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Il draft, le squadre Nba e l’origine degli errori

Autore: Sergio Vivaldi
Data: 12 Giu, 2017

Ogni anno il mese di giugno vede due squadre impegnate nel più importante evento della stagione mentre le rimanenti ventotto valutano le opzioni per il futuro. Per alcune di queste, il draft rappresenta l’unica ricompensa per una stagione perdente. È il momento in cui si semplifica per iperboli (Lonzo Ball è il nuovo Jason Kidd! Jayson Tatum è la seconda venuta di Carmelo Anthony!), mancando di rispetto ai ragazzi e ai campioni a cui sono paragonati e dimenticando di guardare alla Lega e alla direzione che sta prendendo. E spesso, anche i mock draft dimenticano di fare le dovute valutazioni, almeno nelle loro prime versioni.

Fultz

Markelle Fultz, probabile prima scelta assoluto il prossimo 22 giugno

Il draft 2017 è considerato all’unanimità come uno dei più talentuosi di sempre nei ruoli perimetrali. E certamente questo è vero in un contesto assoluto. A questo proposito, Kevin Pelton di Espn ha mostrato quanto sia importante l’efficienza nel tiro dal palleggio, in particolare dietro la linea da tre punti. La lista dei giocatori che ha tentato più triple dal palleggio può tranquillamente essere letta come la lista delle migliori 10 point-guard della lega (l’unico assente sarebbe John Wall). E le varie franchigie che sceglieranno in top 5 non potranno fare a meno di chiedersi se un giocatore come De’Aaron Fox (Kentucky), per quanto talentuoso, diventerà una minaccia nel tiro da fuori. O in alternativa, se sarà in grado di avere l’impatto di John Wall.

Esistono vari modi per capire il potenziale nel tiro da fuori di un giocatore che passa dal college alla Nba, ma nessuno di questi è affidabile. Secondo modelli statistici avanzati, (alcuni sviluppati dallo stesso Pelton, altri da Andrew Johnson di Nylon Calculus), la percentuale ai tiri liberi al college è più indicativa della percentuale da oltre l’arco. Da questo punto di vista, il 73.6% di Fox lascia buone speranze, ma qualche franchigia potrebbe non scommettere su un tiro nel complesso poco affidabile.

De’Aaron Fox

E qui entra in gioco il secondo aspetto da tenere in considerazione: la capacità delle singole squadre di migliorare i giocatori. I San Antonio Spurs sono da sempre tra i migliori in questo campo, e infatti hanno trasformato Kawhi Leonard in un tiratore letale. Ma Fox non verrà scelto dagli Spurs. Voci dicono che non andrà oltre la scelta #5 ai Sacramento Kings. Le alternative, supponendo che Celtics e Lakers facciano le scelte ovvie di Fultz e Ball, sono Philadelphia e Phoenix. Non una prospettiva incoraggiante.

La questione Fox è da considerarsi un esempio, e può essere applicata a ogni altro giocatore in questo draft. Dalla difesa lontano dal pallone di Josh Jackson a qualsiasi concetto di difesa per quanto riguarda Malik Monk, Jayson Tatum o Dennis Smith Jr.

Altro discorso andrebbe fatto per i centri. Questo draft è ricco di lunghi, anche se non nei piani alti. Ma quale potrebbe essere il loro ruolo, indipendentemente dalla squadra che li sceglierà? Si guardi alle squadre che hanno raggiunto i playoff quest’anno. L’elenco dei giocatori che hanno giocato da “centro” per le 16 squadre è il seguente: Al Horford, Tristan Thompson, Serge Ibaka, Marcin Gortat, Dwight Howard, Thon Maker, Myles Turner, Robin Lopez, Zaza Pachulia, Pau Gasol, Nene Hilario, DeAndre Jordan, Rudy Gobert, Steven Adams, Marc Gasol, Jusuf Nurkic. Di questi, Howard e Lopez sono stati spesso non-schierabili, Gortat ha visto raramente il pallone, Nurkic è stato infortunato e il prescelto per sostituirlo è stato Al-Farouq Aminu, Myles Turner è stato inadeguato. Con l’eccezione di Pau Gasol, si tratta di specialisti difensivi che riescono a essere utili in attacco grazie a quattro fattori (alternativi tra loro): aggressività a rimbalzo, tiro da fuori, attaccare il ferro o creare per i compagni. È il motivo per cui Jahlil Okafor non ha un futuro in Nba.

