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Da Daniel Batcho a Malevy Leons, 5 europei in ascesa

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 2 Dic, 2022

Col mese di novembre in archivio, andiamo a vedere chi sono i giocatori europei saliti di colpi in maniera decisa fin qui. Non si può non partire da Daniel Batcho, lungo francese di Texas Tech che sta creando attorno a sé una specie di mitologia à la Chuck Norris.

 

Daniel Batcho (Texas Tech)

Dopo lunghi infortuni e un esordio mai avvenuto con Arizona, Daniel Batcho sta mostrando di cosa è capace. Mark Adams aveva avvertito tutti in estate circa i suoi progressi. Viene da chiedersi in quanti effettivamente avessero ascoltato il coach, visto che c’è parecchia meraviglia che sembra circolare attorno alle recenti prestazioni del francese. Per non parlare di quel che serpeggiava sui social fino a inizio novembre. Da un po’ di tempo, infatti, non è raro imbattersi in tweet che ricalcano i Chuck Norris Facts quando si parla del lungo di Texas Tech. Quello che inizialmente era un modo per prendere in giro l’hype da preseason che montava fra i tifosi Red Raiders è diventato adesso una sorta di rito che scatta automaticamente durante le sue ottime prestazioni in campo.

Ad ogni modo, il salto compiuto è notevole: da 2.2 punti, 2.7 rimbalzi, 0.5 stoppate in 9.9 minuti agli attuali 12.9 punti, 8.1 rimbalzi, 1.7 stoppate in 27.1 minuti dopo 7 partite. Già l’anno scorso si era visto che il materiale ci fosse (qualcuno forse ricorda una gara con Tennessee in cui abbassò la saracinesca in faccia a tutti): ora sta cementando la sua prestanza difensiva unendola a un contributo offensivo importante. Non è un caso se i numeri di Hoop-Explorer lo incoronano come terzo europeo più impattante della Division I.

Il tutto sotto il segno di una vera e propria prepotenza fisica e atletica. Batcho, alto 2.11 e con due spalle che fanno provincia, non sta fermo un attimo. Su e giù per il campo, uomo ovunque in difesa, anche pronto a scattare in contropiede quando possibile. In attacco non è un fiorettista, ma sa segnare come rollante e da seconde opportunità da lui create grazie all’impatto che ha sui tabelloni avversari. Due cose che servono a TT e che fa in maniera encomiabile: rispettivamente con 1.286 e 1.462 punti per possesso secondo Synergy. Poi sì, tecnicamente ha anche il 100% da tre punti. Con tre tentativi totali, una meccanica goffa e chilometri di spazio. Però, ehi, per entrare entra.

Con un potenziale ancora da esplorare (certi lampi da passatore si fanno apprezzare) e aree realizzative in cui può di sicuro migliorare (il gioco in post basso prima di tutto), sembra poter arrivare davvero in alto. E chissà cosa può creare il frontcourt di Texas Tech con lui e Fardaws Aimaq, quando ritornerà – appunto, quando? Non si sa.

Cameron Hildreth (Wake Forest)

Eccone un altro con le stimmate del beniamino dei tifosi, anche se lui non scatena le fantasie social come Batcho su twitter (almeno per ora). Col senno di poi, l’anno scorso avevamo esagerato nell’immaginare Cameron Hildreth come freshman da impatto alto immediato, però le qualità stanno venendo fuori adesso e in maniera evidente. 12.3 punti, 6.6 rimbalzi, 3.6 assist, 1.0 recupero di media per la guardia inglese, che è diventato in poco tempo una delle migliori notizie in casa d’una buona Wake Forest (record 7-1). E che si è conquistato a forza un posto nel quintetto titolare grazie a cazzimma da vendere, sia in difesa che in attacco.

Reduce da una tripla doppia nella facile vittoria casalinga su Hampton, ha mostrato gran dosi di carattere e concentrazione sui due lati del campo in una tosta vittoria esterna con Wisconsin. Praticamente perfetto negli ultimi 40 secondi: floater del sorpasso attaccando perfettamente lo spazio apertosi davanti; una palla sporcata in difesa per negare in extremis una seconda opportunità agli avversari; freddezza dalla lunetta a pochi secondi dalla fine.

