C’è il reclutamento normale, e c’è quello di Achille Lonati. Non è un general manager qualsiasi quello che ha contattato e convinto la guardia dell’Olimpia Milano ad attraversare l’oceano con destinazione St. Bonaventure University. Adrian Wojnarowski è infatti un nome molto noto negli Stati Uniti, e non solo, per essere stato a lungo il principale insider Nba per Espn ma l’anno scorso ha lasciato la carriera da giornalista ed è tornato nella sua alma mater per riportare la squadra maschile di basket ad alti livelli. Per farlo, ha scelto anche Lonati che, dopo aver raggiunto la finale della NextGen, è pronto per iniziare la sua avventura in Ncaa. Assieme a Dame Sarr e a Maickol Perez, fa parte del gruppo dei giovani italiani delle due meravigliose annate 2006-2007 che hanno deciso di accettare le offerte dei college americani. Per giocare, per guadagnare, ma anche per studiare.
Nato a Magenta e cresciuto a Gropello Cairoli in provincia di Pavia, Lonati è una guardia di 192 cm con un tiro che ha fatto le fortune delle giovanili di Milano e della Nazionale. Ecco cosa ci ha raccontato il giorno prima di partire per Abu Dhabi, dove è stato il migliore realizzatore del torneo ed è stato inserito nel primo quintetto assieme al suo grande amico Luigi Suigo.
Con le Final Eight della NextGen concludi la tua esperienza all’Olimpia, dopo 10 anni e tanti trofei. Come è stato il tuo percorso?
Il mio rapporto con Milano è nato in un modo un po’ particolare. Ero proprio piccolino e ho fatto un’amichevole contro l’Olimpia quando giocavo in prestito a Vigevano, avevo 8-9 anni, forse anche meno. Mi hanno visto e hanno iniziato a chiamarmi ma io non volevo andare, un po’ perché li avevo battuti e mi sentivo più forte di loro, un po’ perché ero timido e poco aperto a nuove esperienze. Ma hanno continuato a chiamarmi e ho fatto tornei in prestito con loro per un paio d’anni e poi mi hanno convinto e sono andato. Ho fatto la scelta migliore che potessi fare e più di metà della mia vita l’ho passata lì, in un ambiente bellissimo, una famiglia, con un bellissimo gruppo che ha mantenuto un livello davvero alto da piccolissimi fino all’under19. C’era già qualcosa nell’aria che saremmo stati un gruppo speciale e così è stato.
C’è anche tanta Nazionale nel tuo percorso giovanile e la scorsa estate hai avuto un assaggio di pallacanestro americana con la finale mondiale Under 17 contro Team Usa: raccontaci com’è andata tra AJ Dybantsa e i fratelli Boozer
Siamo arrivati in Turchia consapevoli dei nostri mezzi, sapevamo di poter competere con tutti, con la mente libera. Poi abbiamo perso le prime due del girone, si è riacceso qualcosa con la Nuova Zelanda ma agli ottavi con l’Australia siamo andati sotto di tanto. Io stavo facendo una partita tremenda, uno schifo, però non ci siamo abbattuti, ci siamo dati forza, siamo passati a zona con Suigo sotto canestro a fare da ombrellone, l’abbiamo buttata un po’ in caciara e punto dopo punto siamo arrivati lì, appiccicati. Ceccato ha messo una bomba assurda e poi all’overtime non c’è stata più storia, mi sono acceso finalmente anch’io e quella partita ha svoltato il Mondiale. In finale personalmente non pensavo che sarebbe stata una partita a senso unico e che ci avrebbero rullati come poi è stato. Ero abbastanza fiducioso, non dico che ero sicuro di vincere, però pensavo comunque che ce la potessimo giocare. E invece il loro livello atletico e fisico ha avuto subito un impatto devastante. A giocare sulla metà campo meglio noi, però il loro pressing a tutto campo era qualcosa di incredibile: come avevi palla, arrivava il raddoppio di omoni di due metri e passa che saltavano un metro e mezzo con le braccia larghe tre metri. Anche solo vedere un minimo di luce per fare un passaggio era fantascienza, è stata una cosa incredibile, non sei mai abituato a incontrare una press così. Se ti arriva un raddoppio, con una squadra umana uno spazio per far uscire la palla lo trovi. Contro Team Usa lo trovi una volta sì e quattro no.
Tu però sei stato perfetto da 3 con 6/6 nella finale di Istanbul, è stato dopo quella partita che hai iniziato ad avere contatti concreti con il mondo dell’Ncaa. Oltre a St. Bonaventure, quali altri college si sono interessati a te e quanto è stato difficile scegliere?
