Una carriera, al momento, spesa a inseguire il mare. Strano per una friuliana doc come Vittoria Blasigh. Ma prima a Gran Canaria e ora a Miami, passando per gli ultimi due anni a South Florida, la guardia classe 2004 è sempre andata alla ricerca di un posto al sole. Nella prossima stagione l’ACC diventerà il banco di prova di uno dei prospetti più interessanti del college basketball femminile italiano e Vittoria ci ha raccontato il suo percorso in America. Dai primi due anni a Tampa al trasferimento a qualche centinaia di chilometri più a sud, a Coral Gables nell’università di Miami, passando per l’esperienza intensa del portal.
Com’è andata la tua ultima stagione a South Florida?
Gli obiettivi di inizio anno erano vincere la conference e arrivare alla March Madness e li abbiamo raggiunti, mentre a livello personale volevo crescere come giocatrice, migliorare sul mio impatto sul campo, perché voglio sempre trovarmi pronta. Quest’anno avevamo comunque una buona squadra, quindi il mio ruolo è cambiato rispetto al mio primo anno. Fino all’ultimo momento volevo vincere, soprattutto dopo la prima partita contro Tulane, ho detto a me stessa: voglio dare il massimo, voglio vincere, perché non vedevo l’ora di giocare la March Madness. Ho dato davvero tutto e ne ero super contenta. Il bello della nostra squadra quest’anno è stato che non c’era mai una sola giocatrice a segnare 20 punti: ogni partita era una diversa a emergere. Con il nostro playmaker, Mama Dembele, che è bravissima a distribuire la palla a tutte, eravamo davvero un gruppo unito, dentro e fuori dal campo.
South Florida è un programma che ha sempre dato molto spazio alle giocatrici International. Prima di te, c’era Elisa Pinzan che è stata un perno della squadra come poi lo sei stata tu. Nel momento in cui le Bulls ti stavano reclutando hai parlato con lei?
All’inizio, quando ho cominciato a parlare con alcune università, volevo capire com’era l’esperienza, ed Elisa Pinzan mi ha dato dei consigli preziosi. Sì, il programma di South Florida è davvero impressionante: ci sono molte giocatrici europee ed è proprio questo, secondo me, l’aspetto che mi ha attratto di più. Arrivando da uno stile europeo, avendo già giocato a Gran Canaria, sapevo che sarebbe stata una grande opportunità per migliorare, mantenendo comunque il mio stile di gioco europeo. Anche se la conference non è tra le Power Five, le partite di non-conference mi hanno dato l’opportunità di giocare contro squadre importanti come South Carolina, Duke, TCU e Mississippi State, quindi dà comunque la possibilità di crescere molto.
𝐅𝐫𝐞𝐬𝐡𝐦𝐚𝐧 𝐨𝐟 𝐭𝐡𝐞 𝐘𝐞𝐚𝐫 🏀
Vittoria Blasigh x @USFWBB #AmericanHoops pic.twitter.com/KvuIkz8UH1
— The American (@American_Conf) March 8, 2024
Raccontaci l’esperienza del portal: quali squadre ti avevano contattato, oltre Miami?
Il trasferimento da South Florida a Miami è stata una scelta importante per me. L’esperienza nel transfer portal è stata comunque difficile da affrontare. Quello che volevo fare era provare nuove esperienze perché giocavo in una conference che non è una delle Power Five e volevo mettermi alla prova a un livello superiore. Cercavo proprio la ACC, che è una conference di alto livello, per crescere ancora di più, sia come giocatrice che come persona. Questa è stata la motivazione principale. Non avevo nessun problema con la squadra o con gli allenatori, con cui mi trovavo davvero bene, quindi è stata una decisione molto difficile da prendere.
Per inserire il tuo nome nel portal devi firmare alcuni documenti e inserire i tuoi contatti, come Instagram, e-mail e numero di telefono. Da lì, le università possono contattarti tramite questi canali. Poi sei tu a parlare con gli allenatori, che magari ti propongono una visita o ti mostrano dove potresti vivere, e ti spiegano il progetto della squadra. Quindi ricevi davvero tante offerte e per me è stato difficile scegliere. Miami è nella mia testa già da prima di arrivare in America: era stata sempre la mia università dei sogni, quindi speravo di arrivare lì. Mi hanno contattata Arizona, NC State, Clemson, però Miami è stata la prima che mi ha preso fin dall’inizio, l’allenatrice è stata veramente super carina con me, poi mi è piaciuto il fatto che hanno tutto un nuovo progetto, perché tante erano senior e andavano via, quindi sono rimaste veramente solo in due, e anche se non hanno fatto bene quest’anno, so che fanno una squadra nuova, e ho l’opportunità di giocare e competere a livello molto alto. Quindi non ho esperienza, ma sono pronta.
Il portal è veramente pazzo come tutti dicono?
Il mio telefono riceveva notifiche ogni cinque minuti, quindi ad alcune offerte purtroppo non riuscivo nemmeno a rispondere, ma ho cercato di essere il più gentile possibile e di considerare tutte le proposte, perché non si sa mai cosa potrà succedere in futuro. È stata comunque una scelta difficile, perché ci sono molte cose da valutare, non solo dal punto di vista del basket, ma anche per quanto riguarda l’università e quale fosse la scelta migliore per me. Essendo già al secondo anno, dovevo capire quali crediti potevano essere riconosciuti e quali no. Inoltre, uscire dalla Florida avrebbe rappresentato un problema, visto che mi laureerò l’anno prossimo e vorrei approfittare dell’opportunità di fare un anno in più per il master. Ho avuto la fortuna di aver preso qualche corso in più durante l’anno e non volevo perdere troppi crediti, quindi rimanere nello stesso stato mi aiutava anche sotto questo aspetto.
