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Seth Berger, la sintesi tra basket e business

Seth Berger
Autore: Giovanni Bocciero
Data: 30 Lug, 2018

È possibile sognare una carriera politica, ripiegare su una da imprenditore di successo e finire per diventare allenatore di basket di un liceo sconosciuto? Se ti chiami Seth Berger, decisamente sì. La sua storia è singolare, tanto straordinaria quanto umana, scandita dal classico sogno americano.

L’affare del secolo

Berger è il prototipo del newyorkese che ama il basket e morde la vita in ogni istante. A scuola non era un genio ma se la cavava: soprattutto, aveva un certo fiuto nel cogliere le opportunità. Frequentata la University of Pennsylvania dove si è laureato in economia, decise di trasferirsi a Washington per intraprendere il suo sogno: la carriera politica. Per un po’ ha fatto parte dello staff del senatore Harold Ford Jr., iniziando quel percorso che più di ogni altra cosa aveva desiderato. La realtà però è diversa dall’immaginario, la passione ben presto si appassì e allora a 25 anni decise di fare marcia indietro. Ritornato a Philadelphia frequenta un corso alla Wharton Business School che sarà determinante per il suo futuro. Uno dei professore gli ripete costantemente che è nella situazione adatta per creare un business, infatti è “giovane, motivato e squattrinato”. Detto fatto. Nel 1993 fonda insieme agli amici Jay Gilbert e Tom Austin l’azienda And1. In principio producono t-shirt e qualche pantaloncino, poi si specializzano nelle scarpe, ma il passo decisivo per competere con colossi dell’abbigliamento come Nike e Adidas è quello di firmare dei testimonial.

Seth Berger And1

Vince Carter e le And1 Tai Chi che hanno fatto la fortuna dell’azienda

Il primo in assoluto è stato Stephon Marbury, al quale si sono poi accodati Rafer Alston (ingaggiato appena uscito dal college), Latrell Sprewell e Kevin Garnett. Avere giocatori riconoscibili del basket anni ’90 che indossano loro prodotti, ha fatto sì che And1 passasse da 10 a 1.500 punti vendita in due anni, mentre al quinto anno di attività ha registrato un fatturato di 300 milioni di dollari. L’impresa raggiunse l’apice allo Slam Dunk dell’All Star Game del 2000, quando Vince Carter vinse la spettacolare esibizione calzando il primo paio delle And1 Tai Chi. Nonostante il business creato, nel 2005 Berger decise di vendere le proprie azioni ad un costo sconosciuto, ma che si vocifera fosse a sette cifre. Il motivo di questa scelta? «Perché volevo stare vicino alla mia famiglia, in particolare volevo crescere i miei figli che all’epoca avevano 6, 3 e 1 anno».

L’avventura da allenatore

Con la vendita di And1 Berger aveva così tanti soldi nel conto in banca che la sua famiglia poteva vivere di rendita. Così si ritira a West Chester, sobborgo di Philadelphia caratteristico per i suoi fitti boschi e la Westtown School fondata nel 1799. La famiglia Berger si rende disponibile a ospitare nella propria casa degli studenti: fra questi, cinque fratelli nigeriani arrivati negli Stati Uniti per studiare. Dopo due anni da bravo padre di famiglia – e qualche partita di poker trasmessa dalla tv nazionale, suo hobby preferito -, Berger si propose come assistente al coach della squadra, che accettò ben volentieri un aiuto. All’università ha giocato, pur non essendo un fenomeno, ma allenare era di sicuro l’ultimo dei suoi pensieri.

