Non sarà semplice per Purdue sconfiggere la maledizione di marzo. Il Midwest è il region dei centri spigolosi, pronti ad affrontare Zach Edey: da il trio di lunghi di Gonzaga ad Hunter Dickinson di Kansas, finendo con Dylan Disu di Texas, Ryan Kalkbrenner di Creighton e altri sparsi nei vari seed. Tennessee la rivale più accreditata in una parte di tabellone con Saint Peter’s di nuovo al #15 e due potenziali bracket buster come la McNeese di Will Wade e Samford del BuckyBall.
#1 Purdue
C’è un punto debole evidente, la difesa nel ruolo di guardia. Per il resto Purdue ha tutto per poter arrivare alla Final Four: panchina, tiro, esperienza, centimetri e capacità di esecuzione. Il problemna è anche l’anno scorso Purdue partiva col favore dei pronostici e poi è stata fatta fuori al primo turno da Farleigh Dickinson. Il duo di guardie titolari Fletcher Loyer e Braden Smith, entrambi al secondo anno, è più esperto, ma talvolta ancora si perde nei momenti topici delle partite. Smith in particolare è il principale responsabile della sconfitta in OT contro Wisconsin al Torneo. Il punto di forza della squadra invece non ha mai vacillato nel corso della stagione. Il colosso Zach Edey, 224 cm di concretezza, è senza alcun dubbio l’MVP dell’intera stagione del college. Si tratta di capire se basterà per portare Purdue alla seconda settimana del Torneo.
#2 Tennessee
Il miglior transfer della stagione ha cambiato il volto della squadra di Rick Barnes che non si basa più solo su una difesa tosta e aggressiva ma anche su un attacco efficiente da oltre 80 punti grazie a uno dei migliori scorer della nazione. Imprevisto ed eccellente l’impatto di Dalton Knecht che a suon di trentelli ha portato i Vols a vincere la Sec e a diventare una delle serie contender per il titolo. L’ala ex Northern Colorado si è inserito alla perfezione in un gruppo di veterani guidati dal piccolo Zakai Ziegler che distribuisce assist (6 a partita) e consigli per tutti, mentre il centro Jonas Aidoo ha quasi raddoppiato i suoi numeri diventando un giocatore molto più che affidabile. Menano sempre, ma fanno molto più canestro di prima.
#3 Creighton
Solo tre squadre in questa stagione hanno sconfitto UConn e Creighton è stata l’unica a farlo nel 2024, Nonostante una brutta sconfitta al primo turno del torneo della Big East, i Bluejays puntano a marzo con ottimismo dopo la delusione all’ultimo secondo dello scorso anno.
Il junior Trey Alexander è il jolly tattico che permette a coach McDermott (fresco di rinnovo) di cambiare pelle al quintetto più volte anche dentro la stessa partita, oltre che il leader di squadra per numero di assist (4.8 a partita). In generale lui, Baylor Scheierman e Ryan Kalkbrenner portano a casa 53.1 punti a partita sugli 80.5 di media: se tutti e tre dovessero arrivare all’apice della forma al torneo – e non è scontato – Creighton può sognare in grande.

#4 Kansas
Complicata la stagione di Bill Self, che mai nella sua carriera aveva perso 8 partite di conference chiusa con l’umiliante -30 subito da Houston. Le facce nuove non hanno reso come ci si aspettava ed è molto difficile prevedere il suo cammino al Torneo viste le condizioni dei suoi due migliori giocatori: Kevin McCullar alla fine non ci sarà e basta già questo per abbassare e non di poco le aspettative, mentre Hunter Dickinson dovrebbe invece essere in campo. Senza di loro è arrivata una netta sconfitta al primo turno del torneo della Big12 ma già con loro le cose non sono andate bene nella regular season. E già il roster è tutt’altro che profondo e già far canestro non è proprio facilissimo per i Jayhakws ed ecco che potrebbero essere i seri candidati per un upset nei primi turni.
