Home 9 Pagelle 9 Nebraska, la mina vagante che non ti aspetti

Nebraska, la mina vagante che non ti aspetti

Autore: Redazione BasketballNcaa
Data: 7 Mar, 2022

Mentre si cominciano ad assegnare i primi posti garantiti alla March Madness – Longwood, Loyola-Chicago, Murray State – c’è chi annusa l’aria di marzo e all’improvviso si risveglia dal coma: è con Nebraska, autrice di un tris che nessuno avrebbe pronosticato, che inauguriamo le pagelle della Week 17.

 

Nebraska. Meglio tardi che mai? I Cornhuskers avevano messo insieme un deprimente 1-16 nella Big Ten ma poi di botto hanno messo in fila tre impronosticabili vittorie consecutive, tutte in trasferta. E i successi agguantati in settimana sono arrivati alle spese di due vittime eccellenti, Ohio State e Wisconsin, quest’ultima condannata a condividere il titolo di stagione regolare con Illinois. La tripletta di W non cambia molto (avranno un seed 13 anziché 14 nel torneo di conference) ma di sicuro a Lincoln si stanno divertendo e non danno l’impressione di accontentarsi. Emblematico Trey McGowens che, nei festeggiamenti dopo l’ultima partita, ha ammonito così il compagno Eduardo Andre dal versare il bidone del gatorade: “Put that back. We got five more”.

Longwood. Gli upset piacciono a tutti: a marzo, però, quando si tratta di one-bid league, onestamente preferiamo veder vincere chi ha giocato meglio nel corso dei mesi precedenti. La finale della Big South è stata disputata dalle sue due squadre oggettivamente migliori e Longwood ha dimostrato come mai abbia perso una sola partita da inizio gennaio. Dominio completo sui due lati del campo contro Winthrop: l’attacco gira bene, arrivano triple a pioggia e i Lancers hanno pure dimostrato di poter difendere in modo compatto senza pagare dazio contro un lungo ingombrante e ad alto impatto come DJ Burns. Ottime notizie per chi volesse scommettere su di loro per una sorpresona al primo turno della March Madness (attenzione però: non andranno oltre un seed numero 15).

Johni Broome (Morehead State). Non andrà al Gran Ballo ma il suo losing effort nella finale della Ohio Valley merita un applauso. Il sophomore è stato semplicemente eroico contro Murray State, con un career-high da 32 punti condito da 8 rimbalzi, 2 stoppate e 2 recuperi. Né il frontcourt dei Racers né una scavigliata a inizio secondo tempo l’hanno potuto fermare, permettendo alla sua squadra di giocarsela fino in fondo contro un avversario a dir poco ostico. Già clutch nella semifinale con Belmont con una stoppatona sul perimetro nei secondi finali, le sue prestazioni nelle due metà campo non sono passate inosservate da un buon mesetto a questa parte: non sorprendetevi quindi se si dichiarerà per il Draft già quest’anno.

North Carolina. Storici rivali dimessi e sfavoriti, con un piede fuori dal torneo dopo una stagione deludente. I Tar Heels erano la squadra ideale per celebrare l’addio di Coach K ai suoi fan e invece sono stati l’avversario perfetto per rovinargli completamente la festa. Quattro giocatori sopra i 20 punti, con Armando Bacot a divertirsi in area e addirittura con Caleb Love diventato improvvisamente uomo d’ordine. Una sola palla persa nel secondo tempo, 5 in totale per la migliore partita dell’anno di una squadra che si conquista un più che probabile biglietto alla March Madness con la più improbabile delle vittorie.

Phil Martelli (Michigan). Con la squalifica di Juwan Howard ha dovuto traghettare la squadra verso la fine della stagione regolare portando a casa 3 vittorie in 5 gare. Vista la situazione, poteva andare peggio di così. Applausi per lui e per i suoi ragazzi specie per l’ultima W, conquistata in casa di Ohio State senza Hunter Dickinson e con un Caleb Houstan inguardabile (0/10 al tiro), ma permettendo al tanto criticato DeVante’ Jones di brillare come mai prima in stagione. E soprattutto ci ha fatto piacere rivedere il veterano coach dispensare perle di assoluta classe durante e dopo le partite. Ribalta meritata per un allenatore dal grande passato che, non dimentichiamolo mai, era stato cacciato da Saint Joseph’s in maniera davvero irrispettosa.

Memphis. È troppo presto per affibbiare il titolo di Mr. March a Penny Hardaway, ma è innegabile che quella che stiamo vedendo da febbraio è un’altra Memphis. In questa settimana, i Tigers hanno completato lo sweep ai danni di Houston, dominando il primo tempo con una fisicità e una difesa press che ha soffocato ogni fonte di gioco dei Cougars e generato facili punti in transizione. Saremo cattivi a dirlo, ma la svolta è arrivata quando Emoni Bates si è seduto e forse questo potrebbe far riflettere Hardaway: meno one-and-done in futuro? In attesa della risposta, vedremo l’ex stella di Orlando per la prima volta alla March Madness.