BREAKING: USF’s Vittoria Blasigh has committed to Miami, sources told @On3sports.
The 5-9 sophomore averaged 10.4 ppg last season.
TRACKER: https://t.co/StsxDxjlYl pic.twitter.com/wVDSByL0WR
— Talia Goodman (@TaliaGoodmanWBB) March 31, 2025
L’anno prossimo giocherai quindi in ACC, una delle migliori conference della nazione. Duke, la Notre Dame di Hannah Hidalgo, NC State e North Carolina: ti senti pronta per questa nuova esperienza?
La cosa bella adesso è che arrivo con due anni di esperienza alle spalle, avendo giocato due stagioni con USF, durante le quali abbiamo fatto bene, affrontando avversarie forti. Giocare in una squadra della ACC significa avere maggiori possibilità di vincere più partite, anche se ogni gara in questa conference è difficile, ed è proprio questo che volevo. Non vedo l’ora di giocare contro Notre Dame, North Carolina, e spero anche Duke, perché mi piacerebbe batterle di nuovo. Per quanto riguarda una giocatrice, sicuramente Hannah Hidalgo di Notre Dame, che ha vinto il premio di Player of the Year, e non vedo l’ora di affrontarla. Miami è diventata la mia vera ossessione, già da quando ero ad Udine. Poi arrivata a Gran Canaria guardavo su Instragam e vedevo Miami, il palazzetto, l’atmosfera. Certo, è un’università americana molto conosciuta, ma io allora non sapevo molto. É un po’ un sogno che si sta realizzando.
Hai giocato contro Hailey Van Lith e la UConn campione di Paige Bueckers, Sarah Strong e Azzi Fudd. Com’è stato affrontare queste giocatrici?
Hailey per me è una giocatrice fantastica, molto competitiva, e ciò che mi colpisce di più è il fatto che sia sempre pronta, anche nei momenti difficili, e che si assuma sempre le responsabilità. Giocatrici come lei, così come Paige, Azzi o Sarah Strong, nonostante la giovane età, sono esempi da seguire. Contro UConn è stato complicato giocare e il punteggio è stato piuttosto severo nei nostri confronti. Le Huskies hanno dimostrato di essere una formazione impressionante e sono grata di aver avuto l’opportunità di giocare contro di loro. Per me Bueckers è una giocatrice straordinaria: la sua visione di gioco è eccezionale e tutto ciò che fa sembra così semplice, ha un talento impressionante. Fudd è una tiratrice molto veloce e difficile da difendere, mentre Sarah Strong, che ha impressionato anche nella March Madness, è molto giovane ma gioca come una veterana. È una giocatrice che si fa sentire in campo grazie alla sua grande fisicità e al carattere, è davvero molto brava. Avendo giocato sia contro UConn che contro South Carolina, mi aspettavo che vincessero loro in finale.
Com’è cambiato il tuo gioco in questi due anni americani?
Io direi che, a livello fisico, l’impatto è stato pazzesco fin dall’inizio. Ricordo che parlavo spesso con Eleonora Villa e parlavamo di quanto sia diverso lo spazio che qui occupa la parte fisica, e all’inizio è stato davvero difficile abituarsi. Sì, è stato molto impegnativo, ma una volta che ti abitui, ti manca davvero stare lì. Oltre alla fisicità, c’è anche il lavoro sulla tecnica di tiro che ti aiuta molto, ad esempio con i movimenti combinati che fai durante le sedute individuali con l’allenatore. Sono sempre esercizi diversi, e questa varietà è proprio la cosa più importante.
Hai ancora altri due anni di eleggibilità, quali sono gli obiettivi personali e di squadra per la prossima stagione.
L’obiettivo sarà la March Madness mentre a livello personale il mio obiettivo è continuare a crescere, sia come giocatrice che come persona. Voglio portare in campo tutta l’esperienza che ho maturato in questi due anni, essere sempre al servizio della squadra, prepararmi a lavorare duramente durante tutta l’estate, competere ogni giorno e cercare di vincere il più possibile. Un aspetto su cui dovrò sicuramente migliorare è la mia leadership: voglio crescere come leader, soprattutto perché abbiamo anche giocatrici giovani, freshman, e desidero essere un esempio per tutta la squadra.
Mi sento di essere pronta ad avere questo ruolo, so di dover essere una presenza affidabile, capace di portare equilibrio quando serve. Se qualcosa non va durante l’allenamento, devo saper prendere in mano la squadra, raggrupparla e spingerla a dare sempre il massimo. L’allenatrice è davvero molto gentile: quando ero ancora in America, prima di venire in Italia, abbiamo parlato al telefono per quasi tre ore. Mi chiamava sempre, era davvero carina. Anche durante la visita, tutti gli allenatori sono stati molto accoglienti e gentili con me, mi hanno spiegato chiaramente cosa si aspettano e quali sono gli obiettivi della squadra. Quello che mi è piaciuto di più è stato il fatto che mi sono sentita come a casa, come se fossi parte di una famiglia.