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Da Brunson a Sexton, le migliori PG

Autore: Paolo Mutarelli
Data: 19 Apr, 2018

La stagione appena conclusa doveva essere la vetrina di lunghi da Nba visto che tra i freshmen c’erano molti talenti di stazza. Il gioco collegiale però si sta evolvendo sempre più in direzione smallball con molti tiratori in campo e soprattutto un playmaker che sappia gestire ritmo e momenti della partita. La regola è che una squadra che vuole puntare alle Final Four difficilmente può fare a meno di una point guard, estensione della mente dell’allenatore in campo. Ecco quali sono state le migliori della stagione.

Jalen Brunson – Villanova – Junior (18.9 pts, 4.6 assist, 41% da tre)

Brunson per tre anni è stato l’alter ego di Jay Wright sul campo. É uno dei quattro giocatori che hanno vinto due titoli NCAA in carriera e anche il National Player of the Year (gli altri sono Bill Walton, Lew Alcindor e Christian Laettner, mica male). E’ stato il simbolo di uno dei cicli più vincenti della storia della Division I, 103-13 è il record nei suoi tre anni, e tutto questo è stato ottenuto grazie all’impegno costante in palestra e al sistema di Wright, cucito alla perfezione per giocatori come lui. Durante l’anno ve lo abbiamo descritto in modo approfondito, e grazie al mix tra lavoro, mentalità e tecnica, non è detto che non trovi un posto anche tra i professionisti.

Devonte Graham – Kansas – Senior (17.3 pts, 7.2 assist, 41% da tre)

La sua evoluzione ha coinciso con quella del gioco di Kansas negli ultimi anni. Passato da essere una guardia tosta in difesa ad un playmaker completo che sa punire in tutti i modi gli avversari, ma che dà il meglio quando può dividere le responsabilità con un altro portatore di palla. Ha trascinato Kansas per tutta la stagione a suon di triple, lasciando poi spazio nel torneo a un Malik Newman clamoroso, ma il suo impatto è rimasto fondamentale. Il suo tiro è stata l’arma per scassinare le difese, soprattutto perché ha attirato tante attenzioni, mentre il suo pick&roll ha messo in ritmo la batteria di tiratori di Kansas. Ha conquistato il quarto titolo della Big 12 in quattro anni, quattordicesimo di fila per Kansas, e il Big 12 Player of the Year.

Keenan Evans – Texas Tech – Senior (17.6 pts, 3.1 assist, 32% da tre)

Il leader di una delle più grandi sorprese delle stagione. Se per un secondo qualcuno ha pensato che Kansas non avrebbe conquistato il titolo della Big 12, è stato merito dei Red Raiders e suo in particolare. Le proiezioni delle sue statistiche sui 40 minuti sono da fenomeno (23 punti con il 56% da due), pur non avendo un tiro da tre pericoloso. La difesa è uno dei suoi punti forti, sempre aggressivo e fastidioso contro le guardie della Big 12, ha permesso a Texas Tech di avere la quarta difesa della nazione (90.8 di AdjD). L’Elite 8 è stato il grande traguardo sia per lui che per la squadra, che però l’anno prossimo perderà ben cinque senior. Evans compreso.

Trae Young – Oklahoma – Freshman (27.4 pts, 8.7 assist, 36% da tre)

Il nuovo Stephen Curry o solo un sopravvalutato? Due tesi legittime che rispecchiano a pieno l’andamento della stagione di Young e di Oklahoma: nei primi due mesi sembrava un fenomeno mai visto in Ncaa e ha trascinato i Sooners sino alle vette del ranking, poi molte più ombre che luci, con prestazioni personali e di squadra calate vistosamente, e talvolta con atteggiamenti rivedibili. Le fredde cifre restano sbalorditive: leader per punti segnati, assist, Usage Rate (37.1%) e Assist% (48.5%). Mai sotto gli 11 punti in stagione, ha superato per ben quattro volte quota 40, con un’ottima capacità di andare in lunetta (8 TL a partita) e ha anche registrato il nuovo record per assist effettuati in una partita, 22. Se non si fosse specchiato troppo nel suo talento nella seconda parte della stagione, la posizione nel nostro ranking sarebbe stata probabilmente più alta.

Collin Sexton – Alabama – Freshman (19.2 pts, 3.8 assist, 33% da tre)

La versione collegiale di Russell Westbrook o, per tenerci più bassi, di De’Aaron Fox. Playmaker moderno, rapidissimo, che dà il meglio correndo negli spazi aperti, dove può sfruttare le sue immense doti atletiche. È stato l’attrazione principale di Alabama, che ha vissuto una stagione piena di alti e bassi. Proprio le sue prestazioni potrebbero valergli la palma della migliore point guard al prossimo draft, Young permettendo. Nelle ultime 16 partite ha trascinato i Crimson Tide al torneo, andando sempre in doppia cifra, sforando spesso i 30 e i 20 punti. Il suo punto debole è il tiro da tre, anche se il ragazzo non è timido (4 tentativi a partita).

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