San Francisco. Le è bastata una prestazione buona ma sostanzialmente nella (sua) media per battere in modo agevole un avversario da prendere con le molle – e col quale c’è pure scarsa simpatia reciproca – in un quarto di finale nella West Coast che era in sostanza uno spareggio nella bubble – più per BYU che per USF, a dire il vero. Jamaree Bouyea e Khalil Shabazz hanno brillato in attacco, ma l’applauso più grosso vogliamo rivolgerlo a Vova Markovetskyy: 15 minuti di ottimo impatto difensivo per il lungo ucraino, a cui tocca scendere in campo col cuore e la testa appesantiti da ciò che sta succedendo nel suo paese.

I senior di Purdue. Chi non vorrebbe fare bella figura in una delle rivalry più importanti del college basketball, oltretutto quando si tratta dell’ultima partita della carriera davanti al proprio pubblico? I veterani dei Boilermakers hanno trasformato i desideri in realtà contro Indiana: Eric Hunter Jr., Sasha Stefanovic e Trevion Williams sono infatti saliti in cattedra segnando gli ultimi 17 punti di Purdue (40 in totale fra i tre) in una battaglia protrattasi fino ai possessi finali (69-67 il risultato). Non prendono un voto collettivo più alto solo perché Williams ha rischiato di fare la frittata con uno 0/2 ai liberi a 6.3 secondi dalla fine che poteva costare carissimo.

Xavier Johnson (Indiana). Facciamo una media fra il 10 che merita la sua doppia doppia punti-assist in casa di Purdue (18 e 12) e l’unico voto che si può dare allo scellerato ultimo possesso da lui gestito. Sotto di due punti, gli viene consegnato il pallone nella propria area con 5 secondi da giocare: ci sarebbe abbastanza tempo per far partire un tiro decente, invece lui va a infrangersi a metà campo dritto contro Eric Hunter Jr., scoccando proprio da lì un airball mentre c’erano ancora 2.5 secondi sul cronometro. Disastro.

Patrick Ewing (Georgetown). La stagione degli Hoyas è da dimenticare. Georgetown ha chiuso la Big East con zero vittorie e 19 sconfitte. Un tabellino da esonero immediato. Ed ecco perché lasciamo un 6 a Ewing. Perché almeno nelle relazioni fuori dal campo l’ex stella dei Knicks deve essere in gamba, visto che è riuscito a garantirsi un contratto anche per la prossima stagione. D’altronde fare peggio sarà difficile.

Texas Tech. La vittoria nella Big 12 era improbabile ma comunque ancora possibile e quindi ci si aspettava qualcosa di meglio di una prestazione da 51 punti contro una squadra alla sua ultima partita della stagione. Il postseason ban impedirà infatti a Oklahoma State di giocare anche il torneo di conference e quindi Texas Tech aveva di fronte un avversario senza particolari motivazioni. Ma dopo quella con TCU, è arrivata un’altra sconfitta in trasferta dove il record dei Red Raiders è negativo. E il problema è che di partite in casa non ne giocheranno più fino a fine stagione.

Ochai Agbaji (Kansas). Rischia di trovarselo di nuovo davanti tra pochi giorni, nella semifinale del torneo della Big 12 e la prospettiva non gli farà senz’altro piacere. Courtney Ramey è ormai il suo incubo e, nonostante Kansas abbia vinto all’overtime, la sua senior night contro la guardia di Texas è stata da orrore: 1/11 dal campo con l’unico canestro arrivato dopo 42 minuti di gioco, 15 secondi finali del tempo regolamentare passati a palleggiare senza neanche riuscire a tirare, una prestazione ancora peggiore di quella di Austin dove pure si era divertito pochissimo. E settimana prossima probabilmente si replica. Buona fortuna.

Duke. “Unacceptable”. Povero Coach K, non pensava certo di dover definire così la prestazione della sua squadra nella sua ultima partita al Cameron. E invece il secondo tempo dei Blue Devils è stato ben più che inaccettabile: 55 punti concessi in 20 minuti a North Carolina che ha tirato con il 59.4% chiudendo a quota 94 punti contro una difesa imbarazzante e un attacco all’insegna del hero ball in cui, ahinoi, Paolo Banchero si è distinto per tiri forzati e palle perse, dopo un ottimo primo tempo da 15 punti. Ma tutti ci hanno messo del loro, dal timido AJ Griffin allo scentrato Trevor Keels, per rovinare la festa del leggendario coach. E ora c’è un solo modo per rimediare: vincere.

