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Jabari Smith, talento sottotraccia ma non per molto

Autore: Stefano Fontana
Data: 14 Dic, 2021

Come se le emozioni di una folle stagione NCAA non bastassero (qui nel nostro pagellone potete rivivere quelle dell’ultima settimana), ad alimentare le discussioni ci sono pure situazioni che evolvono in ottica Draft. La corsa alla prima scelta è, per molti, un affare fra Paolo Banchero e Chet Holmgren. Tra i due, però, spunta sempre più prepotentemente il nome di Jabari Smith, ala classe 2003 di Auburn.

L’impatto mediatico di Smith è sicuramente diverso da quello dei suoi rivali: su Instagram ha quasi dieci volte meno follower di Banchero e quasi venti meno di Holmgren, ma attenzione ad etichettarlo come anti-social. Nato in una famiglia legata al basket (papà Jabari Sr. ha disputato quattro stagioni in NBA), Sports Illustrated gli ha già dedicato una miniserie durante il momento più duro della pandemia, e lui sembra muoversi con intelligenza nel costruire attorno a sé una narrativa degna di una superstar del ventunesimo secolo.

Su misura per Auburn e viceversa

“Ci tenevo a provare la vita del college”, ha dichiarato in un interessante focus pubblicato dal sito ufficiale dei Tigers, in cui cita anche l’esempio di due suoi concittadini che hanno usato lo stesso programma come trampolino verso una carriera NBA: Isaac Okoro e Chuma Okeke. “Vedere il loro ruolo, quanto tempo avevano la palla in mano e quanta libertà [coach Bruce Pearl] lascia alle sue ali ha davvero fatto la differenza per la mia scelta”.

Smith si è subito integrato alla grande: è già il miglior scorer (16.9 punti di media con cinque partite oltre i 20) ed il miglior rimbalzista (7.1) della squadra, e sembra aver portato positività ed etica del lavoro in un programma già in crescita nel recente passato, che ha trovato in lui la recluta più prestigiosa della sua storia.

Per i corridoi dell’ateneo, intanto, è già diventato famoso il suo Breakfast Club, nomignolo ispirato dal celeberrimo film di John Hughes, per le lunghe sessioni di tiro che svolge all’alba prima degli allenamenti. “Si tratta di qualcosa che aumenta la mia sicurezza” dice, e i risultati si vedono. Jabari Smith sembra saper già fare tutto: è un’ala di 208 cm con un’apertura alare di almeno dieci centimetri in più, mani delicatissime ed una comprensione del gioco già avanzata per la sua età.

Le soluzioni offensive a sua disposizione sono molteplici: letale al tiro dall’arco, soprattuto in catch-and-shoot (sta tirando con il 44.7% su oltre 5 tentativi a partita, di cui il 71% sono assistiti), il suo rilascio è fluido e preciso, e parte da un’altezza che lo rende praticamente immarcabile. A volte, però, sembra fidarsi un po’ troppo di questo fondamentale, soprattutto dal palleggio, e si accontenta di tiri difficili anche quando non dovrebbe.

 

Non fatevi ingannare dal fisico snello: la sua agilità e la capacità di leggere in anticipo le situazioni di gioco lo rendono un rimbalzista d’élite, anche contro avversari più alti e pesanti. Una volta raccolta la carambola difensiva, è letale in transizione: ha leve lunghissime e la capacità di gestirsi in velocità per servire il compagno libero o puntare dritto al ferro, e quasi mai sbaglia lettura in situazioni di superiorità numerica.

A meno di una rivoluzione fisica importante, non sarà mai il tipo di giocatore che arriva al canestro schiacciando o portandosi dietro di forza gli avversari, ma ha già dimostrato netti miglioramenti nel destreggiarsi contro i contatti e nel pescare falli che converte con ottime percentuali alla linea del tiro libero (84.6% su 4.2 tentativi a partita).

Un impatto su entrambe le metà del campo

Jabari Smith è un giocatore poliedrico ed utile su tutte e due le metà campo: se Auburn può vantare la ventesima miglior difesa della nazione su KenPom, parte del merito è suo. Non stiamo parlando di un rim protector coi fiocchi – tuttavia c’è margine su cui lavorare per perfezionare gli aiuti sul lato debole – bensì di un marcatore instancabile, capace di saltare in maniera fulminea sul pallone (1.8 rubate a partita), e soprattutto di difendere indifferentemente su tutti i ruoli avversari.

Con quella combinazione di stazza e mobilità, lasciarlo indietro sembra impossibile, e la sua capacità di tenere in uno-contro-uno è tutta racchiusa in un dato elaborato da Synergy: quando difende in isolamento, lascia al suo diretto avversario solo 0.12 punti per possesso (!), meglio del novantanove percento dei giocatori di Division I. Quasi fantascienza.

 

 

Un’ala dalle braccia lunghe, con percentuali da cecchino ed ottime capacità difensive; chissà se a Kevin Durant, in tribuna nella gara in cui Auburn ha rullato Nebraska (21 punti con 5 rimbalzi e 4 assist in 23 minuti per Smith), è sembrato di vedere una sorta di suo doppione in campo. Ovviamente, anche solo a paragonarli si rischia la lesa maestà (il talento di KD è unico e quasi sicuramente irripetibile), ma effettivamente Smith sembra avere qualche elemento del giocatore dei Nets. Un altro paragone fatto da molti addetti ai lavori è quello con Jaren Jackson Jr., altro lungo moderno approdato in NBA, ma la sensazione è che, dopo una piena maturazione, Jabari possa in qualche modo riscrivere personalmente le regole del suo ruolo.

Nel frattempo, Auburn si gode i suoi sorrisi e le sue doti da trascinatore in campo. Tutto l’ambiente sembra brillare della sua luce riflessa, la squadra sta scalando la AP Top 25 settimana dopo settimana, ed il suo nome è sempre più sulla bocca di tutti: Jabari Smith è pronto a scrivere la propria storia.

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