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I nuovi Spurs, provaci ancora Pop

Autore: Andrea Brambilla
Data: 7 Ott, 2018

È chiaro che, dopo la clamorosa trade avvenuta a luglio, Kawhi Leonard e i Toronto Raptors siano finiti sotto i riflettori. Allo stesso tempo gli Spurs sono una squadra che si presenta profondamente cambiata nel roster e nelle gerarchie e pochi parlano di loro. Gregg Popovich si prepara agli ultimi anni di carriera da allenatore per la prima volta senza nemmeno un componente del trio Duncan-Parker-Ginobili a giocare per lui, ma con un organico abbastanza forte da poter competere per la postseason. E con le giuste motivazioni e un sapiente minutaggio Pop potrebbe, ancora una volta, fare un autentico miracolo.

Volti nuovi

Per capire gli Spurs che Popovich andrà ad allenare è necessario partire da ciò che i nuovi arrivati possono offrire alla causa texana. Il valore di DeMar DeRozan è noto: attaccante cristallino, tanto capace di penetrare in area con aggressività quanto di far male agli avversari dalla media distanza. Ma anche un giocatore molto fragile mentalmente, specie nei momenti cruciali delle partite che contano. Un sistema come quello di San Antonio, dove non dovrà essere per forza l’unica opzione offensiva (come accadeva invece in Canada), gli sarà sicuramente utile sia per arrivare più fresco in primavera, sia per alleggerirlo dalle stressanti responsabilità dell’avere sempre la palla in mano.

 

DeRozan a Toronto si è costruito un gioco fatto soprattutto di isolamenti e di penetrazione su ricezione di Lowry. Una modalità che nell’ovest di oggi, dove la maggior parte degli attacchi si basano su scarichi sugli angoli, appare abbastanza antiquata. DeMar è quindi chiamato da una parte a tener fede alle sue doti di attaccante del ferro, ma dall’altra dovrà allargare maggiormente il suo range di tiro: 3 triple tentate a partita (media degli scorsi playoff, 20% di efficienza da oltre i 7,25 m) potrebbero non essere sufficienti a renderlo un alleato per Popovich. Anche solo per la ricchezza dei lunghi presenti a roster (Aldridge e Gasol sono indubbiamente giocatori che non vanno oltre i 4 metri di distanza dal ferro, specie LaMarcus) un gioco di penetrazione come quello del losangelino possono essere più croce che delizia per San Antonio.

Derozan potrebbe essere invece sfruttato come creatore di gioco per gli altri in campo: il suo compagno di reparto in quintetto sarà Dejounte Murray, uno che l’anno scorso ha tenuto una media di tre assist a partita, contro i 5.2 APG del californiano. Conoscendo Popovich, è facile che DeRozan (che si è professato grande ammiratore del coach) cambierà stile di gioco molto rapidamente e in modo quasi indolore.

Dejounte Murray - Spurs

Dejounte Murray – Spurs

L’altro novizio degli Spurs ha sicuramente meno appeal del compagno, ma non per questo è meno importante. Anzi, Jakob Poeltl potrebbe rivelarsi lo steal di questa trade. Un centro grande, forte, dalle mani educate e soprattutto dalla forte presenza difensiva, e una delle chiavi del frontcourt dei Raptors della scorsa stagione. 7 punti e 5 rimbalzi in 18 minuti di impiego sono cifre molto interessanti e, con tutto il rispetto che si può avere per Jeoffroy Lauvergne (l’anno scorso primo centro dalla panchina), un cambio perfetto per Pau Gasol. Veloce di piedi ed estremamente intelligente, Poeltl è una delle pietre dalla quale partirà la nuova San Antonio. Gli manca solo un po’ di tiro, ma per fortuna c’è tempo per lavorarci su.

Gli altri arrivi

DeMar DeRozan avrà altri due aiutanti per ambientarsi al meglio alla nuova squadra: i suoi ex compagni in Canada Marco Belinelli e Rudy Gay. Marco torna ai piedi dell’Alamo fortemente voluto da Popovich, ben sapendo con chi ha a che fare e, dopo la ottima postseason mostrata in maglia Sixers, ancor più voglioso di riaverlo al suo servizio. Tiratore da tre per eccellenza, alla luce del ritiro di Ginobili e la partenza di Danny Green per il Canada, vedrà un buon minutaggio come primo cambio di DeRozan, con il quale ha giocato nel 2009, stagione da rookie del nativo di Compton. L’altro ex Raptors, Rudy Gay (2013 in Canada), non è tecnicamente un “volto nuovo” ma è finalmente pronto per ricoprire un ruolo importante in un team importante. L’anno scorso ha fatto fatica anche a causa dell’infortunio rimediato al tendine d’Achille nel 2016, la cui riabilitazione lo ha molto limitato.

Gay è un giocatore che, dopo anni obbligato a essere il primo violino di team mediocri (Memphis e Sacramento su tutti), ritrova DeRozan e gli cede con piacere lo scettro del potere. Tra i due il rapporto è molto buono: gli armadietti sono vicini e Gay addestra il nuovo arrivato alla mentalità Spurs, dichiarando che “seguendo l’esempio di Pop, le cose devono essere perfette. Allenerà DeMar come ha fatto con me e LaMarcus, alla sua maniera”.
Il ritorno di Davis Bertans servirà a dare un’altra bocca da fuoco da oltre l’arco, mentre Lonnie Walker e la sua ottima Summer League fanno ben sperare nel futuro (anche se il ragazzo inizia la stagione con un’operazione al menisco). Non sarà veloce come il Parker MVP delle Finals del 2007, ma è forte fisicamente ed è capace di crearsi il tiro, oltre a essere un altro pazzesco attaccante al ferro. Anche Dante Cunningham, ala vagabonda professionale per eccellenza, porterà la sua etica del lavoro in un team ben noto per la disciplina e la rigida applicazione delle regole.