Zach Collins

Zach Collins, probabile scelta in tarda lottery.

Quali, dei tanti lunghi disponibili nella seconda metà del draft, sarà in grado di rinunciare ad aspirazioni offensive e abbracciare un ruolo difensivo ed è dotato delle capacità atletiche per cambiare su un blocco contro una guardia “da Nba”, contenerne la penetrazione o disturbare il tiro? Non importa quanto fosse importante il ruolo nella squadra di college di provenienza, è molto probabile che questa sia la nuova realtà per tanti di questi rookie che hanno la sfortuna di non essere talentuosi quanto Karl-Anthony Towns o Anthony Davis.

La Nba non ha pietà, il gioco viaggia a velocità stratosferica, decisioni vengono prese in frazioni di secondo, e c’è una grande differenza nel dover affrontare un contropiede gestito da un pari età, anche di grande talento, o da Stephen Curry o James Harden. Billy Donovan, attuale allenatore degli Oklahoma City Thunder, è stato costretto a tenere Enes Kanter in panchina per la sua incapacità di cambiare sui blocchi contro James Harden. Robin Lopez è stato panchinato per lo stesso motivo contro Isaiah Thomas.

Brogdon

Malcolm Brogdon, scelto alla #36 al draft 2016 dai MIlwaukee Bucks e probabile Rookie of the Year.

Passata l’attesa per le scelte in lottery, c’è un secondo aspetto particolarmente affascinante del draft, e anche in questo caso è un riflesso dell’evoluzione della Lega: trovare quel giocatore sottovalutato da tutti, ma in grado di dare un contributo alla squadra fin da subito. Si pensi alla stagione di Malcolm Brogdon, o al ruolo di Nikola Jokic e Draymond Green nelle rispettive squadre. Anche non considerando le singole debolezze di ogni prospetto, la vita di questi giocatori cambierà radicalmente. Un esempio potrebbe essere Semi Ojeleye. Nella sua stagione a SMU ha giocato 34 minuti a partita, preso oltre 22 tiri (per 100 possessi) e ha avuto uno UsageRate del 25.8%. I vari mock draft lo proiettano a fine primo giro o (più probabilmente) a inizio secondo. Tutte quelle statistiche inevitabilmente scenderanno. La sua difesa lascia molto a desiderare. Sarà in grado di reggere mentalmente al cambiamento, accettare un ruolo che lo vedrà ai margini di un progetto e lo relegherà a numerosi DNP e tanta G-League?

Ojeleye

Semi Ojeleye

Il profilo fisico-atletico del ragazzo è perfetto per l’odierna Nba. Dovrebbe essere in grado di difendere tre posizioni, risultare efficace sugli scarichi e attaccare difensori in recupero. Le squadre cercano giocatori come lui. Ma quanti riescono a convivere con il nuovo ruolo e ricavarsi un posto importante nelle rotazioni e quanti invece diventeranno Trey Burke o James Young, entrambi prossimi a perdere il loro posto nella Nba?

Adattarsi a uno stile di gioco molto diverso e molto più veloce, contro giocatori fisicamente più forti e più preparati, lavorare sui propri punti di forza e limitare le debolezze, il tutto senza un vero regime di allenamento a causa dei continui spostamenti e delle partite ravvicinate, è uno shock tremendo. Ci sono solo 450 posti disponibili, e circa un terzo dei giocatori che li occupano giocano raramente. Ottenere uno di quei posti, quando non si è baciati da un talento unico, è incredibilmente difficile. La strada per ottenerne uno è lastricata di cadaveri (in senso figurato). Il gioco Nba non è mai stato così bello e complesso come in questi anni. Essere efficaci sulle rotazioni difensive quando la maggior parte delle squadre cambia su tutti i blocchi, vicino o lontano dal pallone, aiutare e recuperare sul lato debole, richiede esperienza, tempismo e coesione difensiva. È impossibile arrivare pronti.

 

La minima esitazione significa un tiro aperto per l’avversario. È per questo che giovani di talento si trovano esclusi in poco tempo. È per questo che squadre Nba commettono errori. Perché tanto di tutto questo è imprevedibile. Il draft è il grande ignoto, un processo interamente dipendente dalla fortuna su cui nessuna squadra ha influenza. E anche quando una scelta è “sicura”, un infortunio può privare la lega, la squadra e i tifosi di un futuro campione.

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