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Kim Mulkey, nata per vincere

Kim Mulkey - LSU
Autore: Isabella Agostinelli
Data: 30 Giu, 2023

Leader indiscussa di Louisiana Tech, ex star della nazionale USA, vincitrice di quattro titoli NCAA da allenatrice e unica Hall of Famer ad aver vinto un titolo sia da giocatrice, sia da assistente che da head coach. Il segreto di Kim Mulkey? La grande intelligenza tattica, l’appassionata competitività e la capacità innata di trasmette la sua stessa mentalità vincente alle proprie atlete. A costo di essere un personaggio spesso scomodo. Ma senza mai dimenticare lo stile.

Un gioco “sfacciato”

Che Kim Mulkey fosse destinata a percorrere strade non ancora battute nel mondo dello sport era già chiaro sin dalla sua adolescenza. Ad appena 12 anni era considerata una promessa del baseball. Kim giocava infatti in una squadra maschile e, con il supporto del padre Lis, era la migliore giocatrice della sua squadra. Più brava di tutti i ragazzi.

L’incontro con il basket arriva alla high school e diventa la sua passione. Neppure l’altezza modesta per questo sport (appena 163 cm) le preclude la possibilità di diventare la migliore giocatrice della Louisiana Tech. I suoi 38 punti di media a partita la fanno notare anche ai selezionatori nazionali.

Così, dopo due titoli NCAA in maglia Lady Techsters, nel 1984 arriva anche l’Oro alle Olimpiadi di Los Angeles. Con quella vittoria, Mulkey diventa l’idolo del basket femminile e a Tickfaw, la città della Louisiana nella quale è cresciuta, le dedicano addirittura una strada.

Kim Mulkey LaTech

Una mentalità vincente

Qualsiasi cosa faccia, Kim sembra nata per vincere. Tra high school, college, nazionale e in veste di assistant coach e head coach ha totalizzato 1.399 vittorie e appena 191 sconfitte: una percentuale di vittorie pari al 87.99%. Non è un caso se tutte le sue giocatrici e il suo staff siano concordi nel dire che le armi migliori di Mulkey siano la sua mentalità vincente e la sua grande disciplina.

Nella sua prima conferenza stampa da head coach di LSU, dopo aver a lungo guardato le pareti del Pete Maravich Assembly, ha detto: “nessuno degli stendardi attaccati è quello di campione nazionale. Io sono venuta qui per questo”.

Tale giocatrice, tale allenatrice

Attitudine che l’allenatrice di LSU si porta dietro dai suoi anni da giocatrice. “Penso che il mio passato da giocatrice sia un grande vantaggio” ha spiegato “so su quali leve fare pressione per avere il meglio dalle mie atlete. Posso dire loro che le capisco dato che ci sono passata anche io”.

E per sottolineare la cosa, Mulkey fa spesso riscaldamento con le sue ragazze: “Devo mostrare loro quanto duro devono lavorare in allenamento e quanto impegno è richiesto loro in partita. Per questo non posso solo stare al lato del campo dicendo loro cosa fare ma devo essere io la prima a dare l’esempio”.

Atteggiamento che si traduce anche nei giochi offensivi e difensivi delle sue squadre. La difesa a uomo, spesso asfissiante, e il dominio a rimbalzo sono i due elementi che hanno portato LSU alla vittoria finale: a fine stagione, la squadra di Baton Rouge era quarta per rimbalzi totali e nella Top 30 per punti subiti (di media lasciavano appena 57.9 punti a gara). “Al college giocavo così e questo è come voglio che giochino le mie ragazze” ha spiegato. Stessa cosa in attacco: Baylor prima e LSU poi giocano un costante inside-out, schema che con in campo Brittney Griner o Angel Reese ha dato i suoi frutti migliori.

Roster building al passo coi tempi

Quando ha preso in mano le Tigers un anno fa, il programma era dato quasi per spacciato. I vari ranking infatti lo davano costantemente alle ultime posizione della SEC. Ma con l’arrivo di Mulkey, la corrente a Baton Rouge è cambiata. Proprio come era cambiata a Waco nel 2000, quando da ultima della Big 12, Baylor era passata a diventarne la regina in appena quattro anni e a dominare la scena della NCAA per un intero ventennio (tre titoli NCAA, 12 di regular season e 11 di conference). 

Il primo passo verso questo cambiamento è stato il fatto che la nuova head coach delle Tigers era cresciuta in quelle terre e per questo ne apprezza le tradizioni (va pazza per l’aragosta, crostaceo nazionale), ne comprende la complessità sociale e culturale e crede davvero nel brand made in Louisiana.

Non è un caso che i tifosi l’abbiano accolta come una di loro e che in pochi mesi il marchio LSU sia diventata di grande attrattiva per gli sponsor. Proprio grazie a ciò è stato poi possibile attirare giocatrici di grande calibro come Angel Reese e Flau’Jae Johnson, passo fondamentale per la creazione di un super team.

Interessante è notare come entrambe le giocatrici siano arrivate alla corte di Kim attraverso il portale dei transfer. Stesso percorso anche per Hailey Van Lith. La ex stella di Stanford dalla prossima stagione si aggiungerà infatti al roster delle campionesse in carica: è indubbio che in casa Tigers sappiano come sfruttare il portale nei migliori dei modi.

O la si ama o la si odia

Denaro a parte, tutte hanno accettato l’invito a Baton Rouge per un altro grande motivo: Kim Mulkey e la sua voglia di vincere. Le sue atlete, nonostante i suoi modi molti diretti, la adorano per la sua genuinità ed empatia.

Le case di moda fanno a gara per vestirla: eh sì, perché ogni partita per la coach di LSU è una sfilata di moda. Ma badate bene, una sfilata mai fine a sé stessa: con i suoi outfit vistosi, decorati con piume e paillettes, lancia messaggi e mostra il suo legame con la sua università. Il vestito tigrato indossato nella finale della scorsa stagione ha fatto letteralmente storia.

Prendere o lasciare. Mulkey è così, un personaggio sopra le righe che si ama o si odia e che sembra essere una vera calamita per le polemiche (e meme). Qualche esempio? La sua conferenza stampa post partita a Baylor con una mascherina messa in malo modo sul volto mentre diceva (in piena pandemia e in un periodo in cui i vaccini non erano ancora disponibili su larga scala) di “smetterla di fare i tamponi e di lasciare giocare in pace le ragazze”. Apriti cielo. Il video ha ricevuto milioni di visualizzazione e uno dei commenti recitava “quando si sceglie un allenatore si dovrebbero fare delle scelte più oculate”.

Poi lo scorso anno, a suscitare altre clamori, è stato il caso Brittney Griner. Dopo l’arresto e la detenzione della ex stella di Baylor in Russia, un giornalista ha accennato al fatto che non aveva letto né trovato dichiarazioni a proposito da parte di Mulkey. “E non ne troverai” ha risposto lapidaria lei.

Per la prossima stagione, LSU è data nuovamente tra le favorite alla vittoria finale. Non sappiamo come finirà, ma siamo certi che Kim Mulkey troverà il modo di far parlare di sé.

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