 2 in pagella già prima della partita con Wisconsin, ma le nostre dovevano essere due righe scherzose sulla brain fart (così da lui stesso definita) avuta contro Iowa. Ci tocca invece riportare cose di ben altro tono. Il post gara coi Badgers ha già fatto ampiamente il giro di social e media vari, mostrando Juwan Howard nei suoi panni peggiori. Panni non del tutto inediti: un anno fa, con Maryland, lo avevano dovuto trattenere fisicamente dal cercare rogna con Mark Turgeon. Stavolta, invece, i colpi sono partiti e andati a segno dritti sulla faccia di uno degli assistenti di Greg Gard. Dite quel che volete sulle colpe dei padroni di casa, dal timeout chiamato un po’ irrispettosamente nel finale a Gard che, senza intento violento ma comunque incautamente, mette le mani addosso a un Howard che già schiumava rabbia di suo: l’allenatore di Michigan ha però poche giustificazioni alle quali aggrapparsi e il suo gesto è senza ombra di dubbio il più grave dell’intero episodio. Juwan Howard quasi certamente non perderà il posto: Michigan non se lo può permettere per una moltitudine di ragioni, quasi tutte di colore verde. Aspettatevi però una maxi squalifica e una bella multa. Avrà parecchio tempo a diposizione per riflettere ma, dinanzi a un tipo di personaggio che non ha nemmeno abbozzato scuse in sala stampa, siamo un po’ scettici a riguardo.

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