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De Nicolao: anch’io voglio giocare a marzo

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 8 Giu, 2017

Di tempo per fermarsi non ce n’è mai, se punti a migliorare e a vincere qualcosa. Lo sa bene Giovanni De Nicolao, playmaker titolare di UTSA sin dal suo arrivo in Texas l’anno scorso, che non ha mai smesso di mettere piede in palestra sin dalla fine di questa stagione, nemmeno nel poco tempo che aveva a disposizione per godersi il rientro a casa in Italia. Da oltre una settimana, la squadra ha ricominciato ad allenarsi al completo sotto gli ordini di Steve Henson, il quale si appresta ad affrontare la sua seconda annata da head coach forte d’una stagione in cui i suoi Roadrunners – pronosticati al fondo della C-USA – sono riusciti a prendere di sorpresa alcuni avversari e a piazzarsi a metà classifica della conference con un record 8 vittorie e 10 sconfitte (14-19 in totale). Fra arrivi e giocatori in uscita anticipata (Jeff Beverly, Gino Littles) diverse cose cambieranno l’anno prossimo ma di sicuro non il ruolo centrale ricoperto da De Nicolao (8.2 punti e 3.3 assist in 27.2 minuti di media) negli equilibri di squadra.

 

Prima che iniziasse la stagione, UTSA non sembrava ricevere molto credito da parte della maggioranza dei giornalisti e dei blogger di college basket. Inoltre, avete dovuto fare i conti con la sospensione di Christian Wilson, colui che avrebbe dovuto essere il reduce dall’annata precedente con più punti nelle mani. In ogni caso, quella appena passata è stata decisamente una buona stagione per i Roadrunners: come siete riusciti a ribaltare la situazione?

Sin dall’inizio i coach ci hanno detto che eravamo qui per cambiare molte cose a UTSA, creare una nuova cultura e mentalità vincente che prima non c’era veramente. Dall’anno scorso sono cambiate tante cose, innanzitutto il coaching staff è cambiato e questo è il motivo per il quale molti giocatori di talento sono arrivati a UTSA. I nuovi allenatori provengono da varie parti degli Stati Uniti. L’head coach e uno degli assistenti vengono da Oklahoma, arrivata alla Final Four di due anni fa. Un fatto curioso: il mio allenatore è quello che ha reclutato Buddy Hield, star dei New Orleans Pelicans. Il nostro Associate Coach allenava Findlay Prep, una delle high school più importanti negli USA (da dove sono passati giocatori come Cory Joseph, Tristan Thompson e anche Amedeo Della Valle). Ultimo ma non meno importante, un altro assistente viene da Columbia University (e giocò per Air Force Un.).

Christian Wilson è un buon giocatore ma penso che la sua perdita ci abbia uniti come squadra e resi più forti perché senza di lui qualcun altro doveva fare un passo avanti e prendere il suo posto, e credo che l’abbiamo fatto tutti quanti insieme. Non è solo la sezione pallacanestro a migliorare qui ma anche gli altri sport. Per esempio, l’anno scorso la squadra di football ha partecipato al Bowl Game del New Mexico [incontro di post-season del college football americano, ndr] per la prima volta nella storia dell’università. Siamo un college giovane rispetto ad altre grandi università che esistono da diverso tempo ma il nostro “piccolo” campus ha degli obiettivi piuttosto ambiziosi.

Qual è il tuo ricordo preferito del tuo anno da freshman, sia dentro che fuori dal campo?

Sul campo, ho due ricordi che non scorderò mai. La mia prima partita al Convocation Center, al debutto stagionale dove ho segnato un buzzer beater che ha deciso l’incontro. Il secondo ricordo penso che sia ancora più speciale: giocavamo a Louisiana Tech, un’università fantastica con un ambiente fantastico (Karl Malone si laureò lì). Durante tutta la stagione erano stati fra i migliori della conference, specialmente in casa dove negli ultimi quattro anni avevano un record di 80 vittorie e 3 sconfitte. Il mio ricordo preferito è certamente quello del tiro da tre che ho segnato a 21 secondi dalla fine e che ha chiuso la partita. L’atmosfera negli spogliatoi dopo quella vittoria era semplicemente grandiosa, non esiste nulla di meglio. Fuori dal campo ho un sacco di ricordi meravigliosi visto che ho incontrato tante persone fantastiche. Probabilmente il fatto che mi diverte di più è pensare che in Italia non andavo così bene a scuola mentre adesso sono uno dei migliori atleti-studenti dell’università.

 

Sin dalla prima partita sei sembrato molto a tuo agio nell’avere un ruolo da leader: da dove trai la tua sicurezza?

Amo il ruolo da leader che coach Henson mi ha assegnato sin dall’inizio della stagione. Sto cercando di diventare non soltanto una guida sul campo ma anche un leader emotivo al di fuori di esso e tutto il coaching staff mi sta aiutando in questo senso. Dopo anni passati a giocare con gente adulta e professionisti, come nell’ultima stagione a Casale Monferrato, ho acquisito l’esperienza e le abilità per competere sul campo, il che mi stimola ogni giorno in allenamento e in partita.