Sì, i contatti con i college sono iniziati dopo il Mondiale. La prima videochiamata che ho fatto è stata con Texas Tech a fine ottobre-inizio novembre e poco dopo con Xavier dove poi è cambiato tutto. Texas Tech sembrava molto interessata e mi avevano chiesto di andare in visita, ma non si sapeva anche lì cosa sarebbe successo con il coaching staff e quindi aveva poco senso andarci. Poi il mio agente mi ha detto che era stato contattato da Woj a fine gennaio-inizio febbraio, gli ha detto che era interessato a me e da subito Woj mi è stato proprio addosso. Ho fatto la prima videochiamata con lo staff, poi poco dopo la seconda con il coach che è un passo molto importante nel recruiting perchè il fatto di farla con il coach vuol dire che c’è un forte interessamento.
Woj, cioè Adrian Wojnarowski. Com’è stato il rapporto con lui e quanto ha influito l’interessamento di un personaggio del genere?
È stato proprio Woj in persona a contattarmi e questo ha fatto la sua buona parte perchè fa un certo effetto passare da leggerlo tutti i giorni che scrive dei migliori giocatori del mondo a vederlo che mi segue su instagram e mi scrive su whatsapp. E poi la Woj bomb dedicata a me è stata incredibile. È una persona super, mi scriveva quasi tutti i giorni e si è creato anche un bel rapporto. Volevano vedermi da subito, mi parlavano della visita, poi Woj è venuto alla NextGen a Belgrado ed è passato a Milano e abbiamo fatto una cena insieme. Poi abbiamo cercato di incastrarci per fare questa visita che doveva essere poco prima delle finali nazionali a metà aprile, con Woj e il mio agente che si stavano organizzando fino a quando mi è arrivato improvviso il messaggio sabato sera del mio agente che diceva partiamo martedì.
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— Adrian Wojnarowski (@wojespn) April 16, 2025
Era fine marzo e sei arrivato per la prima volta a St. Bonaventure, piccolo college cattolico nello stato di New York, chiamato dai suoi studenti ‘The Bubble’ perchè è in mezzo al nulla. La visita ufficiale prevede 48 ore nel campus, quali sono state le tue prime impressioni?
E’ stata una bellissima esperienza, ho conosciuto tutto quello che gira attorno alla squadra, com’era tutta la scuola, anche la parte di studio che è molto importante, e poi abbiamo definito le ultime cose del contratto. Mi ha fatto una bellissima impressione, il campus è piccolino con circa 2500 studenti, in mezzo a una riserva naturale con montagne e colline attorno. E’ in mezzo al niente, c’è giusto una piccola cittadina di fianco, Buffalo è a più di un’ora di macchina dove c’è l’aeroporto. C’’è un bel clima all’interno del campus, è molto accogliente, un clima molto famigliare e questo è stato un punto a favore.
Parlaci di Mark Schmidt, coach da quasi 20 anni dei Bonnies e tra i più apprezzati nel mondo mid-major.
Simpaticissimo, mi ha portato lui in giro in macchina a mangiare fuori, davvero simpaticissimo. Mi ha fatto una grandissima impressione, anche parlandoci si vedeva che mi conosceva bene, mi aveva visto giocare per davvero, mi ha parlato del suo stile di gioco e come mi adatterei e anche questo mi è sembrato super.
Dopo una stagione non esaltante, St. Bonaventure è stata praticamente ricostruita. Come ti sembra la squadra e come immagini il tuo percorso nei prossimi anni in Ncaa?
Nel reclutamento Woj punta molto su una cosa, lui dice che riesce a capire chi sono le persone adatte ai Bonnies, cioè chi ha attaccamento a un posto. Sta cercando di fondare una squadra che non si smantelli come si è visto in questo transfer portal con college rimasti anche con zero giocatori. Punta molto su giocatori che vogliono rimanere legati a quel posto. Poi, ovvio, difficile dire da qua a un anno cosa succederà, vediamo come andrà la stagione. Se gioco da dio e ho offerte da 50 milioni, è logico cambiare ma sono contento della scelta che ho fatto e non mi dispiacerebbe rimanere lì 4 anni. La squadra mi pare molto buona, ho seguito solo alla fine la passata stagione, ma ora ci sono stati buoni innesti: Big Joe il rosso (Joe Grahovac, qui la sua incredibile storia) mi sembra veramente un gran giocatore, anche Frank Mitchell (junior, transfer da Minnesota) che è un altro centro, e poi le guardie come il play russo di buon livello (Ilia Ermakov, anche lui freshman classe 2007 in arrivo dal Cska). Penso che possiamo puntare a fare meglio, l’obiettivo per tutti è andare alla March Madness, ma è difficile avere ora un quadro generale. Penso comunque di essere andato in un buon posto e in una buona squadra.
