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College in Italia: un assaggio di Big Ten

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 7 Ago, 2019

Due squadre in ricostruzione da una conference di livello altissimo: Nebraska e Minnesota sono fra le prime squadre scese in campo in questo agosto italiano marchiato college basketball. Siamo andati a vederli a Roma, entrambi sul campo della Stella Azzurra.

 

Nebraska

@ Stella Azzurra – lunedì 5 agosto

Altro che “rebuilding”, quello di Nebraska è un vero e proprio anno zero. Su 13 scholarship player, ci sono 3 giocatori che saranno fermi per rispettare le regole sui transfer e, fra i 10 schierabili ora, ce n’è solo uno che era parte della squadra dello scorso anno (l’islandese Thorir Thorbjarnarson, pochissimi minuti nel contachilometri dei suoi primi due anni di college). Quattro freshman, due grad transfer, altri due arrivati da junior college e Dachon Burke ora eleggibile dopo un anno ai box. Il tutto agli ordini di un coaching staff nuovo di zecca, guidato da Fred Hoiberg.

Lo scrimmage con la Stella Azzurra ha avuto poco da raccontare. Un po’ per via del risultato (87-56 con Nebraska già comodamente sul +25 intorno alla metà del secondo quarto), un po’ perché mancavano due pezzi di quello che sarà lo starting five, la point guard Cam Mack (alle prese con qualche problema di salute) e il giovanissimo lungo Yvan Ouedraogo (impegnato di recente con la Francia agli Europei U18, raggiungerà la squadra a settembre).

Si sono potuti notare alcuni, primissimi lampi d’intesa in qualche gioco a due e un approccio alla partita ottimo dal punto di vista mentale, ben simbolizzato dalla voglia sfrenata (tutt’altro che da amichevole!) di Burke, sempre pronto a mettere pressione sulla palla, a spingere il contropiede e a puntare il canestro con prepotenza, anche a costo di andare addosso a un corpo non facile da aggirare come quello di Paul Eboua (autore di una stoppata ravvisata come fallosa ma comunque notevole).

«È un evento importante perché ci permette di unirci dentro e fuori dal campo», ci ha detto Luca Virgilio, ex St. John’s ora nello staff di Hoiberg. «Abbiamo avuto dieci allenamenti ufficiali per preparare questo evento. Devo dire che ci sono stati tanti progressi e sarà molto importante ora vederli partita dopo partita». Sui giocatori da tenere d’occhio, non si può non passare dai due grad transfer del gruppo, Haanif Cheatham (ex Marquette e FGCU) e Matej Kavaš (ex Seattle). Contro la Stella, il secondo si è messo un po’ più in luce rispetto al primo (d’altronde, le soluzioni offensive non gli sono mai mancate) ma, al di là della singola amichevole, per Virgilio non c’è dubbio che entrambi «sono giocatori fondamentali perché portano un sacco di esperienza e leadership, aiutano i ragazzi più giovani a capire come affrontare queste partite».

 

Minnesota

@ Stella Azzurra – martedì 6 agosto

Quella che per i Cornhuskers è stata una passeggiata, per i Gophers si è rivelata una scarpinata in salita. Minnesota è riuscita, sì, a imporsi sulla Stella Azzurra, ma con uno scarto ristretto (84-79) e dopo aver passato gran parte della gara a inseguire i romani (avanti di 12 alla fine del 1Q). Come mai tanta fatica? Semplice: l’intensità quasi nulla messa in campo dai ragazzi di Richard Pitino nell’arco dei quaranta minuti. Cose che capitano e che sono più che lecite ad agosto, specie se vai in campo dopo dieci ore passate a camminare fra le bellezze di Roma.

In fatto di energia, coach Pitino ne aveva invece da vendere. A spese degli arbitri, più che altro: un suo urlaccio (“come on!”) per un fallo dubbio nel terzo quarto è stata nettamente la cosa più fragorosa della partita, più di qualsiasi giocata.

Se gli screzi coi grigi fanno poco agosto, il confronto coi giocatori su cose basilari invece è la regola. Emblematico il momento in cui Pitino approfitta dell’intervallo fra gli ultimi due quarti per andare all’altezza della lunetta e spiegare in maniera pratica a Isaiah Ihnen (che aveva appena bucato un close out) come comportarsi nei cambi di marcatura. Il freshman tedesco si è fatto vedere pochino stavolta ma va tenuto d’occhio: gli servirà un po’ di tempo (e qualche chilo in più) ma può diventare un ottimo two-way player.

La partita ha suggerito che Marcus Carr e Payton Willis (fermi l’anno scorso per le regole sui transfer) saranno fra le colonne di questa squadra, al pari degli unici due veri protagonisti “superstiti” del team dello scorso anno, il lungo Daniel Oturu e il cecchino Gabe Kalscheur.

Fra i tanti volti nuovi, chi avrà l’impatto maggiore? Probabilmente Alihan Demir, grad transfer da Drexel che, contro la Stella, ha fatto collezione di carambole offensive (15 punti e 10 rimbalzi a fine partita) e ha dato vita a un match-up difensivo abbastanza impegnativo con Eboua. Il lungo ha già dimostrato a livello di mid-major di avere molte armi nella metà campo d’attacco ma ora dovrà ripetersi in un contesto ben diverso: «Nella Big Ten ci sono molti più giocatori grossi e forti fisicamente. Adattarmi a quel livello di fisicità sarà il maggior sforzo che dovrò compiere», ci ha detto Demir a fine gara. A livello collettivo, c’è tanto lavoro da fare ma il ragazzo turco intanto si gode l’Italia e si mostra positivo quando volge lo sguardo al futuro: «Finora sta andando abbastanza bene. Ci sono sette giocatori nuovi e ci vorrà tempo prima di unirci e giocare da squadra vera. Per quanto mi riguarda, le cose stanno andando bene, penso che avrò molti minuti e quindi la possibilità di mettermi in mostra a un livello più alto».

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