 

Coach Steve Henson è sempre sembrato soddisfatto dal tuo gioco: com’è evoluto il tuo rapporto con lui nell’arco della stagione?

Coach Henson è una delle persone migliori che abbia incontrato in vita mia. È un grande allenatore ma, ancor più importante, una persona fantastica, non lo conoscevo prima di arrivare a San Antonio ma mi sono sentito a mio agio e tranquillo sin dalla prima volta che ci siamo incontrati. Gli piace molto il modo in cui gioco e spesso durante le partite abbiamo scambiato pensieri e opinioni sul da farsi in certe situazioni del match. Durante la stagione ho avuto l’opportunità di conoscerlo meglio e la mia opinione di lui non è cambiata. La nostra forza sta nella cultura che tutti i nostri coach (Mike Peck, Scott Thompson e Adam Hood) creano giorno per giorno col lavoro in palestra.

 

Qualche tempo fa, Cale Brubaker (Graduate Assistant di UTSA) ha postato una foto che ti ritrae mentre ti alleni al tiro durante un venerdì sera di metà aprile. Le tue percentuali al tiro non sono state molto alte quest’anno: quali sono gli aspetti nei quali stai cercando di migliorare di più?

L’anno scorso ho dovuto prendere molti tiri, specialmente allo scadere dei 24″ e ho dovuto creare una soluzione alla perdita di tre fra i nostri migliori marcatori. La cosa sulla quale devo lavorare maggiormente sono le mie abilità al tiro e per questo penso che l’America sia il miglior posto per me adesso. Ho molte più opportunità qui rispetto all’Italia di allenarmi al tiro il più possibile e migliorare in quell’ambito. C’è una mentalità differente perché qui capisco veramente che per diventare migliore l’unica soluzione è spendere ore ed ore in palestra. Sei hai una mezzora libera fra una lezione e l’altra, vai in palestra e migliori. Uno dei coach è sempre pronto per lavorare con te e aiutarti. A volte faccio sessioni di tiro alle 5 di mattina o anche alle 9 di sera. Ogni volta che puoi, ti vogliono in palestra. Ho capito che lavorare ogni giorno ti rende migliore e più forte: è per questo motivo che, se durante il giorno sono impegnato con le lezioni, vedo di trovare tempo per lavorare al tiro di sera. La cosa migliore è che la palestra è sempre aperta ogni volta che vogliamo andare lì ad allenarci. Sono spesso lì da solo con la “gun” (la macchina che ti passa i palloni) o con uno dei coach che raccoglie i rimbalzi per me.

 

Jeff Beverly, top scorer di quest’anno, ha deciso di trasferirsi: quali cose cambieranno per voi in termini di stile di gioco?

È un bravo giocatore e gli auguro il meglio per la sua carriera. Anche se ci ha lasciati, ora stiamo vedendo arrivare molti buoni freshmen e transfer per la prossima annata. In questa nuova stagione stiamo lavorando sulla possibilità di correre di più e sull’essere capaci di fermare il pallone in attacco, il che era uno dei problemi che abbiamo dovuto affrontare quest’anno.

 

Le cose potrebbero farsi interessanti nella C-USA: Middle Tennessee dovrebbe rimanere competitiva pur perdendo alcune pedine importanti mentre c’è molto hype attorno a Western Kentucky, capace di reclutare Mitchell Robinson e altri freshmen di talento. Pensi che ciò possa cambiare il modo in cui la conference viene vista dalla gente, come suggerito recentemente da Jon Rothestein? Quale potrebbe essere il ruolo di UTSA nella prossima stagione?

Penso davvero che la Conference USA stia diventando più competitiva di anno in anno, grazie anche al gran risalto che stanno avendo le squadre di football. Middle Tennesse sembra ancora molto buona nonostante le perdite. Western Kentucky era probabilmente l’università più grossa per il basket nella nostra conference e stanno tornando a migliorare ogni anno. Altri nomi che potrebbero fare davvero cose buone l’anno prossimo sono Old Dominion – che ha un paio di transfer fantastici che non avevano giocato l’anno scorso – e UAB – che ritroverà il suo play titolare rimasto fermo nella stagione passata per via d’un infortunio. Anche considerando tutto questo, credo veramente che possiamo fare una gran stagione. Penso che la Conference USA sia destinata a grandi cose in futuro.

Abbiamo una buona squadra, una buona università, tanta storia e siamo pronti a fare grandi passi avanti. Attenzione, C-USA!

I nostri coach alzano l’asticella ogni giorni, i nostri obietti per la prossima stagione sono molto chiari, siamo pronti a tornare e a farci un nome. Siamo stanchi di vedere gli altri giocare nella March Madness. Posso assicurare che non sono venuto qui per guardare gli altri giocare: sono venuto per giocare anch’io a marzo.

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