“We’re built for this. We love moments like this. When we’re playing like this, having fun, we can beat anyone in our league”.
Sembrano le parole di un senior e, invece, sono quelle di McKinley Wright IV, il freshman delle meraviglie di Colorado, dopo l’upset ai danni di Arizona State. E pensare che questo piccolo play di 183 cm non rientrava nemmeno nei piani dei Buffaloes. Promesso sposo di Archie Miller che lo aveva reclutato per la sua Dayton, una volta che il coach si è trasferito sulla panchina di Indiana, Wright IV ha accettato una delle due borse di studio di Colorado, lasciate libere dal transfer di Bryce Peters e dal ritorno in Belgio di Thomas Akyazili.
Sin dal primo giorno di allenamenti, coach Tad Boyle e compagni hanno assicurato che il freshman si è caricato la squadra sulle spalle: un po’ aiutato dal suo ruolo in campo, un po’ dal suo carattere estremamente competitivo, unito a un’incredibile etica di lavoro. Coach Boyle non ha esitato ad affidargli le chiavi della squadra (unico giocatore a roster con oltre 30 minuti di media), facendolo diventare subito il play titolare, confidando nelle sue doti da scorer (miglior marcatore dei suoi a 16.2 di media) e nella sua leadership da floor general (5.3 assist di media e top40 in tutto il college basket per assist rate).
Che il ragazzo avesse qualcosa di speciale lo si è capito alla terza partita stagionale, quando una sua tripla allo scadere ha dato la vittoria a Colorado contro Quinnipiac.
Ottimo direttore d’orchestra nel gioco offensivo dei Buffaloes che, senza la sua guida, diventano un attacco mediocre, riesce a usare a suo vantaggio il fisico undersize per puntare dritto il ferro. Una volta che parte in accelerazione, punta indemoniato al canestro, mettendo spesso a referto punti in maniera rocambolesca, riuscendo sempre a cavare fuori una giocata nel traffico dell’area avversaria.
La sua competitività lo fa andare ben oltre i suoi limiti fisici. Un esempio? Il rimbalzo d’attacco (e il canestro) preso nell’overtime contro Arizona State, una giocata di pura voglia, da leader pronto con l’esempio a guidare la squadra.
Una competitività che, unita a un’ottima comprensione del gioco, lo porta a essere un difensore duro che non molla un centimetro, pronto a trasformare ogni errore dell’avversario in una palla persa (1.2 rubate a partita). Probabilmente stiamo ammirando soltanto la superficie del suo talento, visto che ha ancora tanto da migliorare, a partire dal costruirsi un jumper affidabile e dall’essere un tiratore credibile dalla lunga distanza (32.7% da 3 su oltre tre tentativi a partita).
Nel frattempo, ha chiuso la settimana da assoluto protagonista guidando Colorado alle vittorie su Arizona State e Arizona viaggiando a 17.5 punti e 7.5 assist di media, numeri che gli son valsi il titolo di Player of the Week della Pac12.
Il primo, ma non di certo l’ultimo.