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Auburn e la rinascita di Bruce Pearl

Bruce Pearl (Auburn)
Autore: Raffaele Fante
Data: 10 Gen, 2018

Tredici vittorie di fila, record di 3-0 nella SEC, miglior inizio dal 1999/2000, back to back wins contro squadre del ranking dopo 31 anni e ritorno nella Top25 dopo 5.640 giorni.

No, nessuno aveva previsto tutto questo. Scandalo, corruzione, licenziamento: queste sono le parole chiave dell’inizio della stagione di Bruce Pearl. E indubbiamente ci sono modi migliori per affrontare un anno che non deve essere di transizione ma di riscatto, per migliorare un record perdente di 44-54 dal 2014 a oggi, cioè il triennio con Pearl sulla panchina di Auburn.

I Tigers perdono nel giro di un mese vice allenatore (Chuck Person), secondo miglior realizzatore (Danjel Purifoy) e centro titolare (Austin Wiley) per l’inchiesta dell’Fbi che coinvolge pesantemente l’università dell’Alabama e il suo sistema di reclutamento. È la terza volta che il 57enne allenatore da Boston si trova in mezzo a problemi di questo tipo, dato che già quando era assistant a Illinois e, soprattutto, quando è diventato head coach a Tennessee il suo lavoro finisce sotto indagine.

Aaron Craft è un nome noto ai tifosi italiani, visto che l’anno scorso ha portato l’Aquila Trento in finale, e proprio il maldestro tentativo di reclutare la guardia poi finita a Ohio State costa a Pearl la panchina dei Vols. Dove peraltro aveva fatto più che bene, facendo diventare un college famoso solo per il football un nome importante anche per il basket: 6 volte al torneo Ncaa in 6 anni, con due Sweet 16 e una Elite 8. Senza di lui, una sola volta al torneo nei 6 anni successivi.

Pearl a una partita delle Lady Vols di Tennessee

Per tre anni rimane in Tennessee a lavorare per H.T. Hackney come vice presidente del settore marketing della mega catena di supermercati e poi, scontata la dura squalifica dell’Ncaa, torna ad allenare. Tre stagioni con i Tigers senza mai raggiungere le 20 vittorie, traguardo superato in 17 delle sue precedenti 19 stagioni da head coach, e partenza della quarta con voci insistenti di licenziamento per essersi rifiutato di collaborare con l’indagine interna di Auburn e con due giocatori importanti fuori roster. Facile prevedere un disastro. Ma se c’è una cosa che il vulcanico Pearl sa fare, è cavarsela nelle difficoltà e ottenere il meglio dai suoi giocatori.

Ha una rotazione teoricamente corta, una delle squadre più giovani (318/a) e basse (302/a) della Division I e quindi punta sull’unica cosa su cui può puntare: il carattere. E sul carattere, dovrebbe essere ormai chiaro, Pearl la sa piuttosto lunga. La base del suo sistema è la flex offense giocata con 5 guardie/ali visto che il giocatore più interno (chiamarlo centro è davvero troppo) è 1.90 cm, ma fa niente: arrivato quest’anno da Presbyterian College, Desean Murray è il primo rimbalzista della squadra con 7.4 a partita e Auburn la decima della nazione con 42 e guida la SEC in quelli offensivi per partita (13.4). Perché a rimbalzo ci vanno tutti e il risultato è che, in 16 partite, i Tigers hanno perso solo due volte la lotta sotto i tabelloni.

 

Aggressività fisica e durezza mentale sono le nuove caratteristiche di Auburn, non solo a rimbalzo ma soprattutto in difesa. Di chi il merito? È lo stesso coach a riconoscerlo: “Da quando Steven è entrato nel coaching staff, mi ha ricordato che le nostre squadre a Tennessee erano anche meno talentuose di questa, ma giocavano molto più duro. Quindi Steven ha portato quella fisicità, quella durezza, quel senso di responsabilità che ci mancavano e si è focalizzato soprattutto sulla difesa”. Steven è il figlio più vecchio di Pearl, dallo scorso aprile assistant coach dei Tigers dopo aver giocato per il padre a Tennessee.

Steven e Bruce Pearl

Anche in attacco la squadra funziona, 11/o della nazione per punti segnati con oltre 87 a partita. Ovviamente corrono, ovviamente tirano da 3 (26 triple tentate a partita), anche se Bryce Brown è l’unico specialista vero della squadra (8.7 a partita con il 36.5%). Funziona anche la mano di Jared Harper, passato dal 34.4% a 43.2%, ma la vera sorpresa è il freshman Chuma Okeke, che sta tirando con il 42.5% e ha deciso così la sfida con Tennessee

 

Di base, il sistema offensivo di Pearl lascia grande libertà ai suoi giocatori, che sono per lo più interscambiabili in tutti i ruoli visto che sono più o meno alti uguali. Mustapha Heron è il leader e il migliore dei tre sophomore che partono in quintetto, torello tuttofare che preferisce arrivare al ferro ma che sa anche tirare da fuori, cosa che ama molto fare Anfernee McLemore, unico starter che supera i due metri e teorica PF della squadra. Ma è tutto il collettivo che funziona, con una rotazione rimasta lunga anche dopo la sospensione di due starter, grazie a due freshman e a due transfer subito super utili. I Tigers sono tosti fisicamente e mentalmente e se ne sono accorti, tra gli altri, prima Dayton, poi Uconn, poi Tennessee, poi Arkansas. Ma a Pearl non basta: “Our goals are bigger than being nationally ranked sometime in January”, dice.

E intanto, siccome è un personaggio che sotto le righe non sa stare, si prende qualche rivincita. Kyle Boone, giornalista della Cbs, aveva pronosticato un record di 4-14 per Auburn nella Sec e Pearl lo ha ricordato così ai suoi giocatori prima dell’inizio della conference.

Bruce Pearl (Auburn)

I Tigers sono già arrivati a 3 vittorie. Ne manca una e poi potrà salutarlo così

Bruce Pearl (Auburn)

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