#5 Gonzaga
Per un attimo abbiamo pensato che la striscia di 24 tornei consecutivi fosse in pericolo. Grazie ad un finale di stagione molto positivo, 9 vittorie nelle ultime 10, perso sola la finale di WCC contro Saint Mary’s, i Bulldogs strappano un invito alla March Madness col peggior record dell’ultimo decennio (25-7). Con meno star power rispetto al recente passato, a guidarli c’è la presenza in area di Graham Ike (16.5 punti e 7.2 rimbalzi di media) e una grande efficienza in assoluto (in top 10 sia per efficienza offensiva che per effective FG% secondo KenPom), complice anche il fatto che tira pochissimo da tre rispetto alla media: solo il 24% dei suoi punti sono arrivati da dietro l’arco. Per una volta le aspettative attorno ai Bulldogs sono relativamente basse: che possano essere la sorpresa del Torneo?
#6 South Carolina
Dovevano essere il fanalino di coda della Sec e sono arrivati invece secondi: è un capolavoro la seconda stagione di coach Lamont Paris alla guida dei Gamecocks, nonché una delle grandi sorprese del college basket perché nessuno, ma proprio nessuno, aveva previsto un record con 25 vittorie. E invece Paris ha pescato benissimo nel portal con tre veterani (Ta’Lon Cooper, Myles Stute e soprattutto B.J. Mack) che hanno portato profondità a un roster costruito attorno a Meechie Johnson, leading scorer della squadra. La difesa è il muro contro cui hanno sbattuto tutti, da Kentucky a Tennessee, e che al Torneo potrebbe fare altre vittime illustri.
#7 Texas
Tutt’altro che uno spettacolo la stagione dei Longhorns che speravano di avere un grande backcourt e invece la chimica tra Max Abmas e Tyrese Hunter non ha mai funzionato davvero. Non una sola vittoria degna di nota in regular season, eliminata al primo turno nel torneo di conference, tanti i problemi fisici per Dylan Disu e lentissima la maturazione di Dillon Mitchell, a cui restare al college non ha portato grandi miglioramenti. Negativa quindi la seconda stagione di coach Rodney Terry, sempre alla ricerca di un giocatore per completare il quintetto ma senza avere risposte davvero positive da nessuno. Abmas resta uno dei migliori attaccanti della D I ma difficile possa bastare per fare un lungo cammino a marzo.
#8 Utah State
Dura la vita se passi da una low-major conference a una mid travestita da Power 6 quest’anno, giusto? Sbagliato. Coach Danny Sprinkle si è portato dietro i pezzi migliori di Montana State (Great Osobor e Darius Brown), ha fatto una spesa oculata nel portal (Ian Martinez, Josh Uduje) e infine ha dato lezioni in giro per la MWC. Squadra tremendamente compatta e piena di risorse nelle due metà campo: se corre, sono dolori, e pure ragionando può far male dal P&R oppure in post basso con Osobor.
#9 TCU
Emanuel Miller è il classico super senior arrivato al top della sua pallacanestro ed è sostanzialmente grazie a lui che gli Horned Frogs tornano al torneo. Aletta tuttofare leading scorer della squadra, Miller ha attorno a sé compagni esperti senza particolari picchi di talento che però sanno come complicare la vita al prossimo. In un sacco di finali punto a punto, la squadra di Jamie Dixon si è tolta la soddisfazione di battere Houston nella regular season ma anche di perdere contro Ucf, ed è quindi la classica mina vagante da cui puoi aspettarti di tutto.
#10 Virginia
Era dal 2012 che Virginia non approdava al Torneo con un seed così basso, tanto che la presenza alla March Madness ha anche fatto storcere il naso a qualcuno. La stagione non è stata brillante, imperniata sulla solita difesa (una garanzia) e sul solito ritmo letargico, tra i più bassi del college. Il problema è che l’attacco batte in testa e paga il poco talento complessivo. Coach Tony Bennett si affida spesso al senior Reece Beekman, una guardia che però da solo spesso fa fatica. La squadra diventa temibile se riesce a innescare il sophomore Isaac McKneely e il lungo Jake Groves entrambi intorno al 45% dalla lunga distanza.
#10 Colorado State
Torna alla March Madness dopo aver steccato lo scorso anno, complici i molti infortuni. Quest’anno l’infermeria invece è rimasta vuota e la squadra ha compiuto il salto di qualità nella propria metà campo che coach Niko Medved auspicava. Con gli interessi, pure: Top 40 per Adj. Efficiency difensivo, mai così bene. Aggiungete uno dei migliori floor general visti al college in anni, Isaiah Stevens, ed ecco servita una squadra che può giocarsela con chiunque, anche nella proibitiva Midwest Region.