Come giocheranno

Il quintetto di questi nuovi Spurs sarà probabilmente composto da Pau Gasol, polizza assicurativa, capace di segnare tanto in area quanto dalla media; LaMarcus Aldridge, che ha vissuto una delle sue migliori stagioni e pare essersi ben adattato agli schemi tattici di Popovich e avrà un altro anno per confermarsi ad alto livello; Rudy Gay, che già l’anno scorso si è trovato nella scomoda posizione di partire ala piccola titolare al posto di Leonard e quest’anno (se avrà superato appieno l’infortunio) potrà essere una risorsa molto preziosa per Pop. In guardia ci saranno
DeMar DeRozan, voglioso di rivincita dopo il tradimento della “sua” Toronto, che dovrà inserirsi in un sistema corale dove il play (al contrario dell’ex compagno Kyle Lowry) non è ancora formato al 100% e infine Dejounte Murray, il quale ha mostrato di avere ottimi margini di miglioramento e di essere un pitbull anche dal punto di vista difensivo (1.2 palle rubate di media e 5 rimbalzi catturati a partita). Se aumentasse gli assist, gli Spurs potrebbero aver già trovato il play del futuro.

 

Il quintetto è bilanciato, perché i raddoppi saranno facilmente rivolti a DeRozan, cosa che gli permetterà di scaricare il pallone a Aldridge o a Gasol, rapidi nel segnare smarcati da sotto. Inoltre, sarà avvantaggiato anche Gay nel tirare libero dalla media. L’arrivo del californiano porta indubbiamente numerosi vantaggi agli altri quattro sul campo e viceversa. In una situazione di post basso, infatti, il raddoppio su Aldridge permetterà a DeMarr di essere libero e micidiale anche da distanze maggiori dei 4 m dal ferro. Una dinamica non molto dissimile a quella degli Warriors: tutti sono pericolosi e non sai chi puoi andare a marcare stretto o a raddoppiare.

Certo, DeRozan non è Kevin Durant né Klay Thompson e potrebbero volerci anni prima che Dejounte Murray diventi almeno metà di Stephen Curry, ma il paragone ha un lato molto affascinante. La panchina vedrà invece il ritorno di Belinelli a ricevere gli scarichi del playmaker o dei lunghi; una firma che, assieme al ritorno di Bertans, diventa fondamentale vista la partenza di Green.

Patty Mills - Spurs

Patty Mills – Spurs

Chi invece deve tornare in alto dopo la mediocre stagione appena passata è Patty Mills. L’australiano ha firmato il prolungamento con gli Spurs, ma a questo non ha fatto seguito un pari aumento di fatturato e di contributo. Una cosa è certa: Popovich si prepara ad avere un backcourt più realizzatore e scorer che non passatore rispetto al passato, dove Parker e Mills smazzavano assist e il frontcourt segnava, oppure dove Ginobili riceveva gli scarichi e colpiva da tre. Né Murray né Walker paiono essere passatori istintivi, e anche in questa ottica sarà necessario che Mills torni ai livelli del titolo 2014 o almeno torni quello di un paio di stagioni di anni fa. Tanti assist e qualche tripla hanno reso l’aborigeno un asso nella manica di Pop nelle passate stagioni. Il coach, quindi, è obbligato a renderlo di nuovo il fedele scudiero del passato.

Il discorso sul frontcourt si chiude con Poeltl che, come detto, dà quel valore aggiunto in area che serve a Pau Gasol e alle sue ormai limitate capacità fisiche. Per quanto il catalano abbia chiesto di partire titolare, è facile prevedere per l’austriaco numerosi minuti in campo al suo posto. Sarebbe addirittura interessante vederli in campo contemporaneamente, per creare un duo di lunghi d’area difficilmente superabile e usando Gasol da ala grande come ai tempi dei Lakers, con Poeltl a coprire le veci di Andrew Bynum, ovvero del centro statuario da piantare in mezzo all’area.

Jakob Poeltl - Spurs

Jakob Poeltl – Spurs

Difficile dire dove possano arrivare questi Spurs. Probabilmente lotteranno fino alla fine per i playoff e cercheranno di strappare un pass per la postseason, ma bisogna tenere conto di una cosa: tutti i contendenti a ovest si sono rinforzati, in un modo o nell’altro. In parte dipenderà da come Minnesota uscirà dal dilemma Butler, da come LeBron e i Lakers saranno rodati e da come i Pelicans si metteranno a giocare dopo gli innesti estivi e l’ufficiale perdita di Cousins. Insomma, troppe incognite per poter fare un pronostico. Ma ormai Pop ha abituato ai miracoli, e probabilmente sarà capace di tirare fuori il massimo dai suoi ragazzi, portandoli a livelli che nessuno poteva aspettarsi. Quindi teniamoci pronti, San Antonio è pronta ancora una volta stupire la NBA.

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