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Da Richaun Holmes a Wood: i figli del Process di Hinkie

Basketballncaa - Richaun Holmes
Autore: Paolo Mutarelli
Data: 24 Mar, 2021

Il Process non muore mai, viva il Process. Quale processo, vi domanderete. Quello di Sam Hinkie, perbacco. Sam non circola più in NBA dal 2016, ma dei suoi figli, figliocci, figliastri si sente ancora parlare, eccome.

Esempi? Ok, lasciando per un attimo da parte The Process itself, Joel Embiid, avremmo due concorrenti diretti al MIP, cioè Jerami Grant e Christian Wood, tra alti loro e bassi delle loro franchigie, due delle più liete novità di questa stagione. Ci sarebbe il Robert Covington rinfrancato dalla fresca aria dell’Oregon. Poi il TJ McConnell sempre pestifero nell’Indiana di Domantas Sabonis. Un Nerlens Noel in grande ripresa a New York e un Dario Saric, sempre solido a Phoenix. Buon sestetto, no? Un po’ sbilanciato sui lunghi, ma Sam era fatto così. Intanto prendi un big, poi si vedrà. E fu Jahlil Okafor. Purtroppo. Nessun altro? Beh ci sarebbe Michael Carter-Williams, nonostante tutto ancora circolante ad Orlando e Ish Smith, sempre utile in quel di Washington, E’ tutto, parebbe. E invece no. Non dimenticate Richaun Holmes.

BasketballNcaa - Sixers Process

L’inizio del Process

Scommetto che qualcuno lo aveva fatto. Càpita così con Richaun, è capitato. Scelto alla 37 nel 2015, dopo un triennio a Bowling Green, Holmes ai Sixers ha scaldato infinite panche e impilato infinite gavette, prima di essere tirato fuori dal cilindro di Brett Brown, che poi lo dimenticava nuovamente, spesso per colpa di una difesa non proprio attenta. Eppure fin dagli inizi non si poteva non essere travolti dal concentrato di energia che Richaun riversava sul parquet. Pure troppa, a volte. Poderose transizioni a falcata lunga, enfatiche schiacciate a tutto braccio. Punti rapidi e rimbalzi insperati, poi stoppate e pure qualche fallo di troppo. L’entusiasmo, la gioventù, l’inesperienza che fatica ad essere domata. 

Fu comunque una delusione quando Phila lo impacchettò – in cambio del proverbiale sacchetto di popcorn – per spedirlo a Phoenix, in fondo in fondo poteva ancora essere utile. E così infatti accadde. Da tre stagioni a questa parte, prima in Arizona, poi nella California interna di Sacramento, Rich ha visto le sue quotazioni lievitare, di pari passo con le sue cifre.

Dai 6.5 punti di media ai 14, dai 4.4 rimbalzi ai quasi 9. Poi le percentuali. Oggi Holmes veleggia al 65% dal campo, alternando alle sue dunk – marchio di fabbrica – dei floater assassini e delle morbide conclusioni dalla media. Tutto, o quasi, l’arsenale. Pure alcune sparute triple, come qualche sera fa, quando una sua conclusione dall’arco ha spezzato la schiena, già malandata, di Boston.

Poi naturalmente la solita carica agonistica, le rapide scorribande in contropiede, il bounce energico a rimbalzo d’attacco. Tutte caratteristiche che porteranno tante soddisfazioni a Richaun. Eccome se lo faranno, a questo ragazzo nel pieno del suo contract year. Free agent a fine anno, Holmes avrà uno stuolo di pretendenti ai suoi piedi. Nella Sacramento che dice di amare alla follia, oppure altrove, magari in una piazza importante, dove potrebbe finire anche a breve, prima della incombente trading deadline. 

Quando lo spirito di Sam Hinkie si manifesterà ancora ai tanti GM impegnati a negoziare, a cedere, a scambiare, senza però avere la visionarietà e il talento cristallino del padre del Process. Padre di tanti figli, tra cui il nostro Richaun Holmes

Articolo scritto da Dr. Philly Good di Nba2Face

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