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Addio Massimino, l’Ncaa piange un simbolo

Autore: Manuel Follis
Data: 31 Ago, 2017

All’età di 82 anni è morto Rollie Massimino, storico coach di Villanova che solo pochi mesi fa era arrivato a conquistare il traguardo delle 800 vittorie in carriera, e che l’anno scorso era stato a un passo dall’entrare nella Hall of Fame.

‘Coach Mass’ non ha infatti mai smesso di allenare e negli ultimi 10 anni ha guidato la Keiser University, un ateneo appartenente alla NAIA (National Association of Intercollegiate Athletics), una Lega parallela di livello inferiore a quello della Ncaa che riunisce college americani e canadesi. Ma la sua carriera è legata principalmente a quello che ha fatto alla guida dei Wildcats.

Ricordare Massimino, lo scriviamo anche per i più giovani, è un tributo doveroso che ha ancora più senso perché ha rappresentato al meglio l’essenza del college basketball. Il coach del New Jersey è stato uno degli allenatori simbolo della Ncaa e in fondo nella sua storia ci sono tutte le caratteristiche che rendono il basket universitario così affascinante.

Rollie Massimino con Jay Wright dopo la vittoria di Villanova del 2016

Rollie Massimino con Jay Wright dopo la vittoria di Villanova del 2016

Uno degli elementi peculiari del college basketball è proprio il ruolo che hanno gli allenatori, che spesso per i loro atleti sono maestri a 360 gradi, dentro e fuori dal campo. Innovatore, lavoratore, Massimino appartiene a quella categoria di coach che non si sono “limitati” a gestire un gruppo ma che hanno provato, riuscendoci, a lasciare un segno.

Ripercorrendo la sua carriera, il ricordo più nitido, che peraltro è già una pietra miliare della Ncaa, è la cavalcata del 1985, quando Villanova (che veniva da un periodo nero con 7 sconfitte nelle ultime 13 partite) entrò al Torneo Ncaa (il primo giocato a 64 squadre) con la testa di serie n. 8 e riuscì a vincere il suo primo trofeo battendo 66-64 la fortissima e favorita Georgetown, allora guidata da Patrick Ewing.

Patrick Ewing - Georgetown

Patrick Ewing – Georgetown

E’ tutt’oggi una delle conference più importanti ma a quel tempo la Big East era davvero fortissima, con tanti allenatori considerati santoni del basket, da John Thompson (Georgetown) a Lou Carnesecca (St John’s), da Bill Raftery (Seton Hall) a Jim Boeheim (Syracuse). Le statistiche, prima di disputare la finale, dicevano che gli Hoyas avevano già battuto due volte in stagione (sempre di misura) i Wildcats e sostanzialmente nessuno pensava che le cose sarebbero andate diversamente.

Invece andò in scena uno degli upset più clamorosi della storia del college. Georgetown era famosa per la sua difesa asfissiante a tutto campo, forte del fatto che a proteggere il suo canestro c’era un fenomeno difensivo come Ewing. Massimino allora preparò la partita cambiando sia il ritmo dell’attacco sia gli schemi difensivi usati due giorni prima contro Memphis.

Rallentò ancora di più l’esecuzione offensiva, già lenta, chiedendo ai suoi ragazzi di gestire ogni possesso come se fosse il tiro finale della gara, forte anche del fatto di avere in squadra ottimi tiratori di liberi. Quello fu l’ultimo anno senza limitazione di tempo per l’azione di tiro, dalla stagione successiva venne introdotto anche al Torneo lo “shot clock” con un limite di 45 secondi, e c’è chi dice che la scelta della Ncaa (che comunque durante la stagione regolare aveva testato l’uso del cronometro) arrivò immediatamente proprio per evitare impostazioni di gioco come quelle di Villanova, cioè per “limitare” gli upset.

 

La sostanza è che c’è chi parla ancora oggi di quella gara come “the perfect game”, e se guardate le percentuali capite perché. I Wildacts conclusero la gara (a quel tempo non esisteva il tiro da 3, che venne introdotto al Torneo due anni dopo) tirando 22/28 dal campo, cioè un mostruoso 78,6%, e 22/27 dalla linea del tiro libero, l’81,5%. In difesa invece Massimino decise di mixare uomo e zona, anche all’interno della stessa azione, e la mossa fu così efficace che il coach custodiva in una teca a casa il libro che descriveva quel set difensivo, che aveva chiamato “multiples”.

Il ricordo di Massimino è tutto questo. La Ncaa al suo meglio. La storia del college e la storia di un grande coach e di un grande uomo. Il motivo per cui il college basketball, pur senza l’atletismo diffuso della Nba o la tecnica sopraffina che si può ammirare in Eurolega, è ancora oggi un mondo a parte suggestivo e avvincente. Anche per questo il coach di Villanova sarà presto accettato nella Hall of Fame.

Per chi volesse approfondire

Sport Illustrated: The Perfect Game (scritto da Tim Layden)

oppure

Villanova-Georgetown: gli ultimi minuti di partita

 

Villanova-Georgetown: la finale integrale del 1985 

 

Il documentario della HBO: perfect upset Villanova vs Georgetown

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