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Europei a Novembre: un podio, un emergente e una delusione

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 1 Dic, 2023

Con novembre in archivio, andiamo a vedere quali sono gli europei della Division I che si sono distinti maggiormente. A guidarli c’è un anglo-ispanico con un nome che è già leggenda, Great Osobor.

 

Il podio: Great Osobor…

L’unico europeo a fare capolino (brevemente) nella Top 10 di KenPom per il National Player of the Year è uno che conoscono in pochi al di qua dell’Atlantico. Il lungo di Utah State, nato in Spagna ma prodotto del basket inglese, sta viaggiando a quota 21.0 punti, 10.4 rimbalzi, 3.0 assist e 2.4 stoppate di media dopo 7 gare (sei vittorie e una sconfitta all’OT contro Bradley).

203 cm d’altezza ma con ben 113 kg da portare a spasso, impressiona per la facilità con la quale cattura i lob in area e la capacità di prendere posizione profonda muovendosi poi con un bel mix di forza e agilità, oltre a fare un buon lavoro come passatore dal post. A tutto questo abbina una dinamicità piuttosto insolita per un big man mid-major della sua stazza, quindi per esempio non è raro vederlo innescare il contropiede dal rimbalzo difensivo – fin qui senza soluzioni mirabolanti, ma resta un bel plus. Gli Aggies hanno insomma per le mani un’arma tremendamente efficace per quanto riguarda i rudimenti del mestiere del lungo, ma il junior sembra possedere margini di miglioramento e potrebbe mostrarci cose nuove da qui al prossimo anno.

I numeri fantastici di Great Osobor sembrano quasi venire dal nulla, ma chi l’aveva seguito a Montana State non sarà troppo sorpreso. Minuti limitati ma molto ben utilizzati, i suoi: l’unica cosa che lo costringeva a partire dalla panca era la presenza di un titolare inamovibile come Jubrile Belo. Non è un caso dunque che abbia seguito il coaching staff dei Bobcats a Logan e che sia stato investito del ruolo di titolare in una squadra ricostruita da zero in estate.

…Quinten Post

A proposito di statistiche esaltanti, che dire del lungo di Boston College? Al momento è l’unico giocatore in tutta la Division I a mettere insieme oltre 20 punti di media (21.3 per la precisione) superando quota 50-50-90 in percentuali rispettivamente dal campo (53.3), da tre (51.7) e ai liberi (91.7), trascinando una versione di BC rispettabile e che potrebbe finire per essere la migliore da parecchi anni a questa parte – una possibile mina vagante da metà alta di classifica nella ACC, per intenderci.

Che il sevenfooter coi piedi da ballerina fosse uno scorer di razza, lo si sapeva già da qualche tempo, eppure non smette di deliziare gli spettatori con un repertorio offensivo che, per quanto raffinato, appare in continua espansione. Come realizzatore, certo, ma non solo: coach Earl Grant lo vorrebbe veder sfruttare di più le sue abilità di passatore e qualcosina si è vista in tale senso. Ciò che però fa di Quinten Post uno dei lunghi più temibili in circolazione è il modo in cui sta abbinando le sue abilità di bocca da fuoco a una presenza difensiva e a rimbalzo apparsa in netto miglioramento in questo primo scorcio di stagione (8.9 rimbalzi e 2.3 stoppate fin qui). Un’arma sempre più a tutto tondo insomma: i tempi da panchinaro strano e inefficace a Mississippi State non sono mai apparsi tanto lontani.

…e Ajay Mitchell

Fermato da un infortunio alla caviglia in preseason, di partite ne ha giocate solo quattro finora ma è apparso in palla da subito. Il belga al momento guida tutti gli europei della D1 con 23.3 punti di media, numeri rimpolpati sensibilmente dalle due uscite di questa settimana: 27 punti per una vittoria esterna su Fresno State e poi 30 per regolare Northern Arizona.

Senza di lui, UC Santa Barbara aveva balbettato e rimediato due sconfitte: la differenza con Ajay in campo è straevidente. L’abilità nell’attaccare dal palleggio è tale da renderlo ormai uno dei migliori in assoluto in tutta la Ncaa, risultando quasi inarginabile intorno al ferro e pericoloso col jumper dalla media. L’efficienza realizzativa è stata fin qui di alto livello su tutti i fronti: certo, da tre tira sempre pochino ma almeno lo fa bene (5 su 10 in totale) e, grazie anche ai molti viaggi in lunetta, ha messo insieme un bel 68.6% di True Shooting. Come se non bastasse, rende gli altri migliori e raramente tradisce nel far girare la squadra (4.3 assist, un paio di perse di troppo a Fresno State ma poi con NAU non ne ha commessa nemmeno una).

L’emergente: Elliot Cadeau

Per la stragrande maggioranza delle matricole, anche quelle d’élite, c’è un periodo di adattamento da scontare, ma nel caso dello svedese tale periodo è durato giusto una decina di giorni. Prime tre partite: 8 assist e 8 perse. Ultime quattro partite: 21 assist e 1 persa. Fra gli ingredienti dell’ottimo inizio di North Carolina c’è anche Elliot Cadeau e la sua scalata verso lo starting five da mettere accanto alle solite doppie doppie di Armando Bacot, la vena realizzativa di RJ Davis e la rinascita di Harrison Ingram.

“The best passing point guard that North Carolina has had since Kendall Marshall” ha detto Jon Rothstein in tv, il quale poi su twitter ha accostato l’efficienza della sua regia a quella di mostri sacri del college basketball come Ryan Arcidiacono e Kevin Pangos. Paragoni e complimenti a pioggia per lui dopo una gara da 10 assist e 0 perse contro la numero 10 della AP Poll, Tennessee. Lui il motore che ha innescato la macchina da 100 punti che in settimana ha scardinato una delle migliori difese della Ncaa (in 9 anni Rick Barnes ha visto solo una volta i suoi Vols subire più punti). Feel for the game, rapidità nel leggere il gioco e capacità di passatore: Cadeau ha tutte questa qualità in misure che si vedono davvero di rado.

La delusione: Tristan da Silva

Parlare di delusione dopo sole tre settimane forse è eccessivo, però questo non è l’inizio di stagione che ci si aspetta da un giocatore incensato in preseason da più parti come d’élite nel proprio ruolo.

Le medie del tedesco sono simili o persino migliori rispetto a quelle dell’anno scorso, ma vanno messe sotto la lente d’ingrandimento. Nelle quattro gare con mid-major che su KenPom vanno dalla #191 (Iona) alla #330 (Grambling) l’ala di Colorado ha piazzato 17.0 punti col 71.4% al tiro, ma nei tre match contro le Top 100 precipitiamo a 11.3 punti col 33.3% dal campo. Inoltre gli assist passano da 3.0 a 0.7 e le perse da 2.0 a 3.7, mentre solo la voce rimbalzi migliora sensibilmente (da 3.8 a 6.3).

Insomma il leader dei Buffs ha mostrato diversi di quei lampi di classe che lo contraddistinguono, ma ha steccato completamente i due appuntamenti più importanti, i quali non a caso sono coincisi con due sconfitte – Florida State e Colorado State – che per ora ridimensionano un po’ una squadra promettente ma lontana dal costruire l’amalgama giusta. La responsabilità non può essere tutta sua ma, senza il Tristan migliore, apparso persino abulico in certi frangenti, le potenzialità della formazione di Boulder sono destinate a rimanere sulla carta.

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