È tornata, dopo molti anni, a essere una delle conference più equilibrate e con il livello medio di gioco e di prestazioni più alto dell’intera Ncaa. Le squadre della Big Ten quest’anno hanno fatto sul serio e si sono date battaglia fino all’ultimo. Alla fine Michigan State e Purdue si sono divise il primo posto, Michigan che sembrava dover regnare ha vissuto una seconda parte di stagione un po’ in flessione, mentre Illinois ha pian piano recuperato ai danni di Nebraska, finita penultima.
SQUADRE
La migliore
Difficile premiare una tra Michigan State e Purdue. La prima merita forse qualche decimale in più, visto che dopo poche gare ha perso la sua guardia titolare (Joshua Langford) e nel finale anche il suo centro (Nick Ward) e nonostante questo ha completato lo sweep ai danni di Michigan e giocato spesso un basket molto efficace sui due lati del campo. La seconda ha lottato con le unghie e coi denti, ma anche grazie al “best coach of the year”, ossia Matt Painter, è riuscita a non perdere mai in casa. Certo, avere un leader come Carsen Edwards (votato nel primo quintetto) ha aiutato parecchio.
La delusione
Pur avendo ancora una speranza di entrare al Torneo con un’ultima chiamata, è difficile non individuare in Indiana la delusione della stagione. Sì, Ohio State e Nebraska erano partite forti e poi hanno rallentato, ma gli Hoosiers a inizio stagione erano dati addirittura tra i favoriti della conference, mentre hanno terminato con più sconfitte che vittorie (8-12) anche se con un finale di stagione in crescendo. Romeo Langford non ha vinto il premio di freshman of the year (andato meritatamente a Ignas Brazdeikis di Michigan), Juwan Morgan ha fatto il fenomeno solo a tratti e altri giocatori hanno avuto problemi di infortuni passeggeri. La morale è che Indiana dovrà disputare dei playoff clamorosi per farsi notare.
La sorpresa
Michigan ci si aspettava che potesse essere una delle squadre toste della conference, ma non una delle più forti dell’intera Ncaa. Ma la vera sorpresa è Iowa, squadra che era considerata ancora in rifondazione e che invece ha trovato nella coppia di lunghi formata da Luka Garza e Tyler Cook un motore attorno al quale far partire i tiri da 3 di Jordan Bohannon e Joe Wieskamp.
GIOCATORI
Il migliore
La palma di “mvp” è stata assegnata a Cassius Winston che, oltre a essere re degli assist della conference, ha anche mostrato le sue capacità realizzative. Ma noi assegniamo il titolo di migliore a Ethan Happ di Wisconsin, che ha avuto molto meno supporto dai suoi compagni di quanto ne abbia avuto Winston e che in post basso ha fatto dannare ogni squadra che l’ha dovuto affrontare. Ha chiuso la stagione in doppia cifra di media (17.8 pts, 10.4 reb), ma risultando anche il secondo miglior assist-rate della conference. Più completo di così è impossibile.
La delusione
Due nomination per due motivi diversi. Romeo Langford ha deluso, ma principalmente a causa di aspettative che col senno di poi erano chiaramente troppo elevate per un giocatore che invece deve ancora crescere e sviluppare a pieno il suo potenziale. James Palmer invece era indicato come uno dei giocatori più da Nba di quelli della conference e, dopo un inizio positivo, è stato inghiottito dalla mediocrità in cui è sprofondata tutta Nebraska. Alla fine è stato nominato nel terzo quintetto della Big Ten. Lui che per molti era il più serio candidato a vincere la palma di mvp.
La sorpresa
Anche qui due nomination. Il primo è un freshman, ossia Ayo Dosunmu che si è messo in luce con Illinois come uno dei prospetti più interessanti e potenzialmente da Nba, grazie ad atletismo e tiro. Gli Illini speravano potesse essere un buon giocatore, ma non pensavano fosse così forte. L’altro è Lamar Stevens, ignorato da quasi tutti gli esperti a inizio stagione, che invece è stato l’anima di Penn State e si è guadagnato con grinta e rimbalzi l’inserimento nel primo quintetto della Big Ten.