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March Madness, le pagelle dei primi due turni

RJ Davis - North Carolina
Autore: Redazione BasketballNcaa
Data: 22 Mar, 2022

C’è parecchia ACC fra i voti alti, visto che la conference si è presa una bella rivincita dopo una stagione in cui ha suscitato scarso interesse. Ma le pagelle dei primi due turni non possono che avere in testa la sorpresa del Torneo Ncaa, Saint Peter’s.

 

Saint Peter’s – Giusto per capirci: il budget di Saint Peter’s per tutta la sua area sportiva è di circa 7 milioni e mezzo di dollari, lo stipendio di John Calipari è attualmente di 8 milioni e mezzo. Si potrebbe continuare a lungo con le cifre perché quello dei Peacocks è stato l’upset finanziario più grande e assurdo dell’Ncaa, e probabilmente non solo. Sul campo, invece, la differenza non c’è proprio stata: piccoli, tignosi, aggressivi e con un giocatore come Doug Edert che più clutch non si può. L’apoteosi della March Madness in una squadra.

Iowa State – É tornata quella di inizio stagione. Iowa State ha completato uno dei più clamorosi turnaround della storia del college basketball: dalle due sole vittorie del 20-21 alle due vittorie solo nella March Madness 2022. Difesa fisica e asfissiante, capace di bloccare un fenomeno come Johnny Davis e mettere in crisi i creatori di gioco di Wisconsin e LSU. Tyrese Hunter nella prima, Gabe Kalscheur nella seconda hanno tolto le castagne dal fuoco. Manca ancora l’acuto del leader Izaiah Brockington. Contro Miami potrebbe essere la sua occasione.

North Carolina – Vi ricordate per caso la squadra che veniva sepolta da Duke in casa senza neanche provarci? Bene, quella North Carolina non esiste più. I giocatori son sempre gli stessi (sempre solo 5 di base), l’allenatore pure ma lo spirito e soprattutto l’efficacia che mettono in campo è completamente diversa. Ora vedono una piscina al posto del canestro (94 i punti di media in 2 partite), Brady Manek tira con il 50% da 3, Caleb Love sembra un giocatore maturo e Armando Bacot il fratello di Shaquille. Risultato: Marquette distrutta e Baylor a casa.

Michigan – Nella scheda di presentazione della squadra nella nostra guida ci chiedevamo: con che animo arrivano i Wolverines alla March Madness, quello della rivalsa o quello dei predestinati a uscire? La risposta è chiara ed è: rivalsa. Hunter Dickinson è sempre più convinto dei suoi mezzi (la stat line della gara con Tennessee è pazzesca) ed Eli Brooks è il leader dei momenti decisivi in cui sperava coach Howard. Villanova è superiore da tanti punti di vista, ma arrivati a questo punto coach Jay Wright non sarà così tranquillo.

Miami – Per la terza volta nella gestione Jim Larranaga arriva alle Sweet Sixteen con l’obiettivo di centrare l’Elite Eight per la prima volta nella storia. Compatti, veloci, consapevoli delle proprie risorse e capacità. Gli Hurricanes hanno fregato prima USC sul finale e poi fatto il colpo grosso sfruttando le crepe ormai note di Auburn. Gestione della palla perfetta (solo sette palle perse in due partite) e un duo formato da Kameron McGusty e Isaiah Wong capace di svoltare le partite.

Drew Timme – Ci sono tre giocatori negli ultimi 30 anni che in due partite consecutive del torneo hanno segnato almeno 25 punti, preso 10 rimbalzi e tirato con il 60%. Il primo si chiama Shaquille O’Neal, il secondo Blake Griffin e il terzo Drew Timme. Che per la precisione ha segnato 57 punti con il 62% e preso 27 rimbalzi in due partite dall’andamento simile: 22 punti dei 32 segnati contro Georgia State e 21 dei 25 segnati contro Memphis sono arrivati nel secondo tempo. Per prendere di peso Gonzaga e portarla questa volta davvero fino in fondo. Peccato solo per i liberi: 10/21 non è percentuale degna di un giocatore come lui e potrebbe costare in futuro molto cara.

Houston – L’emblema della solidità: 10 rimbalzi offensivi contro UAB e addirittura 15 contro Illinois. Una presenza mentale e fisica costante. Il tutto senza le due guardie titolari, perse a inizio stagione per infortunio. Adesso arriva la sfida più difficile, quella contro Arizona, che è una numero 1 e che non vorrà rischiare di fare altri passi falsi. Eppure Kenpom vede favoriti i Cougars di 1 punto. Perché per quanto fatto vedere finora il voto 8 se lo sono strameritati.

Paolo Banchero – Le cifre sono buone (36 punti, 17 rimbalzi e 8 assist in due partite), ma come sempre nel suo caso non dicono tutto. C’è un Banchero che gioca con alterni risultati fisso fuori dalla linea dei 3 punti come vogliono gli scout Nba e un Banchero decisivo che prende la palla vicino al canestro e segna sempre, come vogliono invece il suo fisico e, soprattutto, la logica del gioco. La fine della carriera di Coach K dipende molto da dove deciderà di stare in campo: come guardia tiratrice non è un granché, come ala forte è praticamente inarrestabile.

TCU – Nessuno si fila Jamie Dixon, eppure il coach ha tenuto stabilmente gli Horned Frogs su standard ben più elevati di quelli (scarsetti) cui erano abituati prima del suo arrivo 6 anni fa. Seconda March Madness, un primo turno assolutamente dominato con Seton Hall e un’impresa sfiorata con Arizona al secondo. Bilancio eccellente per una squadra super in difesa, quasi completamente priva di senior e che quindi può guardare con molto ottimismo alla stagione ventura (sempre che il roster non venga sconquassato dal transfer portal).

