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In mezzo ai migliori, Moretti e la Big 12

Autore: Riccardo De Angelis
Data: 19 Gen, 2018

Fra tutti gli italiani del college basket, Davide Moretti è l’unico che attualmente si sta confrontando con la realtà delle high-major – in attesa di essere raggiunto da Francesco Badocchi con la Virginia di coach Tony Bennett. L’ex Treviso non solo gioca nella conference più competitiva ed equilibrata di questa stagione, la Big 12, ma lo fa tra le fila di una delle squadre del momento, la sorprendente Texas Tech. Miracolo o colpo di genio, chiamatelo come volete: quel che è certo, è che coach Chris Beard è riuscito a rendere vincente una miscela atipica fatta di veterani all’ultimo anno ed esordienti assoluti. Era lecito aspettarsi dei Red Raiders di buon livello, ma ciò che è stato costruito fin qui sta superando letteralmente ogni previsione.

L’ultimo connazionale a misurarsi in una delle sei grandi conference era stato Federico Mussini nella Big East. Il parallelo viene naturale: due combo guard con un gran tiro e un fisico da costruire, che avevano fatto parlare molto di sé in patria e che partono all’avventura in una realtà nuova, radicalmente diversa, con un preciso biglietto da visita tecnico ma anche incognite da affrontare. Moretti ha disputato un terzo della stagione regolare nella Big 12, ma fra le vicissitudini da freshman dei due già emergono differenze molto chiare.

Il Musso del primo anno di college era in un programma in ricostruzione e, complice un reparto guardie scoperto, si era dovuto sobbarcare un peso troppo grande per le sue spalle, finendo la stagione col fiato corto e prestazioni in picchiata dopo un inizio davvero discreto. Il Moro, invece, si trova in un ambito molto più competitivo e ambizioso ma, al contempo, equilibrato abbastanza da permettergli di giocare con pressioni decisamente più gestibili rispetto a quelle del suo collega italiano.

Essere freshman significa scontrarsi con le novità (per quanto, nel caso di Moretti, l’esperienza in Serie A2 possa solo aiutare) e i cali fra prima e seconda parte di stagione non sono rari per chi gioca nelle high-major, dovendo affrontare un’impennata del livello degli avversari. Moretti è riuscito sostanzialmente a conservare lo stesso peso negli equilibri di squadra che si è conquistato fra novembre e dicembre. Allo stesso tempo, i numeri accumulati hanno subito una certa flessione, come osservabile nel confronto fra le statistiche delle 12 partite di non-conference e le 6 fin qui disputate nella Big 12.

MIN PTS FG% 3P% FT% REB AST STL TO
NON-CON 16.3 5.7 35.8 36.8 88.9 1.0 2.2 1.0 0.9
BIG 12 14.3 3.5 31.8 27.8 100 1.2 0.8 0.3 1.7
TOTALE 15.6 4.9 34.7 33.9 90.0 1.1 1.7 0.8 1.2

La sua partita migliore è stata la seconda, quella del colpo esterno contro Kansas, dove è riuscito a piazzare alcune giocate offensive importanti nell’economia dell’incontro. Male invece nelle due trasferte successive, quella piena di errori (al tiro e non solo) con Oklahoma e quella passata senza lasciare il segno contro Texas (terza volta in stagione con minutaggio sotto la doppia cifra).

Nella metà campo offensiva, il Moro gioca sia con compiti da playmaker che da guardia anche se, nella motion di coach Chris Beard, il concetto di ball handler appare alquanto sfumato. Ciò che gli viene chiesto prima di tutto è di farsi trovare pronto dalla linea dei tre punti. L’attacco di Texas Tech è capace d’innescarlo senza troppi problemi, soprattutto grazie a una certa abilità nel far collassare la difesa verso l’area per poi riaprire il gioco per linee esterne. Dopo le buone percentuali messe insieme nel primo mese e mezzo di stagione, Moretti sta facendo ora più fatica nel mantenere fede alla sua fama di tiratore. Quello della pericolosità dall’arco è un problema ricorrente per i texani che, al momento, tirano con un poco entusiasmante 34.4% (202a squadra in D-I) e hanno visto crollare le proprie performance proprio nelle ultime partite (29.2% nella Big 12).

 

Rapidità ed esplosività non sono dalla sua parte: con l’elevarsi di fisicità e atletismo, attaccare il canestro è diventato molto più complicato, specialmente a difesa schierata, vedendo spesso i proprio tentativi spezzati sul nascere. Le conclusioni da due punti, già relativamente poche in precedenza, sono quasi del tutto sparite (4 in 6 match). Oltre a due liberi strappati (e segnati) contro Baylor pungendo gli avversari in transizione, gli unici due tiri andati a segno sono arrivati in arresto-e-tiro dove, in un caso, risalta una buona capacità di leggere e punire gli errori della difesa e, nell’altro, un ball handling che torna molto utile in situazioni di 1-vs-1.

 

La difesa non è il piatto forte di Moretti – del resto, non è per questo che è stato reclutato – ma il suo rendimento nel complesso appare più positivo di quanto ci si aspetterebbe. L’essere calato in un contesto come quello dei Red Raiders aiuta molto: terzi nella nazione e primi nella Big 12 per AdjDE (punti concessi per possesso), la loro difesa si schiera principalmente a uomo ma sa essere mutevole, fluida e quadrata abbastanza da opporsi con efficacia a tanti tipi di attacchi diversi.

L’attenzione del Moro si nota nelle piccole cose: nel modo in cui, lontano dalla palla, occupa gli spazi giusti e comunica coi compagni, nell’indirizzare verso il raddoppio un avversario che attacca dal palleggio o anche nel ritornare immediatamente in difesa per non lasciare il fianco scoperto alla transizione.

Nella conference, i clienti difficili non mancano: solo sfiorato Trae Young (su di lui c’erano Brandone Francis e Jarrett Culver) mentre Jevon Carter, da brava vecchia volpe, è risultato indigesto nel suo mix di potenza e controllo. Campioni a parte, a volte riesce a tenere testa a esterni più grossi (per esempio, Jake Lindsey di Baylor) mentre soffre molto le situazioni di pick and roll e i diretti avversari più rapidi, anche se nell’importante vittoria contro West Virginia ha fatto vedere buone cose contro Daxter Miles. Qui di seguito, c’è una sorta di bignami dei suoi punti deboli, emersi nel giro d’una ventina di secondi contro Kansas: prima, impegnato su Svi Mykhailiuk, rimane sul blocco di Udoka Azubuike; poi, in isolamento, viene bruciato dal crossover di Devonte’ Graham.

 

Stringere i denti in difesa, trovare continuità nel tiro dalla distanza e un modo per attaccare il canestro a dispetto del gap atletico: i compiti da fare a casa, per Moretti, sembrano soprattutto questi al momento. Il talento è dalla sua parte, così come lo sono un coach che crede in lui e una squadra solida e affamata sulla quale poter fare affidamento. La strada nella Big12 è piena d’ostacoli ma il suo viaggio è appena cominciato.

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