Ohio State e Wisconsin. Due brutti finali di regular season nella Big Ten per loro, unite dal destino beffardo che le ha volute entrambe vittime di una insospettabile Nebraska. Per Ohio State siamo a quota tre sconfitte nelle ultime quattro partite, di cui due in casa. I Buckeyes arrivano spompati nel momento più importante dell’anno. Kyle Young ha saltato le ultime tre, Zed Key non è in forma ed EJ Liddell da solo non basta. Peraltro anche lui nelle ultime quattro gare non ha fatto benissimo, tirando con 6/21 dall’arco. Situazione meno pesante per Wisconsin, ma di certo brucia l’aver buttato via così l’opportunità di vincere il titolo senza doverlo condividere con Illinois. E ancora una volta pesa il fattore Johnny Davis: infortunatosi dopo 12 minuti, senza di lui i Badgers sono di molto meno temibili, come già visto in passato nella sconfitta con Providence e in una vittoria risicata con Nicholls.

Jaden Shackelford (Alabama). Alabama aveva il compito di vincere le ultime due partite della SEC per provare a chiudere almeno sopra il 50% in conference. Invece sono arrivate due sconfitte contro avversarie alla portata (Texas A&M e LSU), complice anche uno slump pazzesco del suo miglior tiratore, Jaden Shackelford, rimasto a secco contro i Tigers (0/8 dalla lunga distanza) e incapace di arginare la deriva presa nel secondo tempo contro gli Aggies. Troppo dipendente dal tiro da tre, quando il segreto del successo della scorsa stagione era stata invece la frequenza con cui arrivava al ferro (37% delle sue conclusioni contro il 25% di quest’anno). Nate Oats continua a cambiare quintetti, ma senza trovare l’assetto giusto. E anche Shackelford ne risente.

Iowa State. Ricordate quando era ancora imbattuta e una delle squadre più interessanti in giro? Ecco, i Cyclones si sono scontrati contro la dura realtà della Big 12 e hanno toccato il fondo questa settimana contro Oklahoma State. Era dal 1963 che Iowa State non riusciva ad arrivare a 40 punti in una partita: i Cowboys li hanno tenuti a 36 in un festival di palle perse, mattoni (12% da tre) e stoppate prese. L’attacco messo su da coach TJ Otzelberger non è mai stato di alto livello, anzi ha sempre dipeso da ciò che generava la difesa in termini di palle perse. C’è qualcosa da correggere in vista del futuro.

La famiglia Baldwin. Coach Patrick Baldwin è stato esonerato da Milwaukee dopo 5 anni in cui ognuno è stato peggiore dell’altro, con record sempre negativi. L’allenatore riponeva grandi speranze in questa stagione, visto che aveva convinto il figlio Patrick Baldwin Jr., considerato prospetto da lottery NBA, a giocare per la squadra della Horizon League. Risultato? Altra stagione da dimenticare per il team e pochissima visibilità per la potenziale stella. Bene ma non benissimo.

La regola dei quattro anni. Bellarmine si giocherà il titolo della ASUN questo martedì con Jacksonville ma, vada come vada, non andrà al Gran Ballo. Questo perché nella NCAA vige una regola: se vuoi salire in Division I, per i primi quattro anni non puoi partecipare alla post season nazionale. In teoria questo servirebbe a scoraggiare programmi poco affidabili dal fare il salto di categoria, ma ha come risultato il creare scenari assolutamente idioti come questo qui. Per aggiungere ulteriore divertimento: se Bellarmine dovesse vincere, ad andare al Torneo sarà Jacksonville State, eliminata da Jacksonville in semifinale. Questo perché la conference ha deciso di premiare la vincitrice di stagione regolare nel caso in cui si presentasse questo scenario.

Articoli correlati

Finale Ncaa, la parola ai protagonisti

Dopo una finale così emozionante decisa da un tiro allo scadere è normale che le reazioni dei protagonisti che l’hanno Leggi tutto

Villanova, una questione di tradizione
Novanation

“This is Villanova basketball”: a sentire un’intervista di coach Jay Wright o di qualsiasi giocatore del roster dei Wildcats, ritroverete Leggi tutto

Arrivano i nuovi freshmen

Non c'è la stella assoluta, ma tanti giocatori molto ma molto interessanti: vediamo chi sono i migliori freshman americani in Leggi tutto

Da Lee a Thornton, tutti i transfer dell’anno

I transfer nel mondo Ncaa sono diventati un fattore sempre più importante per coach e atenei con un peso sulle Leggi tutto

Estate Ncaa tra colpi di testa e statue
Miles Bridges - Michigan State

Non ci sono partite, ma anche in estate storie e notizie non mancano di certo nel mondo della Ncaa. Vediamo Leggi tutto