Home 9 NBA 9 Tyson Chandler: un innesto cruciale per i Lakers di LeBron

Tyson Chandler: un innesto cruciale per i Lakers di LeBron

Autore: Andrea Brambilla
Data: 24 Nov, 2018

Giocare a Los Angeles pareva scritto nel suo destino. Sarà stato per la sua origine (è di Hanford, a 3 ore di auto da Los Angeles), sarà l’aver frequentato la Dominguez High School di Los Angeles, o l’essere stato scelto nel 2001 dai Clippers (che lo hanno subito girato ai Bulls, in cambio di giovanissimo Elton Brand). In ogni caso, quando due settimane fa è stato rilasciato dai Phoenix Suns via buyout, Tyson Chandler si vedeva, stando alle sue parole, solo con la casacca dei Lakers. Eppure alla porta c’erano cinque team ad accoglierlo a braccia aperte, anche se tre di essi non sono noti. Quello che è certo è che, scartati i tre ignoti, i Lakers erano in lizza con i Golden State Warriors per firmarlo. Ma per Chandler il richiamo di casa è stato più forte della matematica certezza di vincere l’anello, ed è quindi diventato fido scudiero di King James.

Il presente e il futuro prossimo di Tyson Chandler, trentaseienne campione NBA con i Mavs nel 2011 e difensore dell’anno 2012 in maglia Knicks, sono i Los Angeles Lakers. Alcune malelingue pensano che la nuova meta sia un volere del GM dei Suns, un certo James Jones che con LeBron ha vinto qualche titolo e che sembra abbia voluto fare un favore al nuovo team del Re, che appena arrivato a conoscenza di queste voci di corridoio è uscito con la seguente dichiarazione: nel momento in cui LeBron (James di cognome) fosse diventato patron di una franchigia NBA, avrebbe subito chiamato Jones (James di nome) a fare parte dello staff. Una malcelata ammissione, forse, che le malelingue avevano ragione.

Appena arrivato ai Lakers, le attese sul nuovo arrivato erano notevoli: ci si aspettava, infatti, che il team avesse un miglioramento in difesa, dopo 10 partite nelle quali la squadra aveva subito circa 120 punti di media. In effetti, quel miglioramento c’è stato: da 120 i punti subiti sono diventati 107 (- 13). Ma non è solo quello: con Chandler in campo i rimbalzi catturati sono passati da 44 a 48 (+ 4), sintomo che anche l’intensità difensiva dei Lakers è aumentata. Effetto collaterale è il rallentamento del ritmo, con i punti segnati che da 118 sono diventati 113.

 

Chandler è diventato un’ancora difensiva per questa Los Angeles e ci ha messo veramente poco ad ambientarsi ai nuovi compagni: già alla seconda partita chiudeva con 12 rimbalzi catturati. Ma è nella terza che dà il meglio di sé. 104 a 103 a pochi secondi dalla fine, contro gli Atlanta Hawks. Trae Young batte Ingram dal palleggio e penetra, pronto a poggiare la palla al vetro per il canestro della vittoria. Ma non ha fatto i conti contro il nostro, che si para davanti al rookie di Atlanta e stoppa il tiro sulla sirena. Urla e cazzotti al cielo, come Jordan dopo il jumper della vittoria contro i Cavaliers. E LeBron che urla: “That’s my dog!”.

 

Vedendo il fatturato del giocatore in maglia Lakers si capisce bene che è stato voluto dal GM LeBron James (pardon, Rob Pelinka): per avere presenza difensiva e a rimbalzo. Nelle sette partite giocate con la nuova squadra, Chandler non è mai andato oltre i 4 punti realizzati (media 3 PPG), mentre i rimbalzi ammontano a 7.2 di media, andando per due volte sopra i 10: 11 contro Miami, 12 contro Sacramento. Non a caso, due partite nelle quali i Lakers hanno vinto tenendo gli avversari sotto il muro dei 100 punti. Sebbene la presenza fisica sia tale da pensare alle stoppate come alla specialità della casa, è la presenza intimidatoria sottocanestro che rende Chandler così efficiente. Osservando i dati, le stoppate realizzate finora in maglia Lakers sono solo 4. Quello che conta, sono le palle rubate. Sono sempre 4 al momento, ma sono figlie dell’agonismo che mette sul campo contro qualunque avversario.

Nella seconda partita giocata con la nuova maglia, a Sacramento, troviamo la prova di quanto descritto sopra. Ruba palla a Marvin Bagley, lanciando poi Rajon Rondo a guidare il contropiede concluso da Josh Hart.

 

Poi va per appoggio a canestro il pallone alzatoda Kyle Kuzma

 

e chiude difendendo stretto su Buddy Hield, accompagnandolo al ferro e alzando poi la mano per bloccare il tiro della guardia di Sacramento. Niente gesti spettacolari, niente urla o imprecazioni: una semplice alzata di mano che, come Bill Russell insegnava, permette di recuperare il pallone e lanciare i compagni verso il canestro. E Chandler, infatti, ha subito una linea di passaggio aperta a Caldwell–Pope.