Seth Berger Westtown

Seth Berger mentre si rivolge a Cam Reddish in un timeout

Inizia a consumare centinaia di dvd per apprendere l’arte del coaching, e si intrufola agli allenamenti di Jay Wright (Villanova) e Fran Dunphy (Temple) per rubare qualche segreto. Immagazzina talmente tante informazioni che non si spaventa quando appena due anni dopo gli viene offerto il posto di head coach. Anzi, sa perfettamente cosa fare per far diventare Westtown uno dei migliori programmi del paese. Per prima cosa, devolve alla scuola il suo compenso da 4.700 dollari affinché si ristrutturi la palestra e si comprino tutte le attrezzature necessarie. Dal 2014 il liceo ha delle facilities degne di un college e alleva prospetti da Nba come Mo Bamba e Cam Reddish. Tutto ciò ha fatto sì che la scuola vincesse il suo primo titolo statale nel 2016 – replicato in back to back nel 2017 – ed entrasse stabilmente nella top25 nazionale.

Il metodo educativo

Se parlate di reclutamento con Seth Berger, molto probabilmente farà una smorfia e vi dirà che l’unico giocatore al quale ha fatto davvero la corte è stato Bamba, su consiglio di un amico che lo aveva visto giocatore nel circuito AAU. E poi aggiungerà che «alla Westtown sono i ragazzi e i loro genitori che si offrono di giocare, perché sanno che tipo di ambiente troveranno». Prima della pallacanestro viene lo studio, diktat che Berger ha imposto ai suoi figli anche e soprattutto su obbligo della moglie, che a scuola non scendeva mai sotto il voto del nove. Lui si sente come un padre per tutti i suoi ragazzi, e allora di rimbalzo vige questa regola nello spogliatoio che li fa essere degli atleti-studenti esemplari. L’impegno in aula va poi trasferito in palestra, per questo oltre ai chiacchierati Bamba e Reddish vanno menzionati Daniel Ochefu, che si è laureato e ha vinto il titolo Ncaa a Villanova nel 2016, Brandon Randolph che si appresta a giocare il secondo anno ad Arizona, Jakob Forrester che il prossimo autunno giocherà per Indiana, mentre sono in rampa di lancio Jalen Gaffney (class ’19) e Noah Collier (class ’20). Berger si distingue dalla massa anche nel modo di allenare. Ad esempio non ha esitato un attimo nel dire a Bamba che doveva giocare lontano da canestro, permettendogli di lavorare sul tiro perimetrale. Così come ha inquadrato dal primo giorno Reddish nel ruolo di playmaker, affidandogli compiti da regista puro. Lui va decisamente di pari passo con l’evoluzione del gioco e, per qualcuno, è addirittura un precursore.

Deciso e innovativo

Nonostante gli importanti successi sin qui raccolti, Berger è convinto che possa fare ancora meglio. Se parlate con chi gli sta a stretto contatto, vi dirà che ha l’ambizione di far diventare il programma di Westtown come quello che ha creato coach Mike Krzyzewski a Duke. Ecco, il mitico tecnico dei Blue Devils c’ha messo circa vent’anni per consolidare il suo ateneo tra i migliori della nazione. Berger sta per iniziare il suo decimo campionato da capo allenatore del liceo della Pennsylvania, dunque è lecito pensare che il bello debba davvero ancora venire. Di certo lui è un innovatore, uno che ha fiuto per gli affari, ed è per questo che l’Amministratore delegato dei Philadelphia 76ers Scott O’Neil, suo ex compagno di studi tra le altre cose, lo ha nominato direttore del Sixers Innovation Lab.

Seth Berger Philadelphia 76ers

Seth Berger mentre taglia il nastro del Sixers Innovation Lab

Si tratta di un locale adibito ad open space dove le aziende operano in co-working con il sostegno e il supporto di uno staff all’avanguardia. Non è mancata neanche in questo caso la pronta battuta di Berger, che all’inaugurazione poco più di un anno fa ha detto: «Ormai i miei figli sono cresciuti e preferiscono stare con gli amici piuttosto che con il papà. Per questo non ho esitato ad accettare questo incarico, motivato ad impiegare il mio tempo in qualcosa di produttivo». Forse è proprio quest’ultimo incarico la giusta sintesi per descrivere la personalità di Berger, che ha saputo unire il basket col business.

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