Qualche giorno fa vi abbiamo raccontato di un libro che parla di una leggenda del basket americano, ovvero Kareem Abdul-Jabbar, che prima di diventare uno dei più forti di tutti i tempi in questo sport aveva avuto anni di gloria all’università allenato da uno dei coach più famosi di sempre, John Wooden. Nel corso dei vari eventi per il lancio del libro ci sono stati alcuni testimonal d’eccezione e tra questi uno dei giocatori-simbolo del college basketball e della pallacanestro europea ovvero Tyus Edney, campione Ncaa nel 1995 che in quel Torneo al secondo turno salvò la squadra grazie a questa prodezza.
Edney purtroppo giocò solo 3 minuti della finale contro Arkansas (tra gli spettatori l’allora presidente Bill Clinton) perché si era girato una caviglia nella semifinale contro Oklahoma State, ma è rimasto nel cuore dei Bruins, tanto che oggi è assistente allenatore proprio di UCLA accanto a Steve Alford. Abbiamo avuto la fortuna e il piacere di intervistarlo chiedendogli dei suoi anni al college ma anche di presentarci i Bruins dell’anno prossimo, compresa la famiglia Ball.
Tyus, partiamo dalla fine, cioè dal tuo ruolo di assistente a UCLA. Hai giocato per i Bruins e ora alleni nella tua alma mater, credi che UCLA abbia qualcosa di diverso dalle altre università?
Penso che UCLA sia un posto davvero speciale: abbiamo la più importante tradizione nella Ncaa e siamo situati anche nel miglior posto della California del Sud. La storia, i giocatori leggendari che hanno giocato qui rendono l’università un posto in cui i giocatori desiderano andare. In più la preparazione accademica è una delle migliori della nazione e poi beh… praticamente c’è il sole tutti i giorni! Scherzi a parte per me è stato un onore tornare a casa e poter oggi aiutare i Bruins a vincere un altro titolo.
Prima di passare ai tuoi ricordi sul college ti faccio un paio di domande sul libro. Cosa pensi del ritratto che ha fatto Kareem Abdul-Jabbar di coach Wooden?
So che sembrerà una risposta scontata ma il libro è fantastico, un piacere da leggere. Riesce davvero a trasportati indietro nel tempo all’interno degli ingranaggi della relazione tra due delle leggende del college basketball. Riesce allo stesso tempo a farti capire che tipo di persone erano e come la loro amicizia si sia evoluta e anche perché abbiano avuto così successo.
Pensi che coach Wooden abbia lasciato un segno o una sorta di impronta che i giocatori possono sentire?
Beh sì, credo che giocatori ma anche i tifosi possano sentire gli effetti o il peso della tradizione che Wooden ha lasciato. La sua “legacy” si può ancora respirare qui a Los Angeles e un po’ anche negli Stati Uniti in generale.
Ok, veniamo ai tuoi anni da giocatore. Hai vinto un titolo Ncaa, e di sicuro avrai un sacco di ricordi di quei momenti, ce n’è qualcuno in particolare cui ogni tanto ti è capitato di ripensare in questi anni?
Ovvio, il canestro della vittoria contro Missouri quando mancavano meno di 5 secondi alla fine della gara. Sono riuscito ad aiutare la squadra a non uscire dal Torneo. Ricordo che eravamo tutti così felici che avremmo potuto continuare a giocare all’infinito.
Ricordi degli aneddoti? Chi era il giocatore più divertente di quel gruppo?
C’erano un sacco di ragazzi spassosi in quella squadra e penso che anche questo sia stato un fattore che ci rendesse speciali, cioè quanto ci divertivamo. Ci prendevamo in giro dalla mattina alla sera e ridevamo un sacco, sembravamo una famiglia. Comunque direi che tra tutti Kris Johnson e Ike Nwankwo erano quelli sempre pronti a scherzare.
Facciamo un salto in avanti. Oggi vedi il college da allenatore, che differenze ci sono rispetto agli anni ’90?
È cambiato tutto. Probabilmente il cambiamento più grosso è che questa è l’era degli one-and-done. Negli anni ’90 si lasciava il college per la Nba da junior (quindi al terzo anno, ndr). Di fatto c’erano squadre più forti perché gli atleti stavano più tempo con le università e potevano maturare sia mentalmente sia fisicamente. Oggi se hai talento e potenziale lasci il college dopo 1 o 2 stagioni e questo ha avuto un impatto sul livello di gioco generale, tanto è vero che i giocatori con i gruppi più esperti sono quelli che spesso fanno più strada al Torneo.