 

LeBron James ha accolto a braccia aperte il nuovo compagno, appena reso noto che avrebbe firmato per il suo team: “E’ un ragazzo intelligente, gioca duro e aggiunge profondità al reparto lunghi, cosa di cui avevamo bisogno”. E anche l’apporto di James sul campo è cambiato con il nuovo arrivo: pur giocando lo stesso numero di minuti circa (35 contro i 34.3 giocati dopo la firma) e prendendo due tiri in più entro l’arco dei tre punti (19.1 tiri prima dell’arrivo di Chandler, 21.1 dopo), prende tuttavia più tiri da tre punti (5.2 a 7.1) e ne segna di più (35% contro il 49,2%). Inoltre, le percentuali da due punti sono passate dal 50,2% al 56%. Indice del fatto che avere un centro vero sottocanestro aiuta James ad andare meno al ferro e a prendere più tiri dalla distanza, con la certezza che qualcuno è pronto a prendere il rimbalzo. In più, quello di Chandler è un innesto che aiuta James ad avere maggior spazio davanti a sé, complice l’abilità del nostro di bloccare e le attenzioni che il centrone attira sui centri avversari.

Un centro dinamico come l’ex Mavericks è perfetto per James per sgravare le responsabilità in campo. Nella sconfitta contro gli Orlando Magic (al momento in cui questo articolo viene scritto, l’unica rimediata dopo il nuovo arrivo), James lo ha perfettamente imbeccato per un alley–oop conclusa con una devastante schiacciata. Sono gli unici due punti che Chandler realizzerà in partita, ma sono stati due punti con il botto.

 

Lo scopo di Chandler, inoltre, era quello di dare fiato a JaVale McGee, che si è caricato l’intero peso del pitturato nelle prime partite. Chandler, però, ha ragione quando dice che non è venuto a Los Angeles per togliere la scena all’ex Warriors: “Non sono qui per rubare il lavoro a qualcuno”. I dati statistici sembrano proprio dargli ragione. Dal suo arrivo McGee gioca 23,5 minuti di media (26 prima), è passato da 14.5 punti a 11,8 punti a partita, prendendo dai 10 tiri di prima ai 8 del post–firma. Tuttavia è passato dal 62.5% al 68%. E, soprattutto, continua a partire titolare. A riprova che la presenza di Chandler sta aiutando McGee a essere più incisivo in campo e a diventare un importante tassello dei Lakers quando ci sarà da scendere in campo per guadagnarsi i playoff, risparmiando fiato e energie per quando conterrà davvero.

Ma non sono solo McGee e James ad aver beneficiato dell’arrivo di Chandler. Tyson è un fantastico bloccante, e questo aiuta i compagni a entrare in area con maggior facilità. Nella partita contro Miami, i suoi unici due punti dal campo sono nati dopo un pick & roll giocato con Brandon Ingram: Olynyk, in quel momento difensore su Ingram, perde il primo passo e l’oggetto della sua difesa, che sbaglia però l’appoggio al vetro per un intervento di James Johnson. Né Olynyk né Johnson, però, hanno prestato attenzione a Chandler, che ha corretto l’errore del compagno con un tap–in.

 

Esattamente come aveva fatto alla sua partita d’esordio contro Minnesota, correggendo l’errore di Rondo. Vale inoltre quanto detto per LeBron: Chandler riesce a distogliere l’attenzione della difesa dai compagni notoriamente più pericolosi (Ingram e Ball), permettendo loro di scaricare il pallone sul centro, che privo delle difese si può lanciare verso due punti facili. Si è visto anche contro gli Hawks: Lonzo Ball doppiato ci mette un attimo a lanciare il pallone in aria a Chandler, che chiude con la schiacciata.

 

Bisogna, però, essere concreti nelle analisi dell’impatto di Chandler su questa squadra: il calendario dei Lakers è stato al momento piuttosto facile, eccezion fatta per i Portland Trail Blazers. Si attendono le sfide con avversari di più alto livello, a partire dalla sfida contro gli Utah Jazz nella notte di sabato 24 novembre e, soprattutto, quella contro gli Warriors (la prima sarà il 26 dicembre) e con la compagine dei Clippers, al momento in uno splendido stato di forma e che si incontrerà per il derby del 1 febbraio. Inoltre, i Lakers dovranno tenere conto anche dell’infortunio di Rajon Rondo (mano fratturata, fuori per le prossime 5 settimane): già nelle tre partite giocate senza l’ex Celtics, i Lakers sono passati da 27 a 20 assist a partita e da 104 punti concessi a 110, un campanello d’allarme per la truppa di coach Walton. Se, però, un viaggio di mille chilometri comincia sempre con il primo passo, si può dire che il primo passo dato da Tyson Chandler sia decisamente buono. In attesa di capire, effettivamente, se ha fatto bene a tornare a casa.

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