"Achille has shown a penchant for big-game performances in clutch moments with the Italian national teams and Olimpia Milano, but it is his consistency of work, preparation and poise that has us especially excited about his future."
🏀 Bonnies General Manager @wojespn pic.twitter.com/tZtWnb6rf1
— Bonnies Men's Basketball (@BonniesMBB) April 22, 2025
Parliamo di Nil, perché è ovvio che ora l’Ncaa è attraente anche per i soldi che offre: che peso ha avuto nel tuo recruiting?
Ammetto che anch’io non ci sto capendo molto, con regole nuove che devono entrare in vigore come il salary cap. Ne sono completamente estraneo, fortunatamente ho chi se ne occupa per me e anche durante la trattativa con St. Bonaventure io non ho fatto niente, ha fatto tutto l’agenzia. E’ arrivato il contratto tutto controllato da avvocati, io me lo sono fatto spiegare in termini umani e poi l’ho firmato. Sicuramente è un cambiamento che va a vantaggio dei college: i soldi che ti può offrire un college in Europa non te li offre nessuno ed è impensabile che un giovane venga pagato milioni di euro come succede nei college. Purtroppo non è il mio caso (sorride), non guadagno ancora milioni, e per me è stato fondamentale anche poter proseguire il mio percorso scolastico. In Italia è difficile se si fai basket ad alto livello proseguire anche con l’università e laurearsi, quindi anche quello è stato importante, anche più del Nil. Mi sono iscritto a economia e anche avere una borsa di studio da un college comunque importante come St. Bonaventure fa tanto.
Dicci una particolarità del tuo contratto, prevede per esempio che devi fare 3 spot per le patatine X?
Nel mio Nil c’è una cosa molto simpatica: nel paesino di fianco al college c’è un ristorante italiano che si chiama Angee’s. Farò una collaborazione con loro e nel menu verranno rinominate le lasagne in Lonati lasagne.
“The warmth and passion from the fans made my decision an easy one. I can't wait to wear this jersey and give everything I have alongside my new teammates.”
🏀 Achille Lonati pic.twitter.com/Sti5eFQrat— Bonnies Men's Basketball (@BonniesMBB) April 22, 2025
Pregi e difetti di Achille Lonati in partenza per gli Stati Uniti
Non mi sento assolutamente arrivato in nessun aspetto del mio gioco. Anche sul tiro, che a ora è il mio punto di forza, so che c’è tanto da migliorare. Devo velocizzarlo per riuscire a essere più efficace in molte situazioni come le uscite dai blocchi per avere percentuali più alte e anche per avere più chance di crearmi tiri. Sicuramente devo migliorare tanto in difesa e devo lavorare tanto in palestra per migliorare la fisicità. Difesa e fisico sono i due punti più carenti che ho ma sono fiducioso, so che posso lavorarci e voglio farlo. Non ho fretta e sono anche molto contento di essere riuscito un po’ a evolvere il mio gioco, a diventare un giocatore più da palla in mano per gestire la squadra come playmaker e non solo da guardia, giocando di più il pick and roll.
Facciamo un salto in avanti: dove andrai a giocare quando lascerai l’Ncaa?
Sono cresciuto da piccolino guardando l’Nba e Lebron James, trovarmi eventualmente in Nba sarebbe incredibile e certo che è un obiettivo. So che c’è tanto, tantissimo, tantissimissimo da lavorare, so che ora come ora non sono a quel livello ma vediamo in futuro. Come stile mio personale, sono più un giocatore da Eurolega che da Nba, sarebbe incredibile andare in Nba ma anche ‘solo’ giocare in Eurolega sarebbe un obiettivo gigante. Ne sto parlando con scioltezza ma sarebbe un sogno anche quello, sarebbe bello tornare a giocare in Eurolega a casa mia, cioè all’Olimpia Milano. Mi mancherà, è parte della mia routine, sono più al Forum che a scuola, tutti I miei giorni passo ore e ore al Forum e farà un certo effetto non andarci più.
Per concludere, cosa prevede il tuo programma ora?
Ora la mia stagione dopo la NextGen è finalmente finita, e dico finalmente perché è stata veramente stressante a livello fisico: con serie B e under 19 abbiamo fatto più di 100 partite e si sentono. Mi aspetta la maturità perché senza quella non posso andare e ora posso farla al meglio. Poi la patente, ho preso il foglio rosa, la nazionale con l’Europeo a luglio e dopo spero di fare almeno due settimane di vacanza. E poi parto.