Veniamo ora al campionato che sta per iniziare. UCLA viene da un record di 31-5, ma ha anche perso 5 giocatori chiave. Parlaci della nuova stagione, che sensazioni hai?
È vero, abbiamo una squadra molto giovane, ma saremo anche più grossi e più atletici dell’anno scorso. Siamo un po’ diversi, senza dubbio, ma se i giocatori più giovani metteranno in mostra quello che crediamo siano in grado di fare abbiamo un grande potenziale. E poi ti ho detto, grazie a chili, centimetri e atletisimo daremo comunque problemi ai nostri avversari.
Aaron Holiday è pronto per essere il leader della squadra?
Lo vedo concentrato e pronto per guidare i compagni. Nelle ultime due stagioni è maturato e aveva già mostrato di essere in grado di fare il leader, mi aspetto grandi prestazioni da lui.
Parliamo dei freshmen, quali secondo te avranno un impatto immediato e quali invece potrebbero necessitare di più tempo per ambientarsi?
Se ti devo dire chi mi sembra pronto ora, dico Kris Wilkes, ma Jalen Hands gli è appena dietro. E il bello è che entrambi hanno ampi margini di miglioramento.
Dicci qualcuno che secondo te sorprenderà tutti.
Tenete d’occhio Prince Ali, è stato fuori quasi tutta la scorsa stagione per infortunio, ma adesso ha recuperato in pieno e viene da un’estate in cui ha fatto vedere ottime cose.
Vi aspettate un passo in avanti da lui, ma immagino anche da Alex Olesinski, è così?
Sì, entrambi dovranno essere più determinanti questa stagione.
L’anno scorso UCLA ruotava otto uomini, quest’anno sarà uguale o darete più spazio alla panchina?
A sensazione ti dico che saremo un po’ più “profondi” quest’anno, ma ovviamente dipenderà dai progressi che faranno i nostri freshmen.
Lo stile di gioco resterà però quello simil “run and gun” dell’anno scorso giusto?
Ah sì, questo sì. Rimane il nostro stile: ci piace correre e giocare in velocità.
Coach Alford ha detto: “Quest’anno saremo più efficaci in difesa”. Concordi?
Sì, perché come ti ho detto saremo più lunghi e atletici e grazie a questi fattori contiamo di essere più incisivi in fase difensiva.
Quali sono le tue mansioni specifiche come assistente?
Mi occupo di sviluppare determinate skill dei giocatori, aiuto nella fase strategica, e poi ovviamente do una mano negli allenamenti e nei reclutamenti.
Quali squadre della Pac-12 vedi come favorite?
Arizona sarà uno squadrone, ma anche USC ha un team pieno di talento.
Previsioni Final Four, chi vedi attrezzato per arrivarci?
Ovviamente UCLA… e poi, mah a pensarci anche Duke e Kentucky sembrano buone squadre (ride)
Parliamo di sponsorizzazioni. UCLA è sponsorizzata da Under Armour ma Kevin Durant ha detto che “nessuno vuole vestire Under Armour. Di sicuro non i giocatori più forti che già indossano Nike”. Che ne pensi?
Nike è risaputo ha avuto anni di gloria legati al basket, ma è evidente che qualcosa stia cambiando e che brand come UA o Adidas siano più aggressivi sul mercato.
A proposito di marchi aggressivi, cosa pensi degli scandali sui reclutamenti irregolari che hanno coinvolto alcune università, alcune legate proprio a marchi sportivi come Adidas?
Visto il mio ruolo, su questo argomento preferirei non commentare.
Parliamo della tanto chiacchierata famiglia Ball. Cosa ne pensi? Tu stai allenando LiAngelo, che giocatore è?
La famiglia ha sempre avuto un atteggiamento positivo e di supporto al nostro staff, apprezzando il lavoro che stiamo facendo con i figli. “Gelo” è un tiratore di tutto rispetto e sono sicuro che darà il suo contributo alla squadra.
Non tutti i coach la pensano così però. Alla domanda del sondaggio della Cbs “la presenza di LaVar Ball vi scoraggerebbe dal reclutare LaMelo se il ragazzo decidesse di cambiare idea e non giocare per UCLA?”, il 48,1% degli allenatori ha risposto di sì. Che ne pensi?
Che per noi la presenza di LaVar non ha effetti negativi e siamo felici che LaMelo si prepari a giocare con noi e a essere un Bruin.