Baylor – E’ vero, vogliamo bene a questa squadra. E’ stata l’unica #1 a cadere, ma la rimonta da -25 in 10’ contro North Carolina è stata una dimostrazione del carattere dei Bears. Hanno perso 4/5 del quintetto che ha vinto il titolo l’anno scorso, sono arrivati al torneo senza due giocatori chiave e hanno perso contro una squadra in grande forma che ha tirato il 44% da 3. No, l’insufficienza proprio no.

Memphis – Arriva marzo e le squadre di Penny Hardaway si trasformano. L’anno scorso i Tigers non hanno raggiunto la March Madness ma hanno brillato nel NIT vincendolo con autorevolezza. Quest’anno Memphis ha giocato una stagione altalenante eppure ha disputato due grandi partite al Torneo, prima vincendo contro Boise State e poi mettendo in difficoltà nientemeno che Gonzaga. Non male.

Wisconsin – Tolto Johnny Davis, c’è poco. Togli anche Chucky Hepburn, c’è il nulla. Coach Greg Gard è stato inserito nel quartetto per il premio di Coach dell’anno perchè è riuscito a mascherare, con l’aiuto di Davis, i difetti atletici e di talento emersi poi durante la March Madness. Già Colgate l’aveva messa alla prova, contro Iowa State neanche Davis ha potuto fare nulla. Senza un secondo violino abbastanza affidabile, non si va da nessuna parte. Neanche se hai il probabile National Player of the Year.

Illinois – Tanto rumore per nulla. E coach Brad Underwood che disperato ha panchinato per tutto il secondo tempo sia Andre Curbelo sia Jacob Grandison. L’unico che ha fornito prestazioni costanti è stato Kofi Cockburn, per il resto per riuscire a risvegliare gli Illini l’allenatore ha concesso 20 minuti a RJ Melendez e 19 a Luke Goode, due che al primo turno manco avevano messo piede in campo. Finisce che Illinois fa sempre la figura della bella incompiuta. Che poi a vederli giocare… nemmeno troppo bella.

Jabari Smith – La prestazione peggiore dell’anno arrivata nella partita più importante dell’anno. Nelle giornate difficili di Auburn durante la regular season, Smith ha sempre risposto presente, contro Miami no. Tante responsabilità non si sono tradotte in tiri presi con ritmo e, nonostante un impatto tangibile in altri aspetti del gioco, alla fine ha pesato la sua imprecisione contro gli Hurricanes che sul finale sono scappati. Ci ha regalato al primo turno una delle schiacciate del torneo e la prima posizione al Draft non sembra in pericolo. Ci dispiace però lasciarti andare così Jabari.

Murray State – Sembrava attrezzatissima per sopravvivere alla prima settimana di Torneo e andare quindi più lontano di quanto non fatto nella stagione magica in cui c’era Ja Morant da sophomore. Le gambe hanno un po’ tremato e la buona quantità di tiri presi non è valsa a nulla, visto che i Racers si sono ostinati a fare cilecca (60 punti segnati e un tremendo 10/28 da due punti). Eliminazione che fa doppiamente male, perché coach Matt McMahon è ora in uscita (destinazione LSU) chiudendo quindi un ciclo di sette anni che, nonostante la buona tradizione di cui gode Murray State, sarà difficile ripetere o addirittura migliorare.

Arbitri – Il tecnico assegnato a RJ Melendez di Illinois perché si è appeso al ferro nella gara contro Houston è uno dei fischi più incomprensibili degli ultimi anni, totalmente fuori contesto. Allo stesso modo l’espulsione diretta (Flagrant 2) di Brady Manek contro Baylor è sembrata eccessiva. A proposito di arbitri (e di Baylor-North Carolina), Jay Bilas di Espn su Twitter ha scritto: “North Carolina e Baylor stanno giocando una partita fisica, dura, competitiva. Ma questo non è basket. E’ hockey. E’ rugby. E questo è accaduto per tutta la stagione e deve cambiare”.

MWC – Doveva essere l’anno della conference. Prima volta in 10 anni che la Mountain West riusciva a mandare ben 4 squadre al Torneo, con grandi discussioni su quale fosse la più forte tra Colorado State (seed #6), Boise State e San Diego State (entrambe seed #8) e Wyoming (seed #12). Risultato? Tutte fuori al primo turno. Non esattamente la dimostrazione di forza che ci si sarebbe aspettati.

Kentucky – Il miglior rimbalzista dell’Ncaa, il miglior assistman dell’Ncaa, un freshman da primo giro, centimetri, tiro da fuori e, grande novità, anche esperienza. Non mancava niente, ma proprio niente ai Wildcats per fare tanta strada al torneo e invece, Oscar Tshiebwe a parte, hanno fatto fatica per segnare ogni singolo canestro con presunti talenti come TyTy Washington che non ci hanno capito niente. E altro che vincere il titolo, a vincere la sua prima partita al torneo è stato uno sconosciuto college composto da piccoli sotto il metro e 90 e lunghi che non superano i 2 metri.

Alabama – Nate Oats rimane un gran coach ma bisogna dire che quest’anno non sembra averci capito granché. La sua terza stagione a Tuscaloosa è partita con grandi promesse, ha attraversato continui sali-e-scendi ed è terminata con un filotto ignobile di sconfitte. Fuori al primo turno con Notre Dame in un match scappato di mano nel secondo tempo e che comunque andava vinto anche a fronte della sfiga patita con l’infortunio di Jahvon Quinerly appena iniziata la gara.

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