#11 Oregon
Mai scommettere conto Dana Altman. In quattordici di Oregon non è mai sceso sotto le venti vittorie, riuscendo a cavare il sangue dalle rape come in questa stagione. Tre vittorie in tre giorni per vincere l’ultimo torneo di sempre della Pac 12 e rubare un bid per marzo. Cose che solo dei santoni riescono a fare. Le prospettive non sembrano rosee: una delle peggiori difese della Pac 12 che soffre in area a causa di esterni non proprio avvezzi al marcamento e un attacco che si affida un po’ troppo alle lune di Jermaine Cousinard e alla presenza sotto canestro di N’Faly Dante. C’è da dire che Altman e Oregon, quando arrivati alla March Madness, una partita l’hanno sempre vinta.

#12 McNeese
Will Wade aveva bisogno di McNeese e McNeese aveva bisogno di Will Wade. Undici stagioni consecutive con record negativo hanno incontrato un coach di talento in cerca di redenzione. Il risultato è stato un ritorno alla March Madness dopo 22 anni, tre sconfitte in stagione grazie ad una difesa aggressiva (6° in D-I per Stl%) e a Shahada Wells, un nanetto che accentra il gioco in attacco, smazza assist, spara triple e ruba palloni. Sicuramente divertenti da vedere.

#13 Samford
Cosa succede se metti un fan sfegatato del Pitino anni ’90 in una mid major? Difesa press a tutto campo e triple a più non posso. Questa è il BuckyBall, il basket predicato da coach Bucky McMIllan, il primo a portare questo piccolo college dell’Alabama a tre stagioni consecutive da 20+ vittorie e sopratutto al primo torneo dal 2000. Il lungo Achor Achor è il volto di questo team che ha l’8° percentuale della Division I da tre ed è 14° per AdjTempo, ma il play nano e pelato Dallas Graziani è il cuore.
#14 Akron
Ali e Freeman. Sembrano una coppia di pugili, ma in realtà sono i leader degli Akron Zips, squadra della Mid-American che ha battagliato tutto l’anno con Toledo per poi sfangarla non senza patemi al torneo. Kent State gli ha regalato la vittoria con un fallo scemo a 5 secondi dalla fine, ma gli Zips hanno tutto per mettersi la scarpetta di cristallo tra pochi giorni: coach esperto come Jon Groce (ex Illinois), un duo di scorer affidabili (Ali Ali e Enrique Freeman) e una difesa che mischia tante zone diverse che danno fastidio, ma peccano di centimetri.
#15 Saint Peter’s
Chissà che flashback traumatici avranno avuto a Lexington e a West Lafayette nel risentire questo nome. SPU ritorna sul palco più importante del college basket dopo i miracoli fatti due anni fa. I volti in panchina e in campo sono praticamente tutti diversi ora: quel che resta è l’identità difensiva che le ha permesso di vincere il torneo della MAAC a sorpresa. Difficile che si ripeta o che faccia innamorare: i Peacocks infatti hanno uno degli attacchi più macchinosi e inefficienti dell’intera D1.

#16 Grambling State
Esordio assoluto alla March Madness per i Tigers che vincono una SWAC equilibrata. Carne da macello in non conference schedule dove le big hanno fatto quello che hanno voluto, poi le triple sono iniziate a piovere in conference e Grambling State ha strappato il biglietto, sfruttando le cadute delle rivali nei primi turni del torneo. Kintavious Dozier è il leader ma è già è una vittoria essere alla March Madness.
#16 Montana State
Raccogliere l’eredità pesantissima di Sprinkle e centrare la March Madness da esordiente in Division I: ci è riuscito Matt Logie, che fino a quest’anno aveva passato tutta la carriera da head coach fra D2 e D3. I Bobcats hanno approfittato dei capitomboli in serie delle quattro favorite della Big Sky (di cui due cadute per mano sua) infilando così la terza partecipazione consecutiva al Torneo del programma. Una corsa pazza, con tanto di protagonisti inattesi come il lungo John Olmsted, ex walk-on di Arizona State ritrovatosi a fare la differenza nella finale per il titolo. Ecco, probabilmente i miracoli finiscono qui.