Concretezza, appunto: questo è il suo biglietto da visita ormai. Non è il giocatore da effetti speciali ma quello che fa tutto bene, ora anche in fase realizzativa: dalle ripartenze in transizione (spesso da rimbalzi da lui catturiati) alla gestione del pick and roll, dai tiri da piazzato agli spunti in isolamento.

Amari Williams (Drexel)

Il Defensive Player of the Year della Colonial sembra un candidato valido per il POY della conference quest’anno, anche se il fatto di giocare in una squadra da metà classifica non aiuta quando le top (Charleston e Towson su tutte) contano individualità eccellenti.

Il lungo sta facendo pentole e coperchi per i Dragons, guidando la squadra in ben quattro voci statistiche – punti, rimbalzi, stoppate e recuperi. Le impressionanti doti di rim protector (1.7 stoppate) del junior appaiano ampiamente confermate, in più ora agisce spesso da ombra atletica e dalle braccia lunghe pronta a saltare sulle linee di passaggio (2.0 recuperi).

L’ottimo fatturato a rimbalzo sulle due metà campo (2.1 rimbalzi offensivi, 5.7 difensivi) non è una novità, mentre quello realizzativo rappresenta un progresso notevole. Più in termini di quantità – le necessità di squadra lo vogliono al centro di tutto in attacco – che non di qualità, visto che il bagaglio offensivo, per quanto buono e in lenta evoluzione, è più o meno quello osservato già l’anno scorso. Passare però da 9.5 a 16.4 punti di media non è poco e non è mai scontato. Da tenere d’occhio, perché è l’europeo con potenziale in ottica professionistica più interessante che ci sia in ambito mid-major.

Gedi Juozapaitis (Maine)

Di buoni tiratori europei ce ne sono tanti, ma pochissimi possono fare concorrenza al nostro Matteo Picarelli per il titolo di miglior cecchino della Division I. L’esterno di Maine – guarda caso un avversario di conference dell’azzurro – è uno di questi. 55.3% dalla distanza su 5.4 tentativi dopo 7 gare, per un totale di 15.1 punti di media che al momento ne fanno il 6° miglior marcatore europeo della D1.

Nato e cresciuto a Londra ma fiero lituano, questo primo scorcio d’annata del senior è stato tutto sotto il segno della rivincita: quella dei Black Bears, protagonisti di un buon avvio dopo anni di sconfitte su sconfitte, e quella sua personale. Juozapaitis infatti era arrivato in D1 con la fama del trentellista seriale con Flagler in D2, ma non era mai riuscito ad esprimersi veramente con Georgia Southern (7.7 punti e 34.6% da tre nel biennio con gli Eagles). La scelta di usare l’anno di eleggibilità extra e trasferirsi non poteva rivelarsi più azzeccata, ritrovandosi ora con più minuti d’impiego e più palloni da toccare per una squadra forse persino migliore di GS.

Malevy Leons (Bradley)

Uno dei giocatori più versatili che troverete in D1 al momento, europeo e non. Il Juco Product da Mineral Area, già ottimo l’anno scorso in più di una occasione, sta trovando la consacrazione. Ne devono succedere di cose, ma non serve un grosso sforzo d’immaginazione per vederlo come possibile outsider nella corsa al titolo di POY della Missouri Valley.

L’olandese si è caricato la squadra sulle spalle in un inizio di stagione costellato d’infortuni per Bradley e che avrebbe potuto implicare un record peggiore del 5-3 attuale. 13.8 punti, 6.8 rimbalzi, 1.1 assist, 1.8 stoppate, 1.5 recuperi: numeri di chi sa fare un po’ di tutto. In attacco Leons è un’assoluta sentenza da piazzato (50% da tre su 3.5 tentativi), taglia a canestro intelligentemente, mostra lampi notevoli per un 2.06 in quanto a doti di ball handling e ha un fiuto ottimo per i rimbalzi offensivi. Il tutto facendo la differenza nella propria metà campo, marcando sul serio dall’1 al 5.

Il suo connazionale Rienk Mast è appena tornato da un infortunio e ha già messo a segno una doppia doppia alla seconda gara. Ora il frontcourt dei Braves può davvero essere una forza trainante verso i piani